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Nel purgatorio c’è la “ruggine”. L’ha vista Santa Caterina da Genova

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 14/11/20
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Cosa vuole intendere la mistica, che ribalta totalmente la visione di purgatorio come di un inferno temporaneo?

Santa Caterina da Genova, grande mistica del XV secolo, è ricordata non solo per le sue opere di misericordia verso i poveri e gli ammalati, ma anche per il suo Trattato del Purgatorio, frutto di ciò che lei stessa visse e provò nel suo cammino mistico.

La vita di Caterina da Genova fu infatti lo specchio di ciò che descrisse nel suo Trattato, che ebbe modo di osservare in profondità perché lo sperimentò in se stessa in tutta la sua dolorosa realtà. Ciò che scrisse delle povere anime ci mostra un aspetto essenziale della loro condizione: da una parte sono compenetrate da un ardentissimo amore di Dio, dall’altra provano un grande dolore per la propria imperfezione.

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Una rappresentazione di santa Caterina da Genova.

La “copertura” delle anime del purgatorio

Scrive lo studioso Don Marcello Stanzione, in “Santa Caterina e le anime del Purgatorio” (edizioni Segno), che la purificazione dal peccato può essere intuita pensando alla ruggine. Il dolore dell’anima non diminuisce, ma cresce in proporzione inversa al diminuire del tempo di purgazione.

L’immagine della ruggine è vista da santa Caterina come “copertura delle anime del purgatorio: quando la copertura si consumerà esso si dischiuderà al sole, e corrisponderà al riverbero del sole, nella misura in cui si sarà consumato ciò che lo copriva”.

Più felicità e meno “ruggine”

La ruggine del peccato, che appanna l’anima, si accenna in san Giovanni della Croce, non è che una necessità che prelude al pieno godimento. Nessuna pace è comparabile a quelle delle anime, se non quella dei santi in cielo e questa pace si accresce continuamente via via che gli impedimenti spariscono. E la felicità dell’anima aumenta man mano che questa “ruggine” sparisce.



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I raggi di fuoco

L’immagine del fuoco e della ruggine, evidenzia Stanzione nel suo libro su santa Caterina da Genova, ritorna spesso nel Trattato: “La ruggine del peccato è l’impedimento; il fuoco consuma la ruggine e così l’anima si apre sempre di più all’influsso di Dio”.

La santa vede come dei raggi di fuoco che purificano l’anima e li paragona all’oro liberato dalle sue scorie nel crogiolo. Quando l’anima è interamente purificata il fuoco non ha più nulla da bruciare ed essa non ne sentirebbe alcun dolore.

Purificazione mistica

Per santa Caterina il fuoco diventa simbolo di una purificazione mistica: l’incontro con Dio che già purifica l’uomo, mettendolo di fronte alla propria piccolezza e alla propria peccabilità, in un certo senso, è Dio stesso.

Il fuoco del purgatorio che distrugge nelle anime tutto quanto è rimasto di egoismo e di incompiutezza nell’amore. L’anima viene così purificata dalle scorie del peccato come l’oro nel crogiolo. Per Caterina è lo stesso Gesù il fuoco che purga e toglie “il ben che minimo fuscello d’imperfezione del suo amore”.



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Non è più un inferno temporaneo

Dunque è totalmente ribaltata la visione di purgatorio come di un inferno temporaneo. Se le anime sono immerse nel fuoco dell’Amore divino, osserva santa Caterina, è vivissima in loro la gioia data non solo dalla speranza, ma anche dalla possibilità di diventare come si sarebbe dovuti essere. Ossia ricolmi dell’amore netto e puro, disinteressato e forte che aveva Caterina.

La Carità Vera

Il fuoco dell’Amore, conclude la mistica, immerge l’anima nella Carità Vera, ossia in Dio, per cui nulla che sia contrario all’Amore rimane più in essa. Certo questo non avviene senza sofferenza poiché ogni purificazione la esige. Se l’uomo non è vissuto pienamente per il fine per cui è stato creato, cioè Dio, solo attraverso una lunga purificazione potrà togliere da sé ogni impedimento e rimanere sempre fisso nell’Amore di Dio.



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