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Riflettiamo sulla fratellanza con lo sguardo rivolto ad Assisi

Assisi, Italy
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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 29/09/20
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È attesa per domenica 4 ottobre 2020 la firma della nuova enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”, che si rifà apertamente a un testo del Poverello. Tralasciando le sterili polemiche che ancora in questi giorni distraggono dal tema proposto, sfruttiamo un utile sussidio prodotto da La Civiltà Cattolica per riprendere le fila del discorso, a partire dal Documento di Abu Dhabi ma non solo, risalendo cioè le correnti della Tradizione fino al Vaticano II e alle Scritture.

La penultima settimana di attesa prima dell’enciclica Fratelli tutti, che il Santo Padre andrà a firmare ad Assisi domenica prossima, 4 ottobre, festa del Poverello di Assisi, è stata funestata da una surreale polemica sul titolo (incredibilmente alimentata perfino da personaggi in vista!), che suonerebbe “poco inclusivo”. È molto utile, per lasciarsi recisamente alle spalle questo chiacchiericcio, leggere quanto ha precisato Paul Freeman sul portale IlCattolico.it:

Da ricordare che negli scritti di san Francesco “Dominus” ricorre 410 volte e “frater-fratres” 306 volte.

Ed è vero il termine “sorelle” ricorre molto meno, ma per il semplice motivo che le sorelle, per Francesco, sono “madri” e come tali generano come Maria.

Così il poverello vedeva Chiara, Frate Jacopa e ogni donna.

E non per proiezione ma per sapienza.

A tal proposito potremmo dire, con lo stile grato, nudo e reso di Francesco, “il Signore mi diede delle sorelle, anzi delle madri”.

Molti i fratelli ma poche le madri.

Importantissimi i fratelli, ben più importanti le madri alle quali viene consegnata una moltitudine di fratelli.



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Aspettando Fratelli tutti con La Civiltà Cattolica

È cominciata invece da due giorni la settimana che culminerà nella firma dell’enciclica del Papa, e perché l’attesa sia sfruttata utilmente La Civiltà Cattolica ha reso gratuitamente disponibile (fino al 15 ottobre) la versione digitale dell’undicesimo volume della collana Accènti, significativamente intitolato “Fratellanza”: in 234 pagine vengono raccolti e proposti in una nuova, significativa, silloge editoriale contributi sparsi nel vastissimo archivio della Rivista più antica d’Italia più di venti importanti testi. Articoli dall’archivio, ma non solo: dopo la dozzina di testi del Collegio degli Scrittori de La Civiltà Cattolica (tra cui si segnala eccezionalmente un paio di inediti), si trovano cinque discorsi di papi (non solo Francesco) e imam, seguiti da cinque testimonianze.



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Il Documento sulla “fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” campeggia sul finire della sezione “Documenti”, il che era lecito aspettarsi, e questa sua collocazione quasi defilata spiega come – se è vero che quello è forse il testo di cui si parla di più in quasi tutti gli altri contributi – il volume non si concepisca (e non debba essere letto) a mo’ di celebrazione di quel documento, il quale anzi appare piuttosto come un momento (importante) di una manovra tanto più vasta e complessa. Né quel testo, firmato dalla massima autorità cattolica e da una delle massime dell’islam sunnita, è infatti una mera questione di “dialogo islamo-cristiano”, né l’Alto Comitato per la Fratellanza umana (che patrocina il volume) è concepito quale organismo statico. Scrive infatti il direttore Antonio Spadaro nella Presentazione:

Con il progredire delle attività internazionali del Comitato, i suoi membri includeranno col tempo leader di altre fedi, confessioni e credenze. Esso aspira ad affrontare le sfide complesse che le comunità di tutte le fedi devono fronteggiare, con un approccio dettato da uno stile di apertura, apprendimento e dialogo.

