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Francisca Josefa del Castillo, la grande mistica colombiana

FRANCISCA JOSEFA
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Sandra Ferrer - pubblicato il 02/10/20
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Una delle autrici mistiche più rispettate dall’America colonialeA cavallo tra il XVII e il XVIII secolo ha vissuto in Colombia una scrittrice eccezionale, considerata una delle grandi mistiche del suo tempo e una delle scrittrici di riferimento della letteratura ispanica coloniale insieme a suor Juana Inés de la Cruz o all’inca Garcilaso de la Vega.

Si chiamava Francisca Josefa de la Concepción del Castillo y Guevara, ed era nata a Tunja, che all’epoca faceva parte del viceregno di Nueva Granada, il 6 ottobre 1671. Suo padre, di origine spagnola, era arrivato in terra americana un decennio prima della sua nascita per assumere l’incarico di teniente corregidor y alcalde mayor de minas, compito concesso dal re di Spagna.

Sposato con María Guevara Niño y Rojas, la coppia diede vita a una famiglia dalla profonda fede cristiana con vari figli, tra cui la piccola Francisca, una bambina timida che rifuggiva dalla gente e amava la solitudine, come lei stessa spiegava nella sua autobiografia: “Quanto mi farebbero bene il ritiro, l’astrazione e il silenzio nella vita mortale, e quanto sarebbero pericolosi per me la frequentazione e la conversazione umana, come ho sperimentato fin dai primi passi della mia vita, e lo piango, anche se non come dovrei”.


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Fu sua madre, che descrisse come “timorosa di Dio, amica dei poveri e nemica di vanità, abbellimenti e intrattenimenti”, a insegnarle a leggere, avvicinandola ai testi sacri e a due donne che tempo dopo sarebbero diventate la fonte di ispirazione della sua opera mistica, suor Juana Inés de la Cruz e Santa Teresa di Gesù: “Provavo un grande desiderio di essere come una di quelle monache, e cercavo di fare qualche penitenza, di recitare delle devozioni”.

Francisca crebbe in un ambiente familiare caratterizzato dall’amore e dalla pietà, e iniziò presto a sentire il desiderio di abbracciare la vita religiosa. “Mi vennero una determinazione e un’ansia tali di imitare i santi!”, scrisse.

A 18 anni decise di prendere l’abito. Il luogo scelto fu il convento di Santa Clara la Real della sua città natale, in cui si preparò per due anni come secolare e altri due come novizia, fino a fare la professione come religiosa clarissa il 24 settembre 1694.

“Avevo portato un’immagine di Nostro Signore con la croce sulle spalle, e mi colpivano tanto le parole ‘Non lasciarmi solo su questa croce’ che scoppiavo a piangere, dicendo: ‘Non ti lascerò, Dio mio’, e mi proponevo con tutte le forze di prendere l’abito e di professare e morire qui”.

In convento, suor Francisca svolse vari compiti all’interno della sua comunità, tra cui quello di maestra delle novizie e di sagrestana, e dedicava buona parte del suo tempo a pregare, a perfezionare il suo latino e a immergersi nella lettura di opere mistiche e di preghiera. La religiosa si guadagnò presto il rispetto delle sue consorelle, che la elessero badessa ben quattro volte.

“Nostro Signore mi ha donato amore e conoscenza dei tanti e grandi santi che c’erano in questa santa religione […]. Ho capito come i santi nella gloria siano uniti in Dio, e tutti siano uno spirito con Lui, e tra loro, sempre di più, in base all’amore più grande che nella vita mortale hanno provato per Dio, e a quello che hanno fatto per Sua Maestà: lì non c’è differenza di abitudini, né ci sono le cose materiali che esistono sulla Terra; chi assomiglia di più ai santi fondatori nello spirito e nel rispetto dei voti è più vicino a loro, e più amato da Dio”.

Nella sua intensa vita a Santa Clara la Real, suor Francisca affrontò l’intenso compito di scrivere i suoi sentimenti mistici e d’amore per Dio, impresa promossa dai suoi confessori, che allontanarono da lei la paura di aver ricevuto quelle esperienze dal diavolo. Suor Juana arrivò a scrivere poesie, testi spirituali e un’autobiografia nel corso di una vita terminata nel 1742, a 71 anni.


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Ancora oggi gli amanti della mistica continuano a commuoversi per la sua opera. La sua cella nel convento de Santa Clara la Real di Tunja, un piccolo spazio con vista su un orto e sulla cappella, riceve moltissimi visitatori che ammirano la sobrietà del luogo che ha accolto una delle personalità più amate del suo tempo.

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