La chiave nel Capitolo XVI della “Regola non bollata”, quando san Francesco ricorda ai frati che il primo modo di comportarsi tra gli infedeli è che «non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio».
È stato appena divulgato il testo di Fratelli tutti – l’enciclica sociale che ieri pomeriggio Papa Francesco ha firmato ad Assisi, sulla tomba del Poverello – e c’è da scommettere che parta a breve il consueto carosello di titoli e titolini faziosi: il documento è lungo e vario, sì, ma non particolarmente, né può dirsi “complesso” nel senso di “difficile” – è insomma perfettamente alla portata di chi voglia onestamente leggerlo e capirlo.
“…di buona volontà”
I famosi “uomini di buona volontà”, insomma: sono dodici anni che la nuova traduzione liturgica preferisce tradurre “amati dal Signore” invece che “di buona volontà” (a meglio esplicitare che la “volontà buona”, presente nel testo, è del Signore e non degli uomini), ed entro Pasqua la variante sarà obbligatoria in tutte le chiese italofone di rito romano nel mondo… eppure il modo di dire è così radicato che nella stessa Fratelli tutti Papa Francesco usa quattro volte l’espressione “di buona volontà” per alludere a persone che, magari senza credere in Cristo o in Dio, tuttavia non ricusano di indagare con onestà intellettuale (donde la “buona volontà”) le condizioni del buon vivere comune, a partire dal Mistero che fa da orizzonte all’intera esistenza.
L’uso comune ha il suo perché: ogni strumentalizzazione faziosa – polemica o lusinghiera che sia – ce lo ricorda. Si troveranno titoli su:
- l’appello del Papa a fluidificare le migrazioni
- l’invito di Francesco alla riforma dell’Onu
- l’esortazione del Pontefice all’abrogazione mondiale della pena di morte
- la condanna del Santo Padre per ogni guerra e l’esclusione della possibilità che ne esista qualcuna giusta.
Si sceglie dunque qualche paragrafo e lo si usa – un po’ per enfatizzare e attrarre lettori, un po’ per ottenere qualche più o meno congruo scopo. Negli Stati Uniti (e non solo), ad esempio, i liberals prenderanno i paragrafi sulla pena di morte e sul disarmo e ne faranno una clava contro il GOP, mentre i repubblicani, forti del mandato meno guerrafondaio degli ultimi decenni, s’intesteranno i passaggi sul no alla guerra e tenteranno di capitalizzarli nell’ultimo mese di campagna elettorale. Un po’ dappertutto si cercherà di strattonare “a destra” il documento sottolineandone le parti contro il relativismo e a favore della legge morale naturale, e viceversa di stornarlo “a sinistra” valorizzando ad esempio l’esplicita subordinazione (peraltro tradizionale) della proprietà privata alla destinazione universale dei beni.
Una menzione a parte – e la palma della “cattiva volontà” – meritano i free climbers della critica ai documenti pontificî, che da qualche tempo in qua si stanno specializzando nel criticare non quello che c’è scritto (poco o molto, buono o cattivo che sia), ma quello che vi manca stando al loro arcano giudizio. Si parla poco di aborto e di eutanasia? Di celibato sacerdotale? Di adorazione eucaristica? Di rosario? Si sceglie un punto immaginario (mai a caso!) fuori dalla squadratura data e di là si parte per inventare. C’è di tutto, insomma.
Le ambiguità intrinseche della “sottomissione”
Un dettaglio che ci sembra, fra gli altri, meritevole di essere evidenziato, è la particolare tornitura che il Papa, nel corso del testo, propone per il concetto di “sottomissione”. Evidentemente ancipite in sé, anche in Fratelli tutti la categoria torna in due declinazioni fondamentali.