Antonio Spadaro, Presentazione, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 10

Già nella Prefazione, a firma del Card. Miguel Ángel Ayuso Guixot (presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nonché del Comitato), si era letto:

Non è infatti un caso che il Santo Padre, durante il Suo Viaggio Apostolico in Thailandia e in Giappone (19-26 novembre 2019), abbia voluto condividere i temi presenti nella Dichiarazione di Abu Dhabi e fare riferimento ad essa. Ad esempio, durante la visita in Thailandia, papa Francesco, regalando al Patriarca buddista una copia della Dichiarazione sulla fratellanza umana, ha auspicato che fra i fedeli delle due religioni, cristianesimo e buddismo, si lavorasse insieme a iniziative concrete sulla via della fraternità […]. |

Ecco quindi che il testo della Dichiarazione di Abu Dhabi si va facendo sempre più strada anche al di là delle relazioni tra cristiani e musulmani.

S.E. Miguel Ángel Ayuso Guixot, Prefazione, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 2-3

Un dialogo che si allarga sempre di più

Insomma si è occasionalmente partiti da un importante momento di dialogo islamo-cristiano, ma l’ambizione è quella di estendere il discorso ad ogni fedele di tutte le religioni, in un primo momento, e quindi pure agli “uomini di buona volontà” (senza scordare che – come adesso anche il Messale impone – la “buona volontà” è sempre e comunque quella di Dio, anche per i non credenti). Se dal punto di vista teologico ciò si fonda con il riferimento alla “comune origine” in Dio – cosa che non fa problema ad alcun uomo religioso –, la novità del processo in corso sta sul piano politico, ove si opera «un balzo al di là del principio di reciprocità che a lungo ha connotato il rapporto tra le religioni» (p. 5): bando alla tregua armata che poi è guerra fredda, il cui motto recita “io ti do se anche tu mi dài”, la Chiesa sta tentando di battere la strada del “vengo io da te perché siamo fratelli”.

Condizione per la salvezza – anticipava Saverio Corradino nel primo dei due contributi biblici raccolti nel volume – è l’appartenere al popolo di Dio. Un’appartenenza reale, e non puramente carnale […]. Ma una parentela effettiva, anche lontanissima, nel Nuovo Testamento è quella che lega tutti gli esseri umani al Messia d’Israele, incorporati a lui nel suo Spirito: l’indiscernibile parentela che discende dall’incarnazione del Verbo.

Saverio Corradino, La fratellanza nell’Antico Testamento, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 29-40, 36



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Il gesuita commentava in quell’articolo il libro di Tobia, che «è frutto di un lungo cammino in avanti, verso quella meta finale della salvezza veterotestamentaria che è l’umanità del Figlio di Dio» (40): in quello che del primo segna il naturale sviluppo egli affastella invece numerosi brani neotestamentari (anche se prevale Luca), al punto che stentano a emergere delle considerazioni complessive. Si legge però in merito alla inevitabile “parabola dei due figli”:

[…] Viene anche indicata la radice ultima della singolarità della condizione di fratello, il motivo che la rende così carica di implicazioni spirituali: la povertà. Essere fratelli significa ritrovarsi sensibilmente nella nudità iniziale in cui si è nati, in quel bisogno di tutto, in quel ricevere tutto gratuitamente, per puro amore. Una nudità che è l’esperienza primaria in cui si visibilizza e si esprime il nostro rapporto con Dio Padre.

Saverio Corradino, I figli dell’unico Padre: il Nuovo Testamento, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 41-50, 45



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Sarebbe stato ancora padre Spadaro, tornando nel libro con un contenuto prodotto a ridosso della Dichiarazione di Abu Dhabi, a ricordare il portato della sfida teologico-politica a cui già facevamo riferimento sopra:

Il riconoscimento della fratellanza cambia la prospettiva, la capovolge e diventa un forte messaggio dal valore religioso, ma anche politico. […] Scompare […] l’idea di “minoranza”, che porta con sé i semi del tribalismo e dell’ostilità, che vede nel volto dell’altro la maschera del nemico. Così, da una parte, il mondo islamico esprime una migliore comprensione della modernità; dall’altra, il messaggio assume rilevanza globale: in un tempo segnato da muri, odio e paura indotta, queste parole capovolgono la logica del con|flitto necessario.

