Che cosa fare se un figlio fa uso di sostanze psicotrope? Prima di tutto, dicono gli esperti, occorre riconoscere anche il linguaggio non verbale. E poi cercare il dialogo…Di Nicola Neri, dottore in psicologia, socio Associazione Pollicino e Centro crisi genitori Onlus
Durante il lockdown ho potuto osservare meglio le abitudini di mio figlio adolescente (quindici anni). Sono rimasto sorpreso nel constatare che trascorre molto tempo a guardare video musicali su YouTube in cui ci sono costanti riferimenti all’uso di droghe. Non avevo mai pensato che mio figlio fosse interessato a quel mondo. Come posso affrontare questo tema con lui? Carlo, un padre.
I campanelli di allarme
L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze riporta come l’elenco delle sostanze presenti sul mercato continui a crescere, al ritmo di circa una nuova sostanza psicoattiva segnalata ogni settimana. È importante essere pronti a riconoscere i campanelli d’allarme, ricordandosi però che ogni persona reagisce in modo differente, personale all’uso di sostanze.
I segnali
Tra questi segnali vi sono: una diminuzione del rendimento scolastico e dell’interesse verso sport, hobby, attività praticate; comportamenti aggressivi a scuola o in altri contesti di vita; progressivo isolamento; cambiamenti nell’umore, nelle abitudini alimentari e nei rapporti sociali.
Le difficoltà del genitore
Se parlare di sostanze può essere complicato di per sé, per un genitore farlo con un figlio può risultare doppiamente complesso. Da un lato perché le tipologie di sostanze e il loro consumo cambiano insieme alla società e a una velocità impossibile da seguire per chi non ne sia direttamente coinvolto; dall’altro, perché il genitore ha un ruolo di responsabilità e di tutela. Se uno dei compiti di madre e padre è quello di “presentare il mondo al figlio”, è ragionevole trovarsi in difficoltà nel dover spiegare qualcosa che non si conosce e di cui è naturale avere paura. Il primo ostacolo è proprio questo: per parlare di droga con un adolescente occorre accettare che esista una parte del proprio figlio che non si vede, una zona d’ombra sempre più ingombrante e che occorre riconoscere.
L’età del cambiamento
L’adolescente è impegnato nel difficile compito di costruzione di una sua identità e per far ciò è necessario che costruisca una propria relazione con il mondo, da cui il genitore è in parte escluso. Se, quindi, il bisogno adolescenziale di questa zona d’ombra deve essere riconosciuto – si può dire che non si cresca senza segreti – è ugualmente importante interessarsi a che cosa essa contenga.
In questo senso è giustificato il timore di padri e madri che la parte non visibile del figlio intrattenga un rapporto con le droghe, con tutti i pericoli che ne possono derivare. Ed è una paura supportata dalle evidenze di diversi studi che riconoscono nell’adolescenza l’età in cui si entra in contatto e si sperimentano la maggior parte delle sostanze, alcol incluso.
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Le sfide dei nostri figli
Per iniziare a confrontarsi con questo potenziale rischio nella vita dei propri figli, è necessario comprendere che stanno compiendo degli “esperimenti di crescita”. L’entrata in contatto con le droghe può infatti avvenire spesso in un momento particolare della vita del ragazzo, in cui da una parte si trova a dover fare i conti con un corpo che cambia, con emozioni ed esperienze che non conosce e possono destabilizzarlo, dall’altra vive un grande bisogno di appartenenza, che lo spinge a ricercare un posto all’interno del gruppo sociale.
Prove generali di indipendenza
È da tener conto quindi che l’incontro con le sostanze avviene sovente in un periodo che si caratterizza per diverse sfide evolutive. Tra queste, ricordiamo la sessualità, i tentativi di separazione dal nucleo famigliare e la messa alla prova della propria forza e indipendenza rispetto alle diverse forme di autorità.
L’importanza di un ascolto vero
Di fronte a un problema così complesso come parlare di droga con un figlio, e in cui gran parte della difficoltà è legata alla scarsa visibilità della questione stessa (come faccio a capire cosa sta capitando, sta facendo uso di droghe, quali, in che misura?), è importante, da genitori, avere come obiettivo una condizione di apertura e fiducia. Creare quindi uno spazio comune in cui sia possibile un dialogo. Pertanto, nell’affrontare questo tema è meglio evitare per principio un atteggiamento giudicante o accusatorio, poiché contribuisce a creare barriere e a mantenere quest’argomento nella zona d’ombra, trasformando la questione in un tabù.
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Informarsi bene
È utile riconoscere di non saperne abbastanza e informarsi attraverso fonti valide e attendibili, così da astenersi da generalizzazioni. In questo modo si compie un passo fondamentale: non parlare in maniera generale delle sostanze, ma ricercare il significato particolare che queste rivestono per il proprio figlio. Disporsi quindi all’ascolto, così da capire quando, anche attraverso messaggi extra-verbali, un ragazzo o una ragazza stanno manifestando l’affiorare di un problema.
La presenza prima di tutto
In questo caso è fondamentale essere presenti, disponibili a ricevere quello che il figlio ha deciso di rendere visibile, anche se attraverso un gesto, un pianto, o una frase inaspettata. Spesso, anche mostrare un interesse non critico nei confronti dei mondi che si relazionano con le sostanze, come musica, moda, social network, serve ad aprire un dialogo. Di fronte a una richiesta di attenzione o di aiuto non espressa in maniera esplicita, che non passa quindi dalla parola, può essere utile muoversi per primi e accennare al tema delle droghe, mostrando sia di conoscere qualcosa di quel mondo così da promuovere la fiducia del figlio, sia di essere disposti ad ascoltare, e quindi ad affrontare insieme a lui quella “zona d’ombra”.
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