Una splendida gara di solidarietà a Napoli: il dottore ha condiviso la storia di questa mamma su Facebook, dopo un giorno è arrivata una proposta di lavoro per lei e un pacco alimentare per la famiglia. Le buone notizie sono quelle che ci mostrano che la solidarietà è una mossa che ci appartiene e non solo una bella parola. A Napoli è accaduto che una mamma in grande difficoltà, vedova e disoccupata con 4 figli, abbia ricevuto un grande aiuto, spontaneo e immediato, dai suoi concittadini. Ed è bastato un post su Facebook per innescare un circolo virtuosissimo. I social, che per tanti aspetti ci lasciano perplessi, mostrano questa volta il loro profilo migliore.
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Una famiglia distrutta
Il 16 ottobre il dottor Eduardo Ponticiello, dell’ospedale Santo Bono di Napoli, ha condiviso sul suo profilo Facebook la storia di cui era stato protagonista e la pagina Nessuno tocchi Ippocrate ha rilanciato il suo contenuto.
Una donna di nome Anna aveva chiamato il medico con urgenza, le sue parole gli hanno squadernato una vicenda umana quasi disperata.
Dottò so Anna, non so se vi ricordate di me….voi avete visitato tanto tempo fa mio figlio in ospedale, un bambino che teneva la meningite….v’arricurdat ?? vi devo chiedere una grazia….per favore venite a casa mia, che ho l’ultima mia figlia che non sta bene, vi mando l’indirizzo con un messaggio.
Il timbro spiccatamente napolatano porta sulla scena un’espressione meravigliosa: chiedere una grazia. C’è dentro l’eco del grato e del grazie. Quando il medico arriva a casa della signora, «una dimora molto umile, ma pulita e profumata di dignità», non trova solo una bambina con la febbre, ma uno squarcio di vita segnato da una grande sofferenza.
Anna ha perso il marito da un anno, caduto da un’impalcatura mentre lavorava. Per mantenere i 4 figli lavorava facendo le pulizie, ma con il Covid-19 non è riuscita più a svolgere questo mestiere. Nessuna auto per portare la figlia ammalata in ospedale, come ultima risorsa quel dottore che già aveva curato un figlio con la meningite. Comprensibile che nel buio di una situazione tragica, la mente abbia ripescato un punto di luce in cui la carezza della «grazia» s’era già fatta sentire.
La misura del dono
Per fortuna dalla visita del dottor Ponticello è emerso che il malessere della figlia della signora Anna non era nulla di grave. Impossibilitata a pagare il medico, che comunque l’aveva rassicurata sulla gratuità della sua prestazione, la donna ha voluto rispondere grazie, donandogli la collanina che indossava.
e pozz regalà sul chest e na tazz e cafè….grazie duttò e che a maronn v’accumpagn.
Posso darvi solo questo e una tazza di caffé, grazie dottore e che la Madonna vi accompagni. C’è una ricchezza immensa nell’umiltà di una voce che offre un caffé e la compagnia del Cielo. Nelle tribolazioni, una persona semplice può vivere il mistero buono di tendere la mano agli altri uomini e di affidarsi alle mani non meno presenti della Provvidenza.
Quando il medico ha condiviso l’incontro imprevisto e commovente a casa di Anna, alcuni hanno criticato il fatto che lui abbia accettato la collanina della donna. È stato invece un gesto tutt’altro che venale, ma pienamente rispettoso della dignità della donna.
Un passaparola fecondo
Che molti abbiano colto il vero senso di questa storia è testimoniato dal fatto che appena un giorno dopo sono arrivate due buone notizie.
Il post del dottor Ponticiello è stato condiviso e rilanciato da più di 600 persone. Evitiamo di dire in questi casi che un contenuto è diventato virale, perché quello che accade è opposto alla dinamica del contagio. Qui non si tratta di qualcosa che «si attacca» per effetto del droplet, siamo invece di fronte a una libera iniziativa che riconosce nel bisogno altrui qualcosa che ci riguarda tutti.
Come si legge nel messaggio del 17 ottobre pubblicato nella stessa pagina, è stato offerto ad Anna un lavoro in un alimentari e altri anonimi benefattori hanno donato a tutta la famiglia un pacco di alimenti e giochi. C’è – facciamoci caso – questo tessuto umano che usa al presente i verbi aiutare, sostenere, collaborare.
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Napoli e noi
Ha suscitato molte reazioni constatare che questa ondata di solidarietà abbia avuto come teatro il capoluogo partenopeo. È vero che Napoli è segnata da narrazione contraddittorie, vittima di stereotipi e magnanima di eventi clamorosi nel bene e nel male. Forse per questo è uno specchio verace di cos’è un popolo.
Una vera comunità umana non è un luogo idillico e felice; camminiamo per vicoli stretti dove ci si spintona e poi prendiamo fiato al cospetto di un mare trasparente. È nel trambusto di una vivacità fatta di risa, di urla, di pianti e anche di invisibili silenzi che la fucina lavora e forgia anime vive. Napoli cancella in fretta ogni discorso inamidato e astratto sulla gente. Siamo noi, sorpassati a sinistra da un bieco sopruso e a destra sorpresi da un sacrificio buono.
Ed è proprio in mezzo al putiferio di incontri quotidiani che possiamo trascurare o rinnovare la sfida che tiene in piedi un paese più dei discorsi sociologici: chi mi è accanto è un mio compagno? Se lui inciampa o cade sono fatti nostri?