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Proibizione delle messe “cum populo”: i vescovi di Francia fanno appello al Consiglio di Stato

Éric de Moulins-Beaufort lors de la conférence sur la bioéthique aux Collège des Bernardins, le 16 septembre 2019.

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Agnès Pinard Legry - pubblicato il 05/11/20
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L’esecutivo di Macron ha disposto un nuovo lockdown con sospensione del culto pubblico almeno fino al 1º dicembre; mons. Éric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza Episcopale Francese (CEF) ha annunciato, dopo aver consultato tutti i confratelli riuniti in Assemblea plenaria il 2 novembre, che avrebbe depositato un esposto presso il Consiglio di Stato per denunciare una lesione della libertà di culto e permettere la ripresa delle assemblee cultuali.

I vescovi di Francia salgono sulle barricate per la ripresa delle messe. Arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia, mons. Éric de Moulins-Beaufort ha annunciato il 2 novembre scorso, dopo aver consultato tutti i confratelli riuniti in assemblea plenaria, che avrebbe depositato un esposto al Consiglio di Stato. In effetti, secondo l’episcopato francese

il decreto 1310/2020 del 29 ottobre 2020 che prescrive le misure generali necessarie per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 nel quadro dello stato d’emergenza sanitaria lede la libertà di culto, che nel nostro paese è una delle libertà fondamentali.

I vescovi di Francia ritengono

sproporzionato il divieto di celebrare comunitariamente la messa e altri sacramenti.

Essi ricordano correttamente che per i fedeli

queste celebrazioni sono vitali, perché sono un incontro con il Signore e con i loro fratelli,

e che i cattolici restano

totalmente mobilitati contro l’epidemia, rispettando l’insieme delle consegne sanitarie che gravano sul paese fin dal principio.

Qualche giorno fa Mâitre Jean-Baptiste Chevalier chiosava su Aleteia France:

Come a marzo, la logica del governo è stata di non autorizzare se non le attività giudicate “essenziali”: ciò però solleva una reale difficoltà, in quanto la nozione di “attività essenziale” è eminentemente soggettiva (e non giuridica).

Evidentemente è “essenziale” poter continuare a nutrirsi, ma si può considerare che sarebbe meno essenziale partecipare a un ufficio religioso piuttosto che portare a passeggio il cane, comprare un nuovo cellulare o partecipare a una manifestazione? In primavera s’è visto che altri Stati non avevano adottato la medesima risoluzione e hanno permesso gli uffici religiosi in gruppi ridotti.

Un po’ prima, nella giornata, cinque vescovi – mons. Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon, mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne, mons. Jean-Pierre Cattenoz, vescovo di Avignon, mons. David Macaire, vescovo di e mons. Bernard Ginoux, vescovo di Montauban – avevano depositato un esposto davanti al Consiglio di Stato contro il divieto di assemblee liturgiche decretato dal governo. Un ricorso depositato congiuntamente con altre associazioni cattoliche: le Associations Familiales Catholiques (AFC), Anuncio, Le Village de François, Journées Paysannes, l’IRCOM e Les Deux Rives.



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Questo evento è lungi dall’essere isolato ed esprime una reale sofferenza dei cattolici: una petizione online è stata lanciata venerdì 30 ottobre per la ripresa delle messe pubbliche, e in pochi giorni ha raccolto più di 100mila firme. Il medesimo giorno alcune comunità e istituti cattolici, tra cui la Fraternità San Pietro, hanno ugualmente depositato un esposto al Consiglio di Stato. Essi denunciano:

Il governo ha deciso di tornare a confinare i francesi per via della situazione sanitaria. Noi deploriamo che i cattolici non possano recarsi liberamente alla messa. Mentre le scuole, le grandi ditte e i trasporti pubblici resteranno attivi si direbbe che la libertà di culto non sia rispettata.

I cinque vescovi hanno anche ricordato che, dall’inizio della pandemia,

la Chiesa si è sempre mostrata irreprensibile, essendo state prese tutte le misure di precauzione necessarie, ed essendo le stesse rispettate dai sacerdoti e dai laici.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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