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Lucia Solidoro, il vescovo indaga sui prodigi della “santina di Gallipoli”

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 16/10/20
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La fama di santità della donna salentina, morta a soli 23 anni, che appare in sogno a numerose persone e compirebbe grazie e miracoli, è allo studio di una commissione

Via libera del vescovo: la fama di santità di Lucia Solidoro (1910-1933), originaria di Gallipoli, sarà studiata da un apposito comitato. La giovane donna salentina viene chiamata la “santina di Gallipoli”.

«Con totale fiducia nel Signore fonte di ogni santità e con la consueta prudenza della Chiesa, muoviamo i primi passi del cammino diocesano diretto a verificare “la fama e i segni” della testimonianza di vita della gallipolina Lucia Solidoro – scrive il vescovo della diocesi di Nardò-Gallipoli, Fernando Filograna – Sono i primi passi di una vicenda che affonda le radici nel primo quarto del secolo scorso, ma la notizia ha rinfocolato gli animi di quanti alla “santa di Gallipoli” già si rivolgono da decenni confidando in un aiuto che spesso, dicono e scrivono alcuni, si è palesato».

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Il comitato d’indagine

Nella missiva, mons. Filograna annuncia la composizione di un comitato, coordinato dallo studioso Gigi De Rosa, che avrà sede presso il comitato del Santuario del Canneto di Gallipoli.

Cilicio e digiuni

Di origini umili, il padre pescatore e la madre sarta, Lucia Solidoro, trascorse la sua sia pur breve esistenza, all’ombra della vicina parrocchia di “San Francesco” d’Assisi come terziaria francescana, catechista e componente del coro parrocchiale, ma distinguendosi ancor più per la sua esemplare condotta di vita, tanto che le si riconoscevano anche pubblicamente quelle virtù che posseggono  solo i mistici e chi è dotato di grande spiritualità.

Ammalatasi di tisi, com’era frequente a quel tempo, offrì la sua sofferenza a Cristo senza mai lamentarsi, anzi “gioendo”, come si legge nei suoi scritti; inoltre “faceva molte penitenze e digiuni. Una sua conoscente, Vittoria Rizzello, sosteneva che Lucia si martoriava con cilici e si flagellava a sangue” (Piazza Salento, 1 luglio 2018).

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Il cilicio è stato utilizzato da diversi uomini e donne morti in fama di santità.

Le apparizioni in sogno

Il presidente del comitato d’indagine De Rosa metterà a disposizione un corposo faldone ricco di documenti sulla “santina di Gallipoli”. Tra questi 127 lettere scritte dal ’33 fino ad oggi, ricavate in grandissima parte dall’archivio della parrocchia di Lucia Solidoro.

«Parlano di grazie chieste e ricevute, invocano Lucia in momenti particolari – dice il coordinatore del comitato – con diverse lettere in cui Lucia appare in sogno».


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Il miracolo a Los Angeles

Scritti e testimonianze provengono da Gallipoli e da paesi vicini e lontani: Felline, Aradeo, Tuglie, Taurisano, Lecce, Nardò, Sanarica, Bari, Taranto, Pescara; dalle regioni Piemonte, Marche, Lazio, Sicilia, Lucania, Abruzzo.

Fino ad un evento miracoloso verificatosi nel 1976 nel porto di Los Angeles, in California (Usa), in cui un gallipolino fu l’unico a salvarsi dall’esplosione di una petroliera su cui era imbarcato. Raccontò poi che aveva invocato l’aiuto della “santina” di Gallipoli, Lucia Solidoro, e che aveva seguito quei suoi suggerimenti.

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Magnus Manske – Wikimedia
Il porto di Los Angeles, dove si sarebbe verificato un miracolo per intercessione di Lucia.

La descrizione del vescovo Muller

Il vescovo Gaetano Muller, che l’ha conosciuta, descriveva così la “santina di Gallipoli”: “Fu sin che visse un purissimo giglio di castità virginale sbocciato e coltivato fra acerbissime spine di inaudite sofferenze, di sfibrante lavoro domestico, di penitenze e mortificazioni continue…”.

Compito della commissione accertare queste sue “doti”, necessarie per l’avvio del processo diocesano (Piazza Salento, 15 ottobre 2016).


NATUZZA EVOLO
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