Risponde la Cei con il vicepresidente dei vescovi italiani, mons. Meini, che offre suggerimenti per parrocchie, associazioni, movimenti
Come deve comportarsi la Chiesa in questo tempo di pandemia? Come può restare vicina ai fedeli, tra restrizioni e limitazioni, che condizionano la vita delle persone? Ha provato a rispondere a questa domanda Monsignor Mario Meini, vice presidente dei vescovi italiani e vescovo di Fiesole. Lo ha fatto nella introduzione dei lavori della sessione straordinaria del Consiglio episcopale permanente.
Monsignor Meini evidenzia il «momento di dolore, paura e preoccupazione che attanagliano in modo allarmante il nostro Paese». Per cui «sarebbe prezioso e confortante potersi incontrare di persona per ascoltarci e per sostenerci». Invece si sta assistendo al contrario. «Stiamo verificando come in tutto il territorio nazionale inizino nuovamente a diradarsi quelle occasioni d’incontro sul lavoro, a scuola, in parrocchia, nel vicinato. Occasioni che, in condizioni normali, scandirebbero le giornate di ciascuno».
Le nuove relazioni in tempo di pandemia
La pandemia ha rivoluzionato l’approccio tra la Chiesa e i suoi figli. «Anche le attività educative e pastorali nelle nostre comunità, in via precauzionale, stanno prendendo nuove forme – prosegue il vicepresidente dei vescovi – emerge un forte e apprezzabile senso di responsabilità per la salute di tutti. Le relazioni interpersonali e comunitarie sono preziose. Ma altrettanto importante, persino vitale, si rivela in questa fase la massima prudenza nei contatti e nelle occasioni pubbliche di riunione».
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I “nuovi poveri” al 45%
Al contempo, evidenzia Meini, ci sono nuove «domande, che molti uomini e molte donne si stanno ponendo e che ci siamo impegnati ad ascoltare». E che «ci hanno condotto alla necessità di riscoprire un annuncio del Vangelo capace ancora di toccare il quotidiano delle persone».
E la quotidianità vede all’orizzonte (dati ultimo rapporto Caritas del 17 ottobre), «una grave recessione economica, terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà». I dati dei centri di ascolto Caritas vanno proprio in questa direzione. «L’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due si rivolge alla Caritas per la prima volta».
Riduzione dei redditi per metà delle famiglie italiane
Aumenta, in particolare, il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9% dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa. Gli anziani sono costretti ad una solitudine sempre più isolante. Una crisi che, secondo i dati pubblicati da Banca d’Italia, nei mesi di aprile e maggio, ha provocato una riduzione di reddito per la metà delle famiglie italiane. Tutto questo, nonostante gli strumenti di sostegno ricevuti.
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La Chiesa e gli aiuti ai lavoratori penalizzati dalla pandemia
In tempo di pandemia, quindi, la Chiesa non può che stare vicina ai propri figli nel segno della spiritualità e della concretezza. E’ vicina a chi soffre, come «tutte quelle categorie che sono costrette a grandi sacrifici, dai tanti piccoli commercianti e lavoratori autonomi, dal mondo dello spettacolo e della cultura. Le nostre Chiese non hanno mai smesso di assicurare la loro prossimità con aiuti specifici».
“Farsi carico delle sofferenze con cura e dolcezza”
La sollecitazione finale del vicepresidente dei vescovi italiani è rivolta alle «parrocchie, le associazioni e i movimenti», che «seguendo l’esempio del Buon Samaritano, sapranno farsi carico delle sofferenze con cura, dolcezza e umiltà. La passione e lo zelo di testimoniare il Vangelo non vengono mai meno. È in questo scenario – chiosa Meini – che, in ascolto dello Spirito, vogliamo confrontarci per comprendere con realismo come servire e guidare oggi le nostre Chiese» (chiesacattolica.it, 3 novembre).
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