La pandemia ha accelerato il processo di scelta e utilizzo di piattaforme per comunicare a distanza
Nel nuovo tutorial WeCa “Ambienti digitali per comunicare oltre la presenza”, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, diamo un’occhiata agli strumenti che diocesi, parrocchie, realtà associative e territoriali hanno utilizzato e utilizzano ancora oggi per comunicare in un ambiente digitale a distanza, oltre la presenza fisica.
Skype, Zoom, Microsoft Teams, ma anche Whatsapp, Telegram e Slack ci hanno fatto compagnia durante i mesi più intensi del lockdown per il Coronavirus. Anzi, possiamo dire di aver assistito a una vera e propria rincorsa verso strumenti, piattaforme e tool per continuare a lavorare, stare in relazione, costruire significato insieme. Ma quali di queste piattaforme potrebbero segnare un nuovo passo per la comunicazione?
Skype è una vecchia conoscenza. Targato Microsoft, Skype è utilizzabile tramite la configurazione di un account gratuito, ma con la nuova funzione “Meet Now” non serve più nemmeno un account: basta cliccare su un link. Le videochat possono raccogliere fino a 50 partecipanti. Il valore aggiunto di Skype è senza dubbio l’elevata protezione dei dati, delle conversazioni in video-chat, anche se non assicura la piena riservatezza rispetto a Microsoft.
Zoom è invece stata per molti una “scoperta” del lockdown. Se prima era una piattaforma usata solo in ambito professionale, con la pandemia Zoom è sbarcata nel mondo della scuola e persino delle riunioni di famiglia. I vantaggi di Zoom sono l’alta qualità video. Le video-chat gratuite di Zoom con 3 o più partecipanti hanno una durata di massimo 40 minuti (rinnovabili a basso costo). Tra le funzioni di Zoom si segnala la “Gallery View” che permette di visualizzare tutti i partecipanti. A seguito di forti critiche sulla questione della privacy e della gestione dei dati, recentemente Zoom ha incrementato le misure di protezione per le sue Video-Chat, bloccando i possibili intrusi in un’anticamera virtuale (“Waiting Room”), per permette così al gestore della video-chiamata di verificare identità dei possibili partecipanti e sbloccarne eventualmente l’ingresso.
Un’altra utile opzione – questa volta in ambiente Google – è Hangouts Meet, evoluzione di Hangout, noto soprattutto a chi possiede un account in Gmail. Le chiamate vocali riescono a supportare fino a 150 partecipanti, mentre le video-chiamate solamente 10 partecipanti. Anche in questo caso, nelle video-chat è possibile condividere lo schermo tra utenti. Il livello di sicurezza è elevato (come nel caso di Skype), ma il sistema non esclude il controllo dei dati e delle conversazioni da parte del gestore. Il sistema permette di gestire riunioni virtuali fino a un massimo di 250 persone connesse, riunioni che possono essere archiviate poi su Google Drive.
Tornando a Microsoft, non si può non parlare di Microsoft Teams, proposta a pagamento pensata per un pubblico più professionale.
In questa carrellata compaiono anche alcune piattaforme di origine social, come le chat di Facebook Messenger, Whatsapp Messenger e Telegram, aperte sempre più anche ad usi multimediali.
La rassegna si conclude con Slack (che ha come sottotitolo “Where work happens”, “Dove avviene il lavoro”). Molto usato all’estero, rientra nella categoria degli strumenti di collaborazione aziendale utilizzato per inviare messaggi in maniera istantanea ai membri del team. Si tratta di un prodotto che potrebbe risultare interessante per le realtà che hanno dimestichezza tecnologica e lavorano in community online.
Si tratta, nella speranza del ritorno a una rinnovata normalità, di sistemi che non sono alternativi alla comunicazione in presenza, ma che possono rappresentare un alleato utile e significativo per raggiungere tutti e ciascuno, per arricchire i momenti di lavoro, senza dimenticare di ragionare sulle competenze digitali e sulle implicazioni del digitale quando viene abitato nel quotidiano».