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Il missionario cattolico che lavora in un sottomarino

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Comunità Shalom - pubblicato il 25/09/20
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“Sul fondo del mare ho potuto vivere l’esperienza incredibile di recitare il Rosario in profondità. Ho sentito una pace e un silenzio interiore che solo chi lo ha vissuto riesce a descrivere”Il portale della Comunità Cattolica Shalom ha diffuso questo mese la testimonianza di Fabiano, brasiliano, militare, marito e padre di famiglia, che fa parte della missione di Niterói e condivide le grazie della santificazione attraverso il suo lavoro in un sottomarino.

Ecco un estratto della sua testimonianza, che si può leggere integralmente sul sito ufficiale della Comunità:

Mi chiamo Fabiano, sono consacrato al Carisma Shalom nella Comunità Aliança, sono marito di Ellen e padre di Fabian, Tobias e Benício. Sono un militare, e oggi sono in missione a Niterói (Rio de Janeiro). Nel 2012, il Signore mi ha chiamato a scoprire due vocazioni: stare in un sottomarino e Shalom. Quello che non sapevo era quanto sarebbe stato difficile dire sì a entrambe, perché per viverle bene avrei avuto bisogno di coraggio, rinuncia, disposizione e soprattutto di molto amore.

Quando sentiamo parlare del mare pensiamo sempre a un luogo profondo, oscuro e insicuro, con molte onde e tempeste, che suscita la paura di navigare, soprattutto di notte. Quello stesso mare tempestoso e di grande bellezze è una forza enorme, e non è diverso dalla nostra vita. Esistono giorni calmi, giorni di brezza dolce ma anche giornate difficili, in cui le acque si agitano e i venti sono molto forti (…).

Il sottomarino è una nave costruita per navigare sott’acqua, mantenendo la discrezione totale, potendosi posare sul fondo del mare, immergendosi a grandi profondità. La vocazione Shalom non è diversa.

Siamo chiamati a immergerci tutti i giorni in un’autentica vita di preghiera e ad avere un rapporto sponsale con Gesù, in cui, attraverso questa intimità, ci riempiamo dello Spirito Santo, riposiamo in Lui, e grazie a Lui ci distanziamo (con sicurezza) dai nostri nemici che cercano in ogni istante di sviare il nostro sguardo dalla missione che abbiamo (…).

La mia esperienza più forte è stata quella di recarmi a Montevideo (Uruguay) nel mio primo lungo viaggio a bordo del sottomarino. Ho trascorso 12 giorni immerso. Prima di partire ho guardato il calendario, ho visto quei 12 giorni e ho pensato: Dio mio, come andrà? Ma eccomi qui, tutto per il mio servizio alla Patria. Ho portato il mio quaderno di preghiere, la mia Bibbia e il mio rosario, e grazie a Dio è andato tutto bene. Ricordo che verso il sesto giorno ci siamo posati sul fondo del mare, dove ho potuto vivere un’esperienza incredibile, recitare il Rosario in profondità. Ho sentito una pace e un silenzio interiore incredibile che solo chi ha vissuto questa esperienza riesce a descrivere.

Quando è scesa la notta ho iniziato a recitare di nuovo il Santo Rosario. Ho sentito subito il canto delle balene e i banchi di pesci col sonar, e sentendo quei suoni e pregando mi è venuta voglia di intercedere per quelle persone che sono chiuse in se stesse, immerse nell’orgoglio e nella vanità, nell’abisso del proprio cuore, dove esistono solo vuoto e oscurità.

Quando sono arrivato in Uruguay, mentre i miei amici andavano per bar, negozi e ristoranti, sono andato al Centro di Evangelizzazione della missione, in cui sono rimasto due giorni. Che gioia sapere che ho dei fratelli in vari luoghi del Brasile e del mondo, e anche sapere che sono accolto e amato da loro! Ho potuto partecipare a un gruppo di preghiera, andare a Messa dopo 12 giorni senza Eucaristia, nuovamente nutrire la mia anima. Ho avuto anche l’opportunità di convivere con loro, e lì ho avuto la certezza di stare al posto giusto, nella famiglia giusta e nel carisma giusto. Quando mi sono congedato da loro, ho ringraziato Dio per la cura e lo zelo che avevano avuto nei miei confronti.

In molti momenti della mia vita ho pensato di desistere dalla vocazione e ho preferito rimanere in uno stadio superficiale della mia vita di preghiera, ma il Signore, nel Suo oceano di misericordia, ha fatto sì che percepissi che di fatto quello non era il mio percorso, la mia chiamata, perché Egli mi chiama a non rimanere in superficie. Se voglio rispondere alla mia chiamata e cercare la santità, esiste solo un modo per dire di sì, senza paura e con parresia: immergermi ogni giorno e in ogni momento in acque più profonde. È lì, nella profondità della mia vita spirituale, che trovo la vera pace, che ha un nome e un volto: Gesù Cristo (…).

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