Antonio Spadaro, Abu Dhabi, “Sentinelle di fraternità nella notte”, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 67-77, 73-74



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Felix Körner ha offerto a seguire una riflessione sul lignaggio cattolico (e sulle sue peculiarità) del concetto di “fraternità”, a partire dalla Pacem in Terris, dalla Nostra Ætate e dalla Gaudium et spes:

Da allora in avanti, la “fratellanza” ha assunto un ruolo di categoria orientative nella dottrina sociale cattolica, spesso accanto alla “solidarietà”, come suo concetto apparentato, più facile da giustificare sotto il profilo teologico.

Giovanni Paolo II ha affermato a Parigi che quello della fraternità non è affatto un retaggio esclusivo dell’Illuminismo. Ha sottolineato il rango elevato che “libertà, uguaglianza e fraternità” hanno nella cultura francese, per poi aggiungere: «Au fond, ce sont-là des idées chrétiennes» [«In fondo queste sono idee cristiane», N.d.R.].

Felix Körner, Una riflessione sul Documento di Abu Dhabi, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 90-104, 93


Pope Audience
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La traccia giampaolina sarebbe stata indagata e sviluppata a fondo da José Luis Narvaja, e anzi rileggendo il suo articolo (comparso originariamente nel 2018) torna a mente che l’isteria di certi segmenti ecclesiali sul preteso sessismo del termine “fraternità” non è nuova e non è priva di epigoni nell’ordine pubblico:

Di recente, in Francia – ricordava infatti il gesuita –, l’Alto consiglio per l’uguaglianza tra le donne e gli uomini (Che), in vista dell’annunciata revisione della Costituzione, ha proposto di sostituire, nel motto nazionale della Repubblica, la parola fraternité con adelphité, parola che deriva dal greco e che significa “fraternità”, ma privata della connotazione maschile, propria del termine precedente. Altri, per evitare il neologismo, propongono semplicemente solidarietà. E le polemiche […] non si sono fatte attendere.

José Luis Narvaja, “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”, in Antonio Spadaro e Simone Sereni (edd.), Fratellanza, Roma 2020, 153-158, 153

Ovviamente l’Eliseo non ha dato seguito a tali rivendicazioni, anzi può essere utile ricordare (benché ciò esuli dai contenuti del volume) che sullo stesso sito dell’Eliseo si riporta di tutt’altre resistenze – per noi interessantissime – riguardo alla fraternità:

È […] dato osservare ancora qualche resistenza, anche tra i partigiani della République: la solidarietà è talvolta preferita all’uguaglianza, che implica un livellamento sociale, e la connotazione cristiana della fraternità non raccoglie adesioni unanimi.

Ha ragione Giovanni Paolo II, lo dicono i francesi anticlericali e lo conferma l’Eliseo: sono concetti cristiani – e specialmente la fraternità, stando a quel francese di Henri Bergson citato da Narvaja.

Si può dire, riprendendo una simpatica espressione di Henri Bergson, che libertà e uguaglianza «sono due sorelle che litigano» e che alla fine hanno bisogno di qualcuno che le accordi tra loro. È questa la funzione della fraternità. Quegli ideali, desiderati a lungo e raggiunti dopo molte sofferenze, hanno prodotto in realtà nuove forme di disuguaglianza e di schiavitù, a causa della mancanza della funzione regolatrice della fraternità, a lungo trascurata. Il problema cruciale è che le forme autentiche di fraternità scaturiscono “dal basso”, da coloro che si sentono fratelli ed esprimono tale relazione in un’uguaglianza e una libertà rispettose delle differenze e dei bisogni dell’altro.

Ivi, 154

Nelle ultime venti pagine del documento vengono raccolte alcune “testimonianze” rilasciate da esponenti di alcuni culti non-cristiani e perfino non-abramitici: induisti, buddhisti e sikh raccolgono insieme con gli ebrei la proposta che un autorevolissimo cattolico (il Papa) e un autorevolissimo musulmano (l’imam di Al Azhar) hanno lanciato a tutta l’umanità. Ora Francesco si dirige ad Assisi – la città del Poverello, certo, ma pure quella dei famosi (e famigerati) incontri interreligiosi – per invitare tutti gli uomini che Dio ama a un momento di contemplazione ([ri]scoprirsi provenienti da Dio) che si riversi in una conversione radicale del modo di stare al mondo.

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