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Atleta greco scala il monte Olimpo insieme ad amica con handicap

MONTE OLIMPO MARIOS GIANNOKOU
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Un atleta greco ha scalato il monte Olimpo, punto culminante di Grecia, in compagnia di un’amica handicappata che si è portato sulle spalle. Meravigliosa squadra di un’escursione sulle vette dell’umanità.

È una bella amicizia quella che si è stretta fra loro, forse sigillata da una mitica ascensione – quella del monte Olimpo. Marios Giannakou, un fondista greco 28enne ha non meno cuore che testa. Il 5 ottobre scorso ha realizzato la particolarissima uscita insieme con Eleftheria Tosiou, una studentessa 22enne in sedia a rotelle che aveva incontrato a settembre. Lei gli aveva confidato il suo sogno – salire sul monte Olimpo, che coi suoi 2.918 metri è la montagna più alta di Grecia. Se l’atleta, che ha girato il mondo fino al deserto di Al Marmoum (Dubai) e all’Antartico, aveva già compiuto cinquanta volte quell’escursione, la 51esima è stata molto differente…

Una vera impresa olimpica

È difatti equipaggiato con uno zaino particolarissimo che è asceso portandosi la ragazza in spalla. Ci hanno messo più di dieci ore, con l’aiuto di una squadra di supporto, per arrivare alla cima del Mythikas, la vetta del “mondo degli dèi”. L’atleta ha commentato così, sul suo account Instagram (seguito da più di 33mila abbonati) l’impresa:

Tutte le esperienze in giro per il mondo, le medaglie e le menzioni d’onore che ho ricevuto fino a oggi sono ben poca cosa in rapporto a quel che abbiamo compiuto. Ringrazio Eleftheria di avermi dato l’opportunità di diventare migliore e di ricordarmi quel che spesso dimentichiamo: dobbiamo vivere la vita senza paura.

Come appare la città degli uomini dalla vetta della Città di Dio

Grazie a Pollon (e soprattutto alla sua notissima sigla) in Italia non serve aver fatto studi classici per sapere che «sulla cima dell’Olimpo c’è una magica città», ossia che la mitologia greca vi collocava la sede della corte di Zeus. Quel che nell’avventura di Marios ed Eleftheria traspare chiaramente, però, è che i due hanno fatto risplendere su quella mistica cima anche l’agostiniana “città di Dio” in cui tutti sono figli, principi ed eredi.

Riflettendo su queste cose il giovane agostiniano tedesco Martin Luther scrisse:

Questo “piacere a sé stessi” significa “negarsi ogni piacere banale”. Nessuno infatti può dare contemporaneamente a sé stesso e agli altri un piacere, e c’è chi non vuole “portare i pesi gli uni degli altri”, ma fardelli leggeri che si siano scelti, e possibilmente farsi fare tutto dagli altri senza sostenere nessuno.

Martin Luther, Vorlesungen

Non così Marios ed Eleftheria, che stando alle parole dell’atleta si sono sostenuti a vicenda nel compiere un’impresa che nessun’altra può eguagliare.



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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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