La sofferenza dei figli quando i genitori si separano.: quando il rapporto tra due coniugi si spezza, si può ancora essere d’accordo sul bene dei propri bambini e sul desiderio di proteggerli dal trauma di sentirsi in colpa.
Il dolore dei figli di genitori separati
Sfogliando le pagine dell’ultimo numero di BenEssere, la salute con l’anima edito dalla San Paolo, mi sono fermata a pagina 104. Ho ritrovato nella voce di una mamma che sta per separarsi da suo marito la stessa paura che fu di mia madre.
Quali conseguenze avrà questa scelta per loro?
Loro sono i figli, quelli che restano come unico punto di contatto tra due persone la cui relazione va in pezzi. Si litiga su tutto, tranne che sul fatto che i figli dovrebbero essere protetti da questa ferita. Non è un tabù parlare di questo tema molto doloroso in un contesto di riflessione cristiana; dovremmo anzi farlo di più. Non ho da offrire altro che la mia esperienza, e quando il rapporto tra i miei genitori si ruppe, l’unica cosa che rimase salda a rispondere ai dubbi e ai sensi di colpa di mia madre fu la Chiesa.
Per non divagare troppo, torno alla domanda posta da quella mamma, a cui risponde con tatto e chiarezza lo psicologo Pietro Verdelli. Nel caso della famiglia in questione è stato il lockdown della scorsa primavera a far maturare la consapevolezza della fine di un rapporto d’amore da cui erano nati due figli.
Mura che schiacciano
La reclusione ci ha costretti tutti a guardare da capo e da vicinissimo le persone con cui abbiamo i legami più stretti:
[…] in una modalità inedita, confrontandoci con un ambiente dalle molte sfaccettature. In particolar modo per le famiglie, infatti, la casa è diventata ancora di più simbolo di protezione, affetto e sicurezza. Eppure la quarantena, con i suoi numerosi ostacoli, può anche essere stata occasione di liti e discussioni.
Ci sono liti a cui non si riesce a porre riparo, non sono schermaglie puramente emotive o umorali. Non è quella faccenda superficiale del «non siamo più compatibili», si tratta di fratture davvero scomposte. Ed è vero che ci sono percorsi stupefacenti e benedetti di coppie che attraversano il deserto di un matrimonio sull’orlo del fallimento cercando di rimanere uniti e di trovare una chiave nuova di accesso a un incontro reciproco. Ma non è scandaloso ammettere che in certi casi è impossibile, e addirittura dannoso.
Rieccomi a pigiare sul tasto personale: mia madre maturò la decisione della separazione, affidando a Dio la preghiera che quella scelta potesse essere il modo estremo per ritrovare suo marito, anche se non per la via canonica di una riconciliazione. E, a distanza di tanti anni, è accaduto. La presenza materna di una Chiesa fatta di volti e abbracci ci ha accompagnato in quello che pareva impossibile.
L’alternativa è un mondo che dice: «Separati e fatti un’altra vita. Dimentica e liberati dal peso». A chi ora sta attraversando questa strettoia buia, vorrei dire che sciogliere un legame è impossibile ma abitare senza disperazione una rottura è possibile. Il punto di appoggio in un terreno minato e tanto sdrucciolevole forse sono proprio i figli, quelli a cui si teme di procurare traumi e insicurezze:
È importante infatti che i membri della coppia riconoscano che si continua a essere genitori anche quando non si è più partner e che trasmettano poi questa consapevolezza ai propri bambini: per mamma e papà cambia la forma della relazione ma resta immutato il ruolo genitoriale, da svolgere con responsabilità, etica e affetto.
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Protetti ma esposti
I figli soffrono quando i genitori si separano, non c’è edulcorante linguistico che tenga. Ma se sanno che quella sofferenza è qualcosa che lega ancora tutti quanti (madre, padre e bambini), allora può essere guardata e attraversata. Verdelli lo spiega con parole misurate molto bene:
[…] proteggerli vuol dire non coinvolgerli nei litigi della coppia, ma renderli invece partecipi dei discorsi che riguardano l’intera famiglia.
Immagino che per molti risulti assurdo dire che il conforto che può salvare un bambino sia la certezza che esiste ancora una famiglia, perché tutti i membri della famiglia sentono la mancanza della loro famiglia. La ripetizione è voluta. Proteggere non vuol dire tenere lontani dalle lacrime, perché proprio vedere i miei genitori tristi mi ha salvato dal cadere nella trappola profonda della mia tristezza. Siamo tristi tutti e tre, mi dicevo. Ed era come dire che c’era ancora qualcosa di irriducibile che ci faceva stare insieme, solo noi tre.
Non bisogna rincorrere la chimera di togliere l’amarezza e il senso di sconfitta dal sentiero su cui camminano i figli, a loro farà del bene (potrei dire: a me ha fatto bene) anche solo vedere che si cammina insieme zoppicando. Insieme, anche a distanza. Nel tempo in cui viviamo è proficuo cominciare a incrinare lo stereotipo troppo netto tra la «brava famiglia unita» e quella «fallita». Perché ci sono esempi, forse non troppo visibili, di chi attraversa anche la separazione alla luce della promessa fatta davanti all’altare quando si è sposato. Dio s’infila anche lì, non teme le avventure spericolate: se la libertà personale lo invoca come Padre dentro la tempesta, Lui non mancherà l’appuntamento.