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Mantova: ha partorito 2 gemelli dopo un tumore alle ovaie

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Annalisa Teggi - pubblicato il 05/11/20
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Un evento lieto e raro. Grazie a una procedura chirurgica chiamata fertility sparing è stata preservata la fertilità e quindi la possibilità di concepimento della donna: ne abbiamo parlato con un primario di Oncologia Ginecologica.Tra le pieghe della cronaca che in questi giorni si destreggia tra il nuovo Dpcm e i risultati delle elezioni americane, si incrociano anche storie di un’umanità alle prese con questioni ben più eclatanti: ospitare la vita dopo la malattia.


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Una doppia vittoria

Lo scorso 29 ottobre sono nati due gemelli all’ospedale Carlo Poma di Mantova. La notizia sarebbe semplicemente lieta sia per l’evento in sé sia perché avviene in un momento critico per gli ospedali impegnati sul fronte Covid-19. Ma è clamorosa perché la neomamma in questione non aveva molte probabilità di diventarlo, ci informa la Gazzetta di Mantova:

“Questa è una favola”. Mentre lo dice, non riesce a trattenere le lacrime la mamma di 37 anni che giovedì 29 ottobre, all’ospedale di Mantova, ha partorito due gemelli dopo l’asportazione di un tumore alle ovaie. La storia della donna ha commosso anche l’equipe della struttura di Ostetricia e Ginecologia del Carlo Poma diretta da Paolo Zampriolo, che l’aveva sottoposta prima della gravidanza a un intervento di chirurgia oncologica a tutela della fertilità.

Possiamo immaginare la gioia di questa donna e della sua famiglia. Non era affatto scontato che potesse diventare madre, ancora più raro che nascessero dei gemelli. La sorpresa della vita ci lascia attoniti e grati, insieme a lei:

Stiamo tutti bene. Io e mio marito siamo contentissimi. Questa è opera del destino, vista la condizione di malattia in cui mi trovavo non mi sarei aspettata un epilogo così felice. Sono grata ai professionisti di questo ospedale, in particolare al ginecologo Luca Orazi. Avevo molta paura, ma mi sono fidata di lui, che mi è stato accanto. E quando mi ha annunciato che il parto era andato bene mi sono sentita al settimo cielo. La mia gravidanza – conclude – è una doppia vittoria considerando anche il periodo drammatico legato all’epidemia”. (Ibid)

Fertility sparing

La notizia di un tumore è sempre devastante, comporta una ricapitolazione completa della propria vita. L’ulteriore ipotesi di un’infertilità permanente può far precipitare il quadro emotivo. Oltre all’incognita sulla propria vita, la preclusione alla generazione.

L’intervento a cui è stata sottoposta la donna si chiama Fertility Sparing e ha catturato la mia attenzione. È una procedura chirurgica che mira a salvaguardare la fertilità della donna con un tumore ovarico. Si legge sul sito Aogoi:

Schover et al. hanno dimostrato come la preservazione della fertilità rappresenta una delle principali preoccupazioni delle pazienti con meno di quarant’anni anni, che devono essere sottoposte a trattamento per tumore ginecologico e quando il trattamento implica sterilità permanente, questo rappresenta un elemento negativo che influenza la qualità della loro vita, a lungo termine.

Fécondation in Vitro avant Transfert d’Embryon

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La ricerca in ambito medico procede a grandi passi, segno di un’inesausta tensione umana al bene. Per conoscere meglio questa possibilità offerta dalla procedura chiamata Fertility sparing e offrire informazioni corrette, ho rivolto qualche domanda al Dott. Pierandrea De Iaco, che dirige il reparto di Oncologia ginecologica all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Con grande disponibilità, De Iaco ha condiviso con noi gli elementi essenziali per tratteggiare un quadro chiaro della possibilità offerta alle pazienti.

Preservare la fertilità con prudenza

Quando un tumore aggredisce l’apparato genitale di una donna giovane diventa importante valutare se è possibile curare la malattia ma anche preservare la fertilità. Senza suscitare entusiasmi generici, in certi casi è possibile, come ci spiega De Iaco:

Ci sono casi in cui i medici hanno dimostrato che si può procedere in maniera prudente ad asportare solo i tratti parziali dell’apparato genitale che permettono a una donna giovane, dopo vari periodi di controlli che escludano la ripresa della malattia, di avere una gravidanza.

