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Perché alcuni leader cattolici hanno espresso preoccupazioni etiche su alcuni candidati al vaccino per il coronavirus?

VACCINE
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Matthew Green - pubblicato il 12/09/20
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Si sa che alcuni vengono prodotti usando linee cellulari più o meno remotamente derivanti da cellule prese da un feto abortitoBioeticisti, professionisti del settore sanitario e vescovi di varie Nazioni e denominazioni cristiane hanno espresso di recente preoccupazione alle autorità dei rispettivi Paesi circa la moralità di usare certi candidati specifici per il vaccino contro il coronavirus che provoca il Covid-19. Perché? Il bioeticista italiano Roberto Colombo ha scritto un articolo sul quotidiano Avvenire spiegando la situazione. In questa sede vorremmo riassumerne i punti chiave.

La prima cosa da capire è che le loro preoccupazioni non riguardano tutti i vaccini in quanto tali, ma solo pochi di loro, per via del modo in cui vengono prodotti. Secondo Science Magazine in un articolo a cui Colombo fa riferimento, ci sono più di 130 vaccini candidati contro il Covid-19; per il momento, il dibattito si concentra solo su cinque di loro, perché si sa che questi – incluso quello sviluppato da Oxford e AstraZeneca – vengono prodotti usando linee cellulari più o meno remotamente derivanti da cellule prese da un feto abortito.

Come riferisce Vatican News circa uno di questi vaccini candidati in particolare, “il vaccino usa una linea cellulare (HEK-293) sviluppata nel 1973 usando cellule renali embrionali cresciute in una coltura di tessuti tratta da un feto umano volontariamente abortito”.

Ciò vuol dire che le origini storiche del vaccino sono collegate a una bambina abortita, sollevando questioni etiche relative al suo utilizzo. Seguendo questo sviluppo, la linea cellulare è stata riprodotta a livello clinico, senza la necessità di aborti continuativi.


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È questa la radice del problema. Colombo cita l’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium Vitae, che afferma chiaramente che “fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile” (EV n.58). Cita anche Papa Francesco, che ha affermato:

“L’aborto non è un problema teologico: è un problema umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne un’altra – nel migliore dei casi (…) È un male in se stesso, ma non è un male religioso, all’inizio, no, è un male umano. Ed evidentemente, siccome è un male umano – come ogni uccisione – è condannato”.

L’aborto è un male, e questi candidati al vaccino sono legati all’aborto nelle loro origini storiche. Potremmo usare un vaccino che esiste grazie a un aborto (per quanto remotamente)? È chiaramente una domanda legittima.

In primo luogo, dobbiamo tener conto del fatto che è possibile creare candidati al vaccino alternativi non collegati in alcun modo all’aborto e quindi non controversi. È questa la richiesta primaria dei vescovi, medici e bioeticisti che hanno espresso le proprie preoccupazioni alle autorità politiche. La lettera firmata dai rappresentanti della Conferenza dei Vescovi cattolici degli Stati Uniti (tra gli altri esperti) afferma:

“Per essere chiari, sosteniamo fortemente gli sforzi per sviluppare un vaccino efficace, sicuro e ampiamente disponibile il prima possibile. Ad ogni modo, esortiamo anche in modo deciso il nostro Governo federale ad assicurare che nello sviluppo di questi vaccini vengano seguiti i principi morali fondamentali, e cosa più importante il principio per cui la vita umana è sacra e non dovrebbe mai essere sfruttata”.

Una lettera firmata da vescovi e bioeticisti canadesi trasmette un messaggio simile. Se possiamo scegliere tra una soluzione problematica e una che non suscita preoccupazioni, dovremmo ovviamente scegliere l’opzione moralmente non controversa, e questi leader cristiani insistono sul fatto che un’opzione simile venga resa disponibile.

E se il primo o il più affidabile dei vaccini fosse “contaminato” da questo legame con l’aborto? Colombo risponde nell’ultimo paragrafo del suo contributo:

“È evidente l’obbligo morale di tutti i soggetti coinvolti nella ricerca, nella produzione, nella commercializzazione e nella somministrazione di un vaccino (ciascuno dei quali ha responsabilità differenti verso l’uso di cellule fetali da aborti elettivi in ordine al vaccino stesso) di dissociarsi formalmente e pubblicamente dall’atto di aborto che è all’origine remota della produzione di linee cellulari fetali. D’altra parte, si evidenzia la liceità dell’uso pro tempore di questi vaccini – nella misura in cui essi rappresentino una condizione necessaria e proporzionata per tutelare la salute e salvare la vita dei cittadini – in attesa della disponibilità di altri mezzi profilattici vaccinali o non vaccinali efficaci. La liceità di tale uso, in ogni caso, va interpretata come una cooperazione materiale passiva, moralmente giustificata come extrema ratio dal dovere di provvedere al bene personale e comune, e mai come una approvazione morale della loro produzione”.

Questa conclusione è in linea con un documento della Pontificia Accademia per la Vita diffuso nel 2017 in risposta a una controversia simile in Italia circa i vaccini infantili contro le malattie più comuni. Il documento afferma che “le linee cellulari attualmente utilizzate sono molto distanti dagli aborti originali e non implicano più quel legame di cooperazione morale indispensabile per una valutazione eticamente negativa del loro utilizzo”.

“Pur nell’impegno comune a far sì che ogni vaccino non abbia alcun riferimento per la sua preparazione ad eventuale materiale di origine abortivo – conclude il testo –, si ribadisce la responsabilità morale alla vaccinazione per non far correre dei gravi rischi di salute ai bambini e alla popolazione in generale”.

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