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Fratelli tutti, Smerilli: sì al mercato ma che sia civile

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Vatican News - pubblicato il 09/10/20
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La religiosa salesiana, docente di Economia Politica all’Auxilium di Roma, commenta la condanna del “neoliberismo” contenuta nell’enciclica sociale del Papa. Nel testo anche la sottolineatura chiara della parità di dignità e diritti tra uomini e donne: “Serve impegno di tutta la Chiesa”Il diritto di alcuni alla libertà di impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri”; “La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato”; “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale”. Bastano queste tre citazioni dalla terza enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, per comprendere quanto la questione della migliore economia, oltre che della migliore politica, sia centrale in questo testo dedicato alla fratellanza e all’amicizia sociale.


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Secondo suor Alessandra Smerilli, docente di Economia Politica all’Auxilium di Roma e coordinatrice della Task-force Economia della Commissione vaticana per il Covid-19, l’enciclica sociale di Papa Francesco non è contro il mercato, si oppone solo alle sue derive. Ai microfoni di Radio Vaticana Italia, la religiosa salesiana ha spiegato come la pandemia abbia dimostrato che i criteri di efficienza non sono sufficienti: servono un mercato civile e una finanza che torni alla sua vocazione francescana. Di seguito l’intervista rilasciata da suor Smerilli all’indomani della pubblicazione della Fratelli tutti:

R.- Vorrei subito sgombrare il campo da alcune possibili interpretazioni che forse non sono nella logica che Papa Francesco ha voluto dare a questa enciclica. Il documento non è assolutamente contro il mercato, ma ne sottolinea le derive. Evidenzia i rischi di un mercato che non è più come deve essere, per questo parla di “neoliberismo”.  Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva penetrazione del mercato anche in ambiti dove tradizionalmente la gestione di alcuni beni comuni era fatta appunto in comune. Queste derive sono condannate dal Papa che ci mostra al contempo come proprio la pandemia abbia fatto venire in luce quello che prima si faceva fatica a capire: il mercato da solo non può risolvere tutto. Abbiamo visto nei mesi scorsi come, per esempio, anche nelle spese sanitarie, se si lascia più spazio al mercato ci si ritrova poi impreparati nella gestione di emergenze come la pandemia. Badate bene, la spesa sanitaria nel mondo negli ultimi anni è cresciuta più di quanto sia cresciuto il PIL mondiale. Il prodotto interno lordo mondiale cresceva in media del 2,8% e la spesa sanitaria cresceva in media del 4%. La spesa dunque è salita, ma si è indirizzata verso malattie non trasmissibili, malattie croniche, verso assicurazioni individuali, quando per affrontare un male come questo virus, che ci ha colti tutti di sorpresa, avremmo avuto bisogno di un’assicurazione collettiva. La realtà è che abbiamo bisogno di spese che sembrano a prima vista inefficienti. Per le regole del mercato e dell’efficienza, però, avere più posti in terapia intensiva quando non ce n’è bisogno è errato e così si tagliano. Nella Fratelli tutti il Papa ci dice che se noi teniamo al bene comune non possiamo adottare solo i criteri di efficienza e la pandemia ce l’ha dimostrato. Il mercato funziona bene quando è civile, cioè costruisce civiltà, e quando è coordinato anche a livello politico.


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Nell’enciclica il Papa sottolinea che non si può pensare solo alla crescita e al profitto e ricorda anche che la crisi finanziaria del 2007-2008 è stata un’occasione mancata per una riforma in senso etico dell’economia…

R.- Questo è vero soprattutto per quanto riguarda il mondo della finanza. Da qui nasce anche il lavoro che stiamo facendo qui in Vaticano come Commissione per il Covid-19. Io lavoro con un gruppo di economisti a livello internazionale e siamo consapevoli che – come dice Papa Francesco – da una crisi non si può uscire uguali: o si esce migliori o si esce peggiori. Forse dalla crisi del 2007 siamo usciti peggiori, negli ambiti economici e finanziari. La pandemia deve invece darci degli anticorpi per poterne uscire migliori e ridare quindi anche alla finanza la sua vocazione originale. Nel video messaggio inviato recentemente alle Nazioni Unite, per esempio, Papa Francesco chiede chiaramente che si aboliscano i paradisi fiscali. È necessario che la finanza torni ad essere fondata sull’incontro. Qui torna di nuovo la vocazione originaria francescana che ispirava anche i “monti di pietà”. Erano istituzioni finanziarie nate per essere a servizio dei più poveri. È quella infatti la vocazione vera della finanza: fare incontrare chi ha idee e non ha soldi con chi ha soldi ma in quel momento non sa come investirli. Tutto il resto e speculazione

Al paragrafo 23 dell’enciclica il Papa afferma che “l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio”. Come commenta queste parole?

R. – Ho notato che in più di un punto nell’enciclica si richiama questo tema: il Papa insiste che l’uguaglianza sul piano dei diritti, della dignità umana, deve tradursi dalle parole alle opere. Rispetto alle polemiche che hanno preceduto la pubblicazione dell’enciclica, sulla scelta considerata da alcuni discriminante del titolo, è stato spiegato da tanti e in tanti modi che la parola “Fratelli” è una citazione esatta di San Francesco che vuole intendere sia i fratelli che le sorelle. Secondo me, il fatto che al solo annuncio del titolo si sia scatenato un tale dibattito dimostra però che il tema è caldo, è molto sentito e va affrontato. C’è certamente la necessità di fare passi avanti non solo nella Chiesa, si tratta infatti di un tema culturale. Io credo che la via in campo ecclesiale sia stata tracciata molto bene da Papa Francesco nell’ Evangelii gaudium, quando al numero 103 afferma che “c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa” e aggiunge che “il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale e per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo e – afferma ancora – nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti”. Con quella prima Esortazione Apostolica credo che questo cammino sia stato ben avviato. Però è chiaro che, nella logica di avviare processi più che occupare spazi – uno dei principi più importanti del magistero di Papa Francesco – si avverte ancora oggi la necessità di uno sguardo femminile anche magari sul tema della fraternità. Come donne però dobbiamo farci avanti, non dobbiamo avere paura di offrire questi sguardi…

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R.- Papa Francesco di scelte simili ne ha fatte tante, dimostrando di non volersi fermare alle affermazioni di principio. Anch’io sono stata nominata Consigliere di Stato della Città del Vaticano e sembrerebbe che sia la prima volta per una donna. Ma io credo che il tema profondo sia passare dalle parole e dai fatti di Papa Francesco a un impegno un po’ di tutte le cellule della Chiesa. La Chiesa locale, i movimenti, le associazioni, il laicato… È in tutti i rivoli e i risvolti ecclesiali che c’è bisogno da una parte di offrire questi sguardi femminili e dall’altra di accoglierli e camminare insieme.

Qui l’originale

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