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La lotta di una coppia con due figli affetti da schizofrenia

DEPRESSION
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Mathilde De Robien - pubblicato il 30/09/20
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La testimonianza di Philippe e Charlotte, che prima si sono sentiti impotenti e poi hanno scoperto un tesoro nella malattia dei loro figliPhilippe e Charlotte Franc, entrambi di 80 anni, genitori di quattro figli e nonni di nove nipoti, offrono oggi la testimonianza di tutta una vita. Una vita segnata da tante difficoltà e caratterizzata dalla malattia mentale del figlio Benoît e della figlia Brigitte, entrambi affetti da una schizofrenia diagnosticata loro quando avevano rispettivamente 15 e 24 anni.

In questi anni difficili, hanno provato a “risvegliare il loro cuore a queste angosce sconosciute”, come dicono con delicatezza. Una scommessa che hanno affrontato con immensa energia, dispiegata soprattutto in associazioni che si dedicano alle malattie mentali, come Unafam e Relais Lumière Espérance, nelle quali sono stati coinvolti per molti anni.

Philippe e Charlotte hanno appena diffuso una testimonianza magnifica nel libro L’espérance est un chemin escarpé (“La speranza è un cammino in salita”), pubblicato l’11 settembre dalla casa editrice francese Mame.

Attraverso la vostra testimonianza volete spezzare il silenzio che circonda le malattie mentali. Cosa deve sapere la società?

Charlotte Franc: Anche se qui in Francia la disabilità provocata da una malattia mentale è stata riconosciuta ufficialmente nel 2005, grazie a Jacques Chirac, che ha dovuto affrontare i disturbi di sua figlia, al giorno d’oggi c’è ancora una grande ignoranza nei confronti di questo tipo di malattie. Si continuano ad assimilare all’immagine del lunatico o del “pazzo pericoloso”, trasmessa forse dalla stampa quando si parla dei rari atti di violenza commessi da persone con malattie mentali.

La realtà, però, è che è molto più frequente che i malati mentali siano oggetto di scherno, rifiuto e a volte perfino violenza. È vero, le malattie mentali sono difficili da capire e fanno paura. Quando la ragione non è più capace di gestire le situazioni, le emozioni, e questo provoca comportamenti imprevedibili e incontrollabili è inquietante, è vero, ma non per questo bisogna abbandonare queste persone come rifiuti della società!

Sembra che le disabilità intellettive ottengano sempre più riconoscimento. Che differenza c’è con le malattie mentali?

Charlotte Franc: La disabilità intellettiva è caratterizzata da una mancanza intellettiva stabile, che spesso suscita compassione. Non richiede necessariamente un trattamento farmacologico. La malattia mentale non altera le capacità intellettive, influendo sul comportamento. Una persona con una malattia mentale ha bisogno di un trattamento con farmaci e terapia psicologica. Il suo comportamento è imprevedibile, e quindi sconcertante per gli altri. Non suscita facilmente benevolenza. Ricordo un giorno in cui Benoît doveva giocare una partita ma è stato assalito da un’angoscia molto forte e non è riuscito a uscire dal letto. I suoi compagni di squadra non lo capivano e lo hanno rimproverato molto, e non lo hanno convocato più. La malattia mentale non si vede a prima vista. I cambiamenti d’umore, le ossessioni, l’angoscia, non si individuano immediatamente, ed è questo che rende tanto difficile il loro riconoscimento.

Nel vostro libro dite che il Signore vi invita a vedere nei vostri figli con difficoltà dei tesori nascosti; quali sono?

Philippe Franc: Benoît e Brigitte prestano un’immensa attenzione alle persone più fragili di loro o che hanno delle difficoltà. Ricordo che durante una delle crisi peggiori di Benoît, quando stava davvero male, ha offerto delle ostriche a un senzatetto con il poco denaro che aveva appena guadagnato con difficoltà. Una forma di generosità che supera positivamente la ragione.

Charlotte Franc: Quanto a Brigitte, ha il dono della scrittura, e ricorre alla penna ogni volta che qualcuno si sente male. Nasconde tesori di amabilità, di servizio, di delicatezza. Tutto questo è intatto in loro. Anche la fede di Brigitte è impressionante. Anche se può passare da un’idea all’altra nella stessa frase, ha lasciato senza parole il nostro gruppo di riflessione sulla Bibbia per la sua comprensione della Parola di Dio.

Philippe Franc: “Beati i puri di cuore”! È come se avesse un accesso spontaneo e intuitivo alla Parola di Dio. Le sue intenzioni vengono dal profondo del cuore. Entrambi hanno una grande umiltà, a volte accompagnata da una dolorosa lucidità. Brigitte parla spesso di quello che faceva prima: lavorare, guidare… Benoît ha grandi capacità intellettive.

Raccontate momenti molto difficili in cui i vostri figli sono stati in pericolo. Cosa vi dà la forza per andare avanti?

Charlotte Franc: Sono arrivata ad essere del tutto spezzata, inerme, di fronte a comportamenti sconcertanti. La mia fede è quello che mi ha permesso di andare avanti. A volte non sapevo a che santo votarmi! Questa esperienza di impotenza totale è quella che mi ha fatto volgere a Dio e dirgli: “Signore, illuminaci, dicci cosa fare!” E devo molto anche a tutti i nostri amici, che ci hanno sostenuto, che hanno accolto i nostri figli in casa propria…

Philippe Franc: All’inizio è stato l’accompagnamento dello psichiatra, che ha gettato una luce su un periodo in cui non capivo niente. Poi, quando mi sono coinvolto in Relais Lumière Espérance, la Parola di Dio mi è risultata vicina, mi ha donato un’autentica consolazione, un aiuto per vivere situazioni impossibili. Sono state quelle parole, quelle preghiere, quelle riunioni, che erano come doni, doni di grazie. Oggi i nostri figli ricevono un trattamento e le loro condizioni sono stabili. Benoît è sposato ed è padre, Brigitte riceve cure in un centro specializzato. Dovete esseere orgogliosi del cammino percorso.

Charlotte Franc: Orgogliosi di loro, non di noi! Vedo tutto quello che hanno superato, quello che continuano ad affrontare, Benoît con la sua intelligenza e la sua umanità, Brigitte con la sua fede e il suo candore. Orgogliosi di noi no, è difficile da dire, sono sempre presenti i nostri vecchi demoni, il senso di colpa che corrode: avremo fatto abbastanza per loro? Abbiamo curato a sufficienza gli altri nostri due figli che non erano malati? Il loro sguardo sulla fragilità umana si è sicuramente arricchito, ma hanno senz’altro subìto la nostra relativa mancanza di disponibilità nei loro confronti.

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