I tre punti – che corrispondono a tre malattie diverse dell’apparato genitale femminile – sono: l’ovaio, la superficie interna dell’utero (endometrio) e il collo dell’utero. In tutti e tre i casi la presenza di un tumore iniziale e non particolarmente aggressivo, in donne giovani e desiderose di gravidanza, può permettere la conservazione di parte dell’apparato genitale. Ad esempio in un tumore del collo dell’utero, si può procedere asportando solo un pezzettino del collo dell’utero, nel caso di tumore dell’endometrio si può procedere applicando esclusivamente una terapia anti ormonale locale. Nel caso di un tumore piccolo alle ovaie, un caso classico è quello chiamato borderline (e significa tumore “ai confini col maligno” cioè non particolarmente cattivo), si può procedere asportando un ovaio e lasciando l’altro. Si tratta dunque di applicare delle indicazioni chirurgiche particolari, non convenzionali.

L’importanza di affidarsi quando si è malati

Il chirurgo si adopera per avere un occhio attento alla rimozione del tumore, ma altrettanto premuroso a proteggere gli organi riproduttivi non intaccati dalla malattia:

La procedura si chiama Fertility Sparing Surgery che vuol dire “chirurgia che risparmia la fertilità”. E’ stato dimostrato che in caso di tumore maligno all’apparato genitale, invece di procedere a un’asportazione completa dell’apparato stesso – come spesso si faceva in passato -, si può preservare l’utero e l’ovaia della paziente, senza che questo vada a suo detrimento. Da sottolineare bene che questo avviene in casi selezionati, casi cioé di tumori piccoli e non particolarmente aggressivi.

Oltre a sottolineare il fatto che ogni caso esige una valutazione a sé, il dottor De Iaco ci ricorda quanto sia essenziale rivolgersi a specialisti di comprovata esperienza:

Il messaggio importante da far passare è quello di affidarsi a medici particolarmente esperti, perché esistono delle problematiche, nascoste tra le pieghe del vasto mondo che è questa malattia, che solamente chi è completamente dedicato ad essa può conoscere. Ci sono aspetti molto delicati che vanno affidati a persone dedicate full time a questa patologia.


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Aiutare non sostituirsi

E proprio perché il tema della malattia e quello della fertilità riguardano la vita stessa nel suo essere e nella sua dignità, l’etica è quella compagna capace di offrire fondamenta che tengono quando noi rischiamo di crollare.

Il concepimento resta un atto sacro e intimo, per quanto la narrazione contemporanea ce ne offra spaccati addirittura opposti. Preservare un desiderio buono di maternità e paternità anche dentro l’incognita di malattie gravi non è un’illusione da affidare all’idolo senza limiti della tecnica scientifica.

La Chiesa è maestra di discernimento proprio quando da soli è difficile prendere decisioni. Dall’istruzione Donum Vitae ricaviamo la certezza che nessun intervento medico può sostituirsi all’atto coniugale:

L’intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto. Al contrario, (…) accade che l’intervento medico tecnicamente si sostituisca all’atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l’atto medico non risulta, come dovrebbe, a servizio dell’unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro” (Donum Viae, II, n. 7).

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Un altro documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’istruzione Dignitas personae, ci aiuta a non scendere a compromessi rispetto al bene integrale della persona:
Sono certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale, come ad esempio la cura ormonale dell’infertilità di origine gonadica, la cura chirurgica di una endometriosi, la disostruzione delle tube, oppure la restaurazione microchirurgica della pervietà tubarica. Tutte queste tecniche possono essere considerate come autentiche terapie, nella misura in cui, una volta risolto il problema che era all’origine dell’infertilità, la coppia possa porre atti coniugali con un esito procreativo, senza che il medico debba interferire direttamente nell’atto coniugale stesso. Nessuna di queste tecniche sostituisce l’atto coniugale, che unicamente è degno di una procreazione veramente responsabile.
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