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La vera furbizia non è accumulare, ma donare!

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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 06/11/20
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Il Signore è il Dio del presente e dell’eterno. Con questa strana parabola, in cui loda un amministratore disonesto, Gesù ci insegna come investire il tempo, anche ce ne restasse poco: non cerchiamo di aggiustare il passato, ma doniamo tutto, fosse anche all’ultimo istante. Questo ci apre all’eterno già da ora.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.

Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.
L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.
So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.
Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo:
Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.
Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce». (Luca 16,1-8)

Credo che per capire la pagina del vangelo di oggi, dobbiamo sottolineare un dettaglio che non si riesce a desumere immediatamente: Gesù è seduto a tavola e la compagnia non è delle migliori, infatti è seduto a tavola con pubblicani e peccatori.
Tra i tanti discorsi che ci riporta l’evangelista Luca, nella pagina di oggi Gesù racconta una strana parabola in cui tesse l’elogio di un amministratore disonesto.
C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.
Forse il pretesto di questa parabola nasce da qualche fatto di cronaca locale conosciuto non solo da Gesù ma anche dai suoi ascoltatori. Quest’uomo aveva rubato durante la sua amministrazione e il padrone accortosi lo vuole licenziare. Per salvarsi il futuro escogita un’ultima disonestà:
L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.
Se per tutta la vita ha preso per sé, alla fine per salvarsi la vita dona (condona) agli altri. È questa la scaltrezza che deve avere un peccatore che si converte. Infatti Gesù sembra suggerire che la vera furbizia non è accumulare ma donare, perché solo il dono ci salva il futuro. Non importa quindi di ricostruirsi la fedina penale perduta, importa che cosa vogliamo farne del tempo che rimane. Sta suggerendo ai suoi commensali come comportarsi da quel momento in poi.
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