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4 consigli per un parto cesareo d’emergenza comunque positivo

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Il Parto Positivo - pubblicato il 02/10/20
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Il cesareo è un miracolo incredibile: poter aprire la pancia di una donna viva per estrarre il suo bambino è qualcosa di epico davanti a cui inchinarsi con gratitudine. Ma aprire la pancia di una donna viva per estrarre il suo bambino come conseguenza di un’assistenza subottimale, quello non è epico affatto.Questo post è scritto e pensato per le mamme in attesa. Se sei già mamma e se il tuo bambino è nato con un cesareo di emergenza c’è la possibilità che le nostre parole spostino gli spigoli di qualche emozione (sappiamo bene che quando si parla di parto si fa presto a essere elefanti in una cristalleria). Se sei felice del tuo parto, usa il tempo che spenderesti a leggere questo post facendo altro (ad esempio leggi i nostri #freshfromthelab sullo sviluppo del tuo bambino!); se invece per caso non ripensi a quel momento con gioia, cerca il supporto di persona: con una buona amica, o un’ostetrica o una psicologa. Noi scriviamo proprio pensando a chi in sala parto deve ancora entrare, nella speranza che ogni parto sia sempre Positivo, anche in caso di emergenza.

Quando vi abbiamo parlato di appunti per un cesareo positivo abbiamo scelto di iniziare dal cesareo programmato. Ci siamo concentrate sui 3 aspetti fondamentali, a nostro avviso, perché un cesareo programmato sia vissuto e trattato come il miracolo che ogni nascita è: 1) Un Cesareo Positivo è innanzitutto, un cesareo necessario. 2) Un Cesareo Positivo è gentile con il bambino e mette la famiglia al centro. 3) Un Cesaro Positivo non mette la testa sotto la sabbia.

Certamente, gli stessi punti valgono per un cesareo di emergenza, ma c’è qualcosa di più profondo e sottile in questo scenario.

Per sua natura, un cesareo di emergenza accade in maniera inaspettata ed è questo elemento di inatteso e imprevedibile quello che più impatto ha sull’esperienza fisica e emotiva di tutti i coinvolti. È sempre questo elemento quello che sotterraneo e subdolo striscia sotto le nostre paure: perché di storie di cesarei di emergenza ne abbiamo sentite tutte. E tante. E il timore che qualcosa possa andare storto in maniera imprevista e imprevedibile ci accompagna quasi sempre, in modo più o meno esplicito.



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E allora cosa possiamo fare noi, quando succede qualcosa? Fino a che punto c’è ancora qualcosa che dipende da noi? Cosa rende un cesareo d’emergenza un cesareo positivo? Secondo noi, ai 3 punti già validi per il cesareo programmato, nel caso di un cesareo di emergenza bisogna aggiungerne un quarto, davvero essenziale.

Un cesareo di emergenza è positivo quando sappiamo che era davvero inevitabile. Non solo necessario, ma inevitabile. E non è la stessa cosa. Un cesareo di emergenza può essere necessario senza che sia stato davvero inevitabile.

Cronache di cesarei annunciati se ne sentono ogni giorno. Quei cesarei d’emergenza che si finisce con l’accogliere credendo di aver scampato un pericolo senza aver riconosciuto il momento in cui si accoglieva a braccia aperte come un ospite di riguardo la tigre dai denti a sciabola. Sono i cesarei più perfidi: quelli che possono diventare traumi che non si osa confessare (“di cosa ti lamenti, tu il bambino siete vivi!?”); quelli che lasciano l’ombra del “forse avrei potuto… forse avrei dovuto”; i cesarei più subdoli, perché tornano a mordere alla gravidanza successiva, quando magari si approfondiscono certi temi e si finisce col dire “se solo lo avessi saputo prima…”. Ecco, di quei cesarei lì sarebbe ora di smettere di sentire parlare.

Il cesareo è un miracolo incredibile: poter aprire la pancia di una donna viva per estrarre il suo bambino è qualcosa di epico davanti a cui inchinarsi con gratitudine. Ma aprire la pancia di una donna viva per estrarre il suo bambino come conseguenza di un’assistenza subottimale, quello non è epico affatto.

La correlazione tra tasso di cesarei e vite salvate c’è, è vero: quando si raggiunge il 10/15% di cesarei, il tasso di mortalità diminuisce. Eppure non diminuisce più quando si supera quella soglia (studi dell’OMS). Come a dire, più cesarei non vuol dire necessariamente più vite salvate.


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Gli esempi più frequenti di cronache di cesarei annunciati sono quelli di induzioni in cui al marito è chiesto di tornare a casa; induzioni che poi stentano a partire (ma dai? Una donna che non si sente protetta e magari è anche spaventata dall’induzione non entra in travaglio? Che strano!) e dopo ore – se non giorni- di sofferenza finiscono in sofferenza fetale. Cronache di cesarei annunciati sono quelli in cui le interruzioni sono continue, il cambio di personale gestito senza transizione, la mamma spaventata e il bambino in sofferenza. Cronache di cesarei annunciati sono quelle dei bambini incastrati nel canale del parto di mamme circondate da sconosciuti con la luce accesa; quelle di epidurali offerte pietosamente alla donna che aveva detto chiaramente di voler fare da sola ma non aveva confessato la paura degli aghi. E l’elenco è ancora lungo. (La bellissima Associazione Innecesareo non avrebbe ragione di esistere altrimenti.)

Quando il bambino va in sofferenza fetale, non lo fa a casaccio. La sofferenza del bambino è reale: ma è anche strettamente collegata all’ambiente, che nel suo caso è la sua mamma, al cui sistema chimico (quindi emotivo) il bambino è indissolubilmente collegato. L’adrenalina della mamma è adrenalina per il bambino: la paura della mamma è paura del bambino. Cosa fa il nostro corpo quando rilasciamo adrenalina? Si prepara a fronteggiare un pericolo (reale o immaginario non fa differenza, il corpo reagisce allo stesso modo). E per farlo, quel cervello che non risponde alla logica ma all’istinto, manda il sangue dove serve, cioè alle estremità: per fuggire o combattere. Nel caso del bambino non è diverso: solo che per lui fuggire e combattere non sono un’opzione. Lui pompa il sangue all’organo più importante, il cervello. In base alla quantità di storie di parto che abbiamo sentito, possiamo dire con certezza (e con immenso dispiacere) che molte sofferenze fetali hanno reso un cesareo di emergenza necessario, certo, senza che mai sia stato inevitabile.

Un’assistenza dolce, rispettosa, fisiologica protegge al 100% dal rischio di un cesareo di emergenza? Certamente no. Ma quel rischio lo riduce, e lo riduce drasticamente. E se sulla nostra strada c’era un cesareo d’emergenza davvero inevitabile, lo avremo accolto con la gratitudine che ogni miracolo si merita.

Una mamma informata in sala parto e un’assistenza davvero rispettosa al travaglio sono i primi veri strumenti di prevenzione e, precisamente, i punti tuttora deboli di molti contesti assistenziali in Italia oggi.

L’intervento di emergenza è positivo quando sappiamo che tutto quello che si poteva fare per prevenirlo è stato fatto.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG IL PARTO POSITIVO

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