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“Saremo tutti uniti in Cristo”. Riccardo Muti, Massimo Cacciari e la crocifissione

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 09/10/20
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Il maestro e il filosofo commentano le ultime parole di Cristo. Ad ispirarli sono il quadro della Crocifissione di Masaccio e le sonate di Haydn

Le ultime parole di Gesù Cristo sulla croce commentate da un direttore d’orchestra e un filosofo discutono, a partire dalle opere dell’artista Masaccio e del compositore Franz Joseph Haydn. Nasce così il libro “Le sette parole di Cristo” (il Mulino), uscito lo scorso 3 ottobre.

Il dipinto di Masaccio

La Crocifissione di Masaccio è una delle opere che aprono la grande stagione rinascimentale. Il Cristo morente, scrive il Corriere della Sera (1 ottobre). ha appena pronunciato la settima delle sue ultime frasi, affidando l’anima al Padre.

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Eugene a / Wikimedia

La Crocifissione di Masaccio, l 1426 (Museo nazionale di Capodimonte, Napoli).

Le sonate di Hayden

Agli autori tornano in mente Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce, le sette sonate composte da Haydn probabilmente nel 1786 per la cerimonia del Venerdì Santo celebrata nella cattedrale di Cadice in Spagna, che Muti diresse — e Cacciari ascoltò — al Festival di Ravenna.

Sono quindi Masaccio e Haydn a ispirare il dialogo, che finisce per dare suono, voce, musica al dipinto e per dare forma, prospettiva e colore alla partitura.

Il filosofo, scrive Aldo Cazzullo sul Corriere, ancora ricorda le parole con cui il direttore d’orchestra invitò il pubblico ravennate all’ascolto: «Vi ritroverete ciascuno con la propria vita, i propri dolori, le proprie paure, le proprie speranze, tutti uniti in Cristo; l’umanità di Cristo è l’umanità di voi che ascoltate».


JEZUS NA KRZYŻU
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Il commento alle ultime parole di Gesù

«Pater, dimitte illis quia nesciunt quid faciunt». Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno.

La parola-chiave, fa notare Muti, è la prima, «pater», evocata dai violini, con un tono contemplativo e malinconico in cui Cacciari coglie, oltre alla richiesta di perdono, il disincanto sulla natura di «quelli», di noi esseri umani.

«Hodie mecum eris in paradiso». In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso.

L’oggi, fa notare Cacciari, è l’oggi perfetto: un «Hodie» eterno, che indica quello che sta per accadere nel giro di poche ore e nello stesso tempo dà la misura dell’eternità. «E infatti — risponde Muti — le note sono: “do-mi-re-si-do”, Haydn parte dal do e torna al do, e poi “sol-do-si-la-sol”, si parte dal sol e torna al sol — quindi si formano come due cerchi», appunto il simbolo dell’infinito: «Idea consapevole oppure mistero del genio?».

«Mulier, ecce filius tuus»; Donna, ecco tuo figlio.

Qui la parola-chiave è «ecce». La sonata ha inizio con due corni. Una scelta ardita, che gli autori leggono alla luce del grido muto del Cristo di Masaccio e del pianto non solo della Madonna e di San Giovanni ma anche e soprattutto della Maddalena.

Particolarmente toccante, fa notare il Corriere, è «Deus meus, Deus meus, ut quid derelequisti me?»; Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?  Per restituire la frase più drammatica, la musica deve esprimere un senso di trascinamento; il suono a un tratto si ferma, «come fossero singhiozzi», chiosa il maestro.

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