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Quali sono i veri numeri sulle tasse pagate dal Vaticano?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 20/10/20
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Basta con le fake news. Il Vaticano ha pagato nel 2019 oltre 9milioni di euro di tasse. E le polemiche sulle Ici passate non pagate sono pretestuose e false

«Le tasse vanno pagate», ha detto domenica scorsa all’Angelus il Papa. E subito sui social è riesplosa la tiritera sul Vaticano che invece non paga le tasse. Si tratta, come ha riportato Avvenire, di gravi fake news. Smentiamole con numeri veri.

Imu, Tasi, Ires: le tasse pagate dal Vaticano

Tasse pagate nel 2019 in Italia dall’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede, l’ente del Vaticano che gestisce gli immobili intestati direttamente alla Santa Sede: 5.750.000 euro di Imu e 354.000 euro di Tasi, versati per oltre il novanta per cento al comune di Roma, dove gli immobili si trovano. Se aggiungiamo 3.200.000 euro di Ires, arriviamo a un totale di oltre 9.300.000 euro.

DOLLARS

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Non proprio una bazzecola, tenuto conto che queste somme si riferiscono soltanto alla parte di beni amministrati dall’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica). A queste somme va aggiunto quanto, con gli stessi criteri, pagano la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (Propaganda Fide), il Vicariato di Roma, la Cei, gli Ordini e le Congregazioni religiose.

Le polemiche passate sull’Ici

Per l’ennesima volta, come evidenzia Vatican News, bisogna ribadire che sugli immobili dati in affitto – quelli cioè che rendono davvero – da sempre le tasse vengono pagate dal Vaticano senza sconti o riduzioni. In passato, le polemiche furono alimentate perché l’Ici (imposta comunale sugli immobili) prevedeva l’esenzione per gli immobili degli enti senza scopo di lucro, integralmente utilizzati per finalità socialmente rilevanti (per esempio, scuole, mense per i poveri o centri culturali).

Le Monastère des Augustines

Le Monastère des Augustines – Facebook

Le Monastère des Augustines. Un albergo con spa, gestito da suore in Canada.

Ecco chi ha l’esenzione

A tale proposito, è bene chiarire che questo tipo di esenzione dalle tasse non riguarda solo gli enti appartenenti al Vaticano. Di questa esenzione hanno sempre beneficiato e beneficiano tutte le altre Confessioni religiose, tutti i partiti, tutti i sindacati e tutte le realtà che realizzano le condizioni previste dalla legge.

Il ragionamento che giustificava l’esenzione era semplice. Cioè i comuni rinunciano all’imposta, perché il vantaggio che la comunità riceve da tali attività è di gran lunga superiore. E questo lo sanno bene i nostri concittadini, i quali apprezzano il bene che viene fatto attraverso le opere caritative.


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La bugia che si ripete

Contrariamente a quanto molti hanno scritto e continuano a scrivere, l’esenzione non si è mai applicata alle attività alberghiere, anche se gestite direttamente da istituti religiosi. Esse pagavano totalmente le imposte, mentre l’esenzione si applicava alle sole attività ricettive svolte senza percepirne reddito. Per esempio, case famiglia o strutture per l’accoglienza di profughi e senza tetto (Vatican News, marzo 2020).


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Calcoli sbagliati sulle presunte tasse non pagate

Secondo calcoli di un esponente politico dei 5stelle, non suffragati da elementi di prova, questa somma di tasse non pagate dal Vaticano ammonterebbe a 5 miliardi. Si tratta di una stima doppiamente sbagliata. In primo luogo perché studi ben più attendibili di organi dello Stato parlano di 100 milioni all’anno per sei anni. E in secondo luogo perché attribuisce alla Chiesa tout court l’intero ‘debito’ del mondo non profit che è ben più ampio di quello cattolico.

Tra l’altro autorevoli esponenti ecclesiastici (tra i quali lo stesso presidente Apsa Nunzio Galantino e i vertici della Cei) si sono pronunciati più volte per la disponibilità a pagare quanto eventualmente dovuto per quegli anni (Avvenire, 20 ottobre 2020).



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