Quanto all’accezione “negativa”, è forte lo stigma con cui il Papa venuto “dalla fine del mondo” condanna a più riprese le “colonizzazioni ideologiche”. Si legge infatti:
«Se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre, non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi fare solo quello che lui vi dice? Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani. È così che funzionano le ideologie di diversi colori, che distruggono (e de-costruiscono) tutto ciò che è diverso e in questo modo possono dominare senza opposizioni. A tale scopo hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza spirituale e umana che è stata tramandata attraverso le generazioni, che ignorino tutto ciò che li ha preceduti» [Christus vivit 181]. […]
Cerchiamo gli altri e facciamoci carico della realtà che ci spetta, senza temere il dolore o l’impotenza, perché lì c’è tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. Le difficoltà che sembrano enormi sono l’opportunità per crescere, e non la scusa per la tristezza inerte che favorisce la sottomissione. […]
In ogni modo occorre «stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate» [Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (11 gennaio 2016), AAS 108,122]. […]
La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno» [Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014), AAS 106,858)]. […]
Mi permetto di ribadire che «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientismo della tecnocrazia» [Laudato si’ 189] […].
Francesco, Fratelli tutti 13.78.132.168.177
Questa “sottomissione negativa” è composta, come si vede, di due momenti: quello in cui dei popoli predominanti assoggettano culturalmente popoli subalterni; e quello in cui gli stessi popoli assoggettanti si assoggettano a un’idea (ed è qui il caso di ricordare che “idea” condivide la radice etimologica con “idolo”) a immagine della quale tentano di rendere il modo e loro stessi.
C’è però un’altra sottomissione, anch’essa composta da due fattori perché speculare a questa (anzi, più antica perché genuinamente archetipica): verso la fine del documento il Papa enuncia il “momento immanente” (ossia quello metafisico e fondativo), mentre proprio nei primi paragrafi aveva già enunciato il “momento economico” (cioè quello pratico e relazionale). Li presento tuttavia, per coerenza con quanto fatto finora, nella loro progressione testuale:
Ci colpisce come, ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede. […]
È possibile prestare attenzione alla verità, cercare la verità che risponde alla nostra realtà più profonda? Che cos’è la legge senza la convinzione, raggiunta attraverso un lungo cammino di riflessione e di sapienza, che ogni essere umano è sacro e inviolabile? Affinché una società abbia futuro, è necessario che abbia maturato un sentito rispetto verso la verità della dignità umana, alla quale ci sottomettiamo. Allora non ci si asterrà dall’uccidere qualcuno solo per evitare il disprezzo sociale e il peso della legge, bensì per convinzione. È una verità irrinunciabile che riconosciamo con la ragione e accettiamo con la coscienza. Una società è nobile e rispettabile perché coltiva la ricerca della verità e per il suo attaccamento alle verità fondamentali.
Ivi, 3.207
Il secondo dei due paragrafi – di sapore fortemente ratzingeriano! – spiega la riflessione a cui il Papa è giunto partendo dallo stupore di fronte alla testimonianza francescana, e ne motiva la ratio: proprio in tempo di crociate un ex cavaliere di ventura raccomanda ai suoi frati – fratelli – di essere «soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio» ([Francesco di Assisi, Regola non bollata 16,3.6] in Francesco, Fratelli tutti 3).
La fraternità precede e fonda la reciprocità (e non viceversa)
E trapela dalle pagine francescane del Papa gesuita il senso di quel “superamento della politica della reciprocità” che già dalla Dichiarazione di Abu-Dhabi s’intravedeva: non si tratta di una negazione, né di un giudizio di non-opportunità. Lo si capisce bene nel paragrafo dedicato al motto della République francese (e dell’occidente moderno):
Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore.
Ivi, 103
La fraternità dunque non pretende affatto di sostituire la reciprocità, ma anzi la precede e la fonda. Superare la “politica della reciprocità” significa non proporsi più (ove mai lo si sia effettivamente e fino in fondo fatto) che non si può partire in una relazione di convivenza pacifica fino a quando non si siano stipulate delle garanzie in merito alla reciprocità dei diritti. Così non si comincia mai e si resta perpetuamente in uno “stallo alla messicana”: la fraternità rompe invece le righe gettando il cuore oltre l’ostacolo.
O per dirla con un versetto veterotestamentario che mi ha stupito non trovare citato (anche perché su di esso si appuntano alcune delle pagine più alte di Agostino nello scisma donatista):
A coloro che vi dicono: «Non siete nostri fratelli»
rispondete: «Siete nostri fratelli».Is 66,5 (LXX)