di padre Juan Carlos Vásconez
Poche ore prima della cerimonia della mia ordinazione sacerdotale, l’allora Prelato dell’Opus Dei ha ricordato a noi diaconi che ci stavamo preparando, che saremmo diventati sacerdoti soprattutto per avvicinare le anime a Dio attraverso i sacramenti.
Che questo era il dono più grande che Dio aveva fatto all’umanità, rendersi presente nel mondo attraverso la realtà sensibile dell’Eucaristia e la Sua misericordia nella Confessione.
Ora che in molti luoghi si è tornati ad accostarsi ai sacramenti, mi sembra fondamentale riflettere sulla loro importanza.
Anche se c’è ancora la paura del contagio ed esistono molte misure di protezione, è fondamentale parlare della necessità della grazia.
Tornare a toccare Cristo
Ricordiamo tutti il miracolo su una donna che soffriva di emorragie e si è fatta strada tra la folla per toccare il lembo del manto di Gesù.
Era convinta che Gesù fosse l’unico che poteva liberarla dalla sua malattia. Quando Gli ha toccato il mantello, il Maestro si è voltato verso di lei e l’ha guardata con tenerezza e misericordia.
È stato un incontro personale e di accoglienza, in cui ha lodato la sua fede solida, capace di superare qualsiasi ostacolo e avversità per arrivare a Lui.
La timida audacia dell’emorroissa deve servirci per “toccare” Gesù. La sua timidezza può aiutarci a non perdere il rispetto nei confronti del Santo tra i Santi, e la sua audacia ci aiuta ad accostarci più spesso ai sacramenti.
La fede unisce timidezza e audacia e si manifesta ottenendo ciò che desidera ardentemente. Non dimentichiamo che Gesù sta aspettando che Lo tocchiamo nei sacramenti con audacia e rispetto.
Credo che sia evidente che dobbiamo tornare a toccare il Signore con la fede di quella donna in tutti i sacramenti, e superare le possibili difficoltà per rendere possibile questo incontro.
Rallegra vedere come l’emorroissa racconti a tutti la sua guarigione. Potremo proclamare la gioia dei doni che ci vengono dati ricevendo con fede viva l’Eucaristia e la Confessione.
Bisogno di camminare
Pochi giorni fa il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha scritto una lettera intitolata “Torniamo con gioia all’Eucaristia!”, indirizzata ai presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo.
Il documento sottolinea l’urgenza di tornare alla normalità della vita cristiana con la presenza fisica a Messa, laddove le circostanze lo permettano.
Anche se la lettera è scritta con grande delicatezza, rivela l’intenzione di stabilire alcuni princìpi e delle linee d’azione per promuovere un rapido e sicuro ritorno alla celebrazione dell’Eucaristia, ed esorta a curare molto la liturgia e a non lasciare spazio a esperimenti rituali improvvisati.
Dalla lettera emerge anche chiaramente che anche se i mezzi di comunicazione svolgono un servizio prezioso ai malati e a chi non può recarsi in chiesa e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa in un momento in cui non era possibile celebrare in modo comunitario, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale o può sostituirla.
Al contrario, queste trasmissioni da sole fanno correre il rischio di allontanarsi dall’incontro personale e intimo con il Dio incarnato che ci si è donato in modo non virtuale ma reale, dicendo “Chi mangia la mia carne e bene il mio sangue rimane in me e io in lui”.
Tutti noi cristiani abbiamo bisogno dell’Eucaristia e della Confessione per essere coerenti con la nostra fede. La grazia santificante, che viene a noi attraverso i sacramenti, è essenziale per rendere possibile il cammino di santità.
La periodicità opportuna nella recezione dei sacramenti muove l’anima nella giusta direzione. Non è lo stesso accostarcisi di tanto in tanto che farlo in modo regolare.
Migliorare le nostre disposizioni nella recezione dei sacramenti è vivere quell’espressione tanto bella della liturgia che dice “sancta sancte tranctanda”, le cose sacre devono essere trattate santamente. È logico avere fame di avvicinarci all’altare.
Obbedienza intelligente
Poco tempo fa ho preso una multa. Un poliziotto si è avvicinato al veicolo e mi ha detto che stavo infrangendo la legge perché non usavo la mascherina.
Ero da solo e non me l’ero messa, pensando “È ridicolo farlo se sto da solo”, ma è chiaro che nella città in cui vivo le autorità hanno deciso così, che mi piaccia o no.
Se ciascuno facesse circa le cose sensibili ciò che pensa, arriveremmo al caos sociale. Alcuni userebbero la mascherina quando sono fuori casa, altri solo nei centri commerciali, i più estremisti mai.
Bisogna seguire le indicazioni di chi ci guida. È la cosa più prudente e più cristiana. Nella mia preghiera pomeridiana, con la multa in mano, ho pensato alle implicazioni dell’obbedienza.
L’obbedienza è fondamentale per far funzionare correttamente la società, ma lo è anche nella vita cristana, perché di fatto Gesù ci ha salvati per la sua obbedienza: obbediente fino alla morte, e alla morte di croce!
Un principio sicuro per non commettere errori è l’obbedienza, consiglia il cardinale Sarah, e continua: “Obbedienza alle norme della Chiesa, obbedienza ai Vescovi. In tempi di difficoltà (ad esempio pensiamo alle guerre, alle pandemie) i Vescovi e le Conferenze Episcopali possono dare normative provvisorie alle quali si deve obbedire”.
San Francesco di Sales ci dice sulla virtù dell’obbedienza: “Tutto è sicuro nell’obbedienza, e al di fuori di essa tutto diventa sospettoso. Quando Dio concede le sue ispirazioni a un’anima, la prima è quella dell’obbedienza”.
Se volete approfondire questa virtù, vi raccomando questo audio in cui affronto maggiormente questo tema così necessario ai nostri giorni.
Con la sicurezza del caso
Non è solo l’autorità a esortarci a tornare ai sacramenti, ma anche l’esperienza che abbiamo vissuto negli ultimi mesi. Un articolo recente pubblicato su RealClearScience dice che dopo migliaia di Messe in queste ultime settimane negli Stati Uniti si è confermato che il lavaggio delle mani, il distanziamento sociale e l’uso della mascherina sono molto utili per prevenire la diffusione del Covid-19.
Per vari mesi non ci si è potuto accostare regolarmente ai sacramenti, e questo può aver raffreddato molti, anche inconsapevolmente. Con la dovuta prudenza bisogna far il necessario. Si deve fare attenzione soprattutto alle persone ad alto rischio (per età, malattie preesistenti o condizioni speciali).
Se ormai andiamo al supermercato o a lavoro, sarebbe molto gradito a Dio che come l’emorroissa ci avvicinassimo a toccare il Suo manto nei sacramenti per “rubargli” la grazia e guarire.
“Non possiamo vivere, essere cristiani, realizzare appieno la nostra umanità e i desideri di bene e di felicità che albergano nel cuore senza la Parola del Signore, che nella celebrazione prende corpo e diventa parola viva, pronunciata da Dio per chi oggi apre il cuore all’ascolto” (cardinale Sarah).
Papa Francesco chiede costantemente preghiere per lui. Mi sembra la cosa più logica: pregare per chi guida. Seguiamo il consiglio di San Paolo: “Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità”.
Ciascuno valorizzi, seguendo le istruzioni dei propri vescovi, ciò che conviene maggiormente alla sua anima. Coraggio!