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3 episodi di bilocazione di don Dolindo Ruotolo: le testimonianze

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/10/20
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Il mistico e Servo di Dio napoletano è accomunato a San Pio perché, come lui, condivise fenomeni come le bilocazioni. Una volta si è ritrovato persino in America

Il Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo (1882-1970), chiamato il “Padre Pio di Napoli”, ha vissuto da santo e ne ha avuto tutti i carismi – profezia, bilocazione, esorcismi – vivendo sempre in pieno tutte le virtù, carità, umiltà, silenzio, obbedienza.

Nel libro “Gesù, pensaci tu! – Vita, opere, scritti & eredità spirituale di don Dolindo Ruotolo” (Ares), nel ricordo della nipote Grazia Ruotolo e a cura dell’autore Luciano Regolo, si raccontano numerosi episodi di misticismo che hanno visto protagonista don Dolindo, in particolare le bilocazioni.

DOLINDO

Fragment okładki książki “Ksiądz Dolindo na Górze Błogosławieństw”, wydawnictwo ESPRIT

1) Le paure di Melina

Carmela Palmieri, detta “Melina”, cara amica di famiglia, divenne figlia spirituale e assidua frequentatrice di don Dolindo. «Mi ha raccontato tantissime cose straordinarie – ricorda Grazia Ruotolo – ma purtroppo, per una scelta di totale nascondimento, alcune, davvero eclatanti, desidera che rimangano confidenze personali, tra lei e me».

A Melina don Dolindo parlava spesso della necessità di confidare nel Signore anche nei momenti più difficili. «Siccome era rimasta vedova con due bambini, Maria pia e Gianni, quand’era ancora giovane a 27 anni – prosegue la nipote don Dolindo – aveva anche delle difficoltà economiche». Nonostante le ristrettezze, il mistico napoletano la esortava a continuare a nutrire fiducia nella divina provvidenza senza preoccuparsi per il mantenimento della sua famiglia e non mancando di fare offerte alle persone più bisognose e povere di lei.

“Ti sei presa paura, eh”

Un mattino, svegliandosi di buon’ora nella sua casa in Puglia, vide don Dolindo in piedi nel corridoio vicino alla Madonna. lo zio le sorrise e le disse: «Che cosa c’è lì dentro?». E indicava il cassetto dove Melina aveva messo i soldi. La poveretta si spaventò moltissimo. «Che ci fate qui? Come siete arrivato?». Ma a quel punto non lo vide più. Dopo questo evento, una delle classiche bilocazioni di don Dolindo, alla prima occasione Melina andò a Napoli da lui che, senza neppure farla parlare, appena la vide le disse ridendo: «ti sei presa paura eh?».



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2) La mancanza di Laura

Dopo il periodo trascorso a Rossano Calabro (Cosenza), don Dolindo tornò a Napoli. Fu una sua figlia spirituale, Laura De Rosis, ad avvertire in modo più forte il vuoto. Più volte gli scrisse di quanto le mancavano le Confessioni con lui, esprimendo un forte bisogno di conforto spirituale. Così, una sera don Dolindo, seduto sulla poltrona dove di solito pregava, nella sua casa di via Salvator Rosa, si rivolse mentalmente a Gesù, dicendo: «Gesù accontentiamo questa donna che ha tanto bisogno. Vai tu a confessarla con le mie sembianze, ascoltala e portale sollievo».

La confessione di Gesù

Fatto sta che Laura, mentre pregava nella sua cappella privata, con sommo stupore vide arrivare don Dolindo e si confessò. La gioia fu enorme e l’indomani stesso ella scrisse al mistico dicendo che era stata molto contenta di quella visita inaspettata, parlando come se egli si fosse fermato di passaggio da un viaggio nel palazzo di famiglia a Rossano. «O Gesù», si chiedeva sempre don Dolindo, «saprà mai questa donna che sei stato tu a confessarla e non io?».

3) L’incontro con Federico

Scrive don Dolindo a proposito del suo periodo rossanese: “Fu in un giorno di queste grandi pene che io mi sentii, per un istante, vicino a Dio, come già accennai avanti. In questo stesso periodo di tempo mi successe questo fatto. una sera, dopo essermi ritirato, pregavo passeggiando nella stanza. Ero perfettamente sveglio, quando mi sentii costretto a poggiarmi sul letto. Mi ci misi e rimasi assopito istantaneamente. Quell’assopimento certamente non era sonno».

“Io non sono mai stato in America”

Allora, prosegue don Dolindo, «mi sembrò di trovarmi in America, vicino a uno stagno d’acqua, dove moriva annegato colui che mi fu guida, o come si diceva in Comunità, Angelo custode, quando io passai al Noviziato. lo trassi fuori dall’acqua, lo assolvetti, e dopo avergli rimessa l’anima con Dio, istantaneamente, come mi ero assopito, mi ridestai perfettamente sveglio. Ebbi un brivido di freddo per l’impressione, perché la cosa non mi sembrò normale. Quel mio compagno, Federico Santaniello, in realtà aveva apostatato ed era andato in America. Io avevo pregato il Signore che, prima che fosse morto, mi avesse concesso di rimetterlo in grazia sua. ora, dopo che mi successe questo che ho narrato, seppi che veramente era morto. Anzi, quando andai a Rossano, un contadino che ritornava dall’America, assicurava di avermi visto lì. Io in America non ci sono stato mai; né so, né posso assicurare che il Signore mi ci avesse portato per salvare quell’anima».

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