“Vogliamo dire che i cristiani appartengono a questo luogo”, ha affermato il leader di un gruppo islamico volontario di Mosul. “Hanno una ricca storia qui”Prima che la seconda città dell’Iraq, Mosul, venisse liberata dallo Stato Islamico, alcuni cristiani hanno sentito che anche senza la presenza dell’ISIS non sarebbero potuti tornare. Credevano che l’ideologia islamista sarebbe perdurata in città, rendendo impossibile per loro viverci.
Ora ci sono dei segnali che indicano che quelle paure erano infondate, e i giovani – cristiani e musulmani – sembrano offrire speranza per un futuro più roseo.
Mosul e la Piana di Ninive hanno iniziato un lento percorso di rinascita dopo anni di violenza settaria e dominio jihadista attraverso iniziative che uniscono cristiani e musulmani, soprattutto giovani, ha riferito AsiaNews, pubblicata dal Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME).
Padre Paul Thabit Mekko, alla guida della comunità cristiana di Karamles, ha affermato che ci sono molti esempi di questa collaborazione, come Sawaed al-Museliya, giovani volontari musulmani che aiutano a ripulire le chiese e a cancellare le tracce dello Stato Islamico. A suo avviso, è un segno “dello spirito che regna in buona parte della popolazione”.
Musulmani e cristiani insieme
I musulmani “collaborano per recuperare, pulire e allestire le chiese, perché pensano siano funzionali al ritorno dei cristiani nella regione”, spiega il sacerdote. “Si tratta di piccoli gruppi, in larga parte formati da giovani pieni di buona volontà e che cercano di mettere in campo iniziative positive”.
“Fra qualche giorno, alcuni giovani musulmani prenderanno parte alle operazioni di ripristino della cattedrale dei caldei di Mosul. Questi gesti, avverte, “testimoniano che vi è un cambiamento nella mentalità e aiutano anche altri ad impegnarsi sulla strada del dialogo e del confronto”.
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Alla chiesa cattolica siriaca di San Tommaso di Mosul, saccheggiata dall’ISIS, i giovani volontari sono stati molto impegnati a ripulire dai detriti. Il loro lavoro “è un messaggio [ai cristiani]: ‘Tornate, Mosul non è completa senza di voi”, ha affermato Mohammed Essam, co-fondatore di un gruppo di volontari. “Vogliamo dire che i cristiani appartengono a questo luogo. Hanno una ricca storia qui”.
Per padre Mekko, che si è preso cura di migliaia di famiglie fuggite nell’estate 2014 a seguito dell’ascesa dell’ISIS, il processo di ricostruzione inizia con i giovani, “che dalla liberazione di Mosul hanno promosso un numero crescente di progetti e iniziative”.
Oltre all’Isis anche il Covid
Anche la pandemia di Covid-19 ha portato a una collaborazione tra gruppi cristiani e musulmani, che “si prodigano per allestire spazi per isolamento e quarantena e aiutano portando cibo, medicine, generi essenziali”.
Fino alla caduta di Saddam Hussein nel 2003, riferisce ad Arab Weekly padre Raed Adel, incaricato delle chiese cattoliche siriache di Mosul, in città vivevano circa 45.000 cristiani.