Il porporato australiano era stato condannato per abusi sessuali e poi assolto, e ha trascorso 404 giorni in carcere. “Grazie per la sua testimonianza”
È durata circa mezzora l’udienza che il 12 ottobre Papa Francesco ha avuto con il cardinale australiano George Pell, ritornato a Roma dopo essere stato assolto dall’accusa di abusi sessuali su minori.
Poche parole pronunciate da Francesco al termine dell’incontro hanno fatto comprendere molto dei contenuti che i due hanno trattato: “Grazie della sua testimonianza”, ha detto il Papa a Pell, riferendosi ai 404 giorni che il cardinale ha trascorso in carcere prima dell’assoluzione. Pell non ha rifiutato il processo. È tornato nel suo Paese e si è sottoposto all’iter giudiziale (La Repubblica, 12 ottobre).
L’udienza è stata chiesta al Papa da Pell, non il contrario come alcuni media avevano fatto intendere nei giorni scorsi. E il fatto che sia avvenuta poco dopo le dimissioni del cardinale Angelo Becciu dal suo incarico resta una coincidenza.
La condanna e poi l’assoluzione
Il porporato australiano, 79 anni, è stato prefetto della Segreteria per l’Economia dal 2014 al 2019, e aveva lasciato il Vaticano nel luglio 2017 per affrontare il processo per abusi su minore. Papa Francesco gli aveva concesso un periodo di congedo per potersi difendere dalle accuse.
Condannato in prima istanza a sei anni dal Tribunale di Melbourne nel dicembre 2018, Pell veniva incarcerato – in isolamento – nel febbraio 2019. Nell’agosto 2019 la Corte d’Appello dello Stato di Victoria confermava la condanna con la maggioranza di due giudici contro uno. Il magistrato dissenziente, Mark Weinberg, si oppose con forza al verdetto in base al principio che una persona non può essere condannata se le prove non ne dimostrano la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, altrimenti si rischia di condannare un innocente.
Infine lo scorso 7 aprile, l’Alta Corte, composta da sette giudici, criticando le incoerenze della sentenza della Corte d’Appello, ha prosciolto all’unanimità il cardinale Pell perché c’è una ragionevole possibilità che il reato non sia avvenuto e un innocente possa essere condannato (Avvenire, 12 ottobre).
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“Non ho mai commessi quei terribili crimini
Pell, nelle scorse settimane, ha affermato che la grave ingiustizia che ha subito è ora risanata e che non nutre alcun risentimento verso la persona che lo ha accusato. Il processo – ha sottolineato – non è stato un referendum sulla Chiesa cattolica né un referendum su come le autorità della Chiesa in Australia hanno affrontato il crimine di pedofilia: «Il punto – ha aggiunto – era se avevo commesso o no questi terribili crimini e io non li ho commessi».
Pell ha auspicato che la sua assoluzione non aggiunga altro dolore: “L’unica base della guarigione a lungo termine è la verità e l’unica base della giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti” (Vatican News, 12 ottobre).
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