Fulton Sheen ribalta l’illusione di due cuori che amandosi procedono sereni su una strada maestra: non esiste una durata lineare, ma – come nella Passione e Resurrezione di Gesù – c’è una via di mille crocifissioni e resurrezioni.di Fulton Sheen
Uno dei più grandi errori che le coppie sono solite commettere è quello di credere che il loro amore durerà perché è forte. In realtà, l’amore continua non perché è forte, ma perché è collegato con la facoltà di rinnovarsi. L’amore tra marito e moglie è meno un fatto continuativo che non, come il Calvario e la Risurrezione, il rinvenimento di una nuova vita nel momento in cui si credeva che la sazietà dominasse. Anche la Chiesa, nel corso della storia, non è un fenomeno continuativo, bensì qualcosa che ha attraversato migliaia di risurrezioni dopo migliaia di crocifissioni. Ci sono sempre campane che suonano a morto per la sua esecuzione che poi, per un qualche grande potere di Dio, è perennemente rimandata.
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Il mondo è sempre pronto a recitare un requiem sulla tomba della Chiesa, ma questa risorge e recita un requiem sulle tombe altrui. Analogamente, nella vita familiare due cuori non muovono comodamente su una strada maestra verso un più felice amore; sembra anzi che di tanto in tanto essi siano sul punto di smarrire il loro amore, ma solo per ritrovarlo a un più alto livello. Il bambino non significa propriamente una nascita, bensì una Risurrezione e forse anche un’Ascensione. Il seme gettato a primavera non è lo stesso che dà frutto al tempo del raccolto: il secondo è l’effetto del primo, bensì moltiplicato nella quantità, rinnovato e vivificato nella qualità. Il bambino non è
la prova materiale del persistere dell’amore tra i genitori, ma è il segno e il simbolo del fatto che, come la fenice, quell’amore ha ritrovato il suo impulso e si è rinnovato.
Spesso i giovani sposi dicono che il loro amore «non è di questo mondo», e in un certo senso hanno ragione, perché sono chiamati a creare un mondo nuovo. Nell’Incarnazione «il Verbo si è fatto carne e ha preso dimora tra noi». Nella famiglia, «il nostro amore si è fatto carne e ha preso dimora tra noi». Come l’Amore di Cristo ha lasciato nell’Eucarestia un monumento del suo Amore Sacrificatorio, così padre e madre
lasciano nei figli un monumento del loro amore. Testimoni attraverso la storia, i figli testimonieranno che un tempo i genitori hanno camminato per le strade dei mondo! Di fronte alle deboli creature chiamate a perpetuare la loro vita, padre e madre sperimentano un senso di attaccamento e al tempo stesso di distacco: di attaccamento, perché il figlio è corpo e sangue loro e rappresenta il loro amore; di distacco, perché il figlio è una persona diversa. La creazione e la nascita sono due solenni separazioni. Perché è nato da loro, il figlio si è anche scisso dai genitori e ha un destino tutto suo.
L’amore non consiste solo nell’accattivare un’anima libera (come avviene nell’amore coniugale), ma anche nel liberare un’anima prigioniera, dandole la nascita. Chiunque dia ad un altro la libertà si assume dei rischi. Dio stesso ne assunse creando l’uomo libero; analogamente i genitori si assumono dei rischi quando aprono le porte della prigione della loro carne per generare un figlio. Ogni figlio infatti ha la sua anima da salvare, ma non lo saprà se non dopo che i genitori gli avranno dato una prima formazione della durata di circa sette anni. Il figlio è dunque un deposito sacro affidato ai genitori: le sue mete sono fissate, e, come disse il poeta, i genitori devono rendersi conto che prendono il posto di Dio nel gettare le basi per la salvezza dell’anima della loro creatura. Scrisse Kahlil Gibran:
E una donna che teneva al seno un bambino disse:
Parlaci dei Figli. Ed egli disse:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della Vita che brama se stessa.
Vengono per vostro mezzo, ma non da voi,
E sebbene siano con voi, pure non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno pensieri propri:
Potete ospitare i loro corpi ma non le anime loro,
Perché le anime loro hanno dimora nella casa di domani,
Che voi non potete visitare, e nemmeno sognare.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercate
di renderli simili a voi,
Perché la vita non va indietro, né si arresta col giorno di ieri.
Siete gli archi da cui i vostri figli furono scoccati come
frecce viventi.
L’Arciere discerne il segno sulla traiettoria dell’infinito
E vi tende con la sua possanza, affinché le sue frecce
vadan veloci e lontano.
Che l’esser tesi nella mano dell’Arciere sia per la vostra felicità;
Giacché se Egli ama la freccia che vola, non ama meno
l’arco che è stabile.
I figli, nella famiglia, hanno carattere messianico. Anzitutto, rappresentano il trionfo dell’Amore sull’ego insaziabile; simboleggiano la sconfitta dell’egoismo e la vittoria della carità. Ciascun figlio, infatti, genera il disinteresse, ispira un sacrificio. Come ogni amore, anche l’amore di Dio, tende a un’incarnazione, così ogni amore, anche l’amore di Cristo, muove verso una croce. Finché l’amore avrà un corpo, non potrà dar prova di sé se non mediante il sacrificio. Dotato di anima e di corpo, l’uomo ha sempre una possibilità di scelta: può dare il primato o alla carne o allo spirito, ma bisogna che l’uno dei due «soffra» a spese dell’altro. Il più grande lusso dell’amore è di spendersi a favore degli altri. Finché non sia nato il figlio, i piccoli sacrifici, in forma di doni e soprattutto il dono di sé medesimi, vengono fatti dai coniugi per il reciproco beneficio. Poi i sacrifici vengono fatti per amore di quella dolcissima cosa che è stata espressa dai loro due cuori. Nato dalla sofferenza materna, il figlio porta nel mondo un certo grado di redenzione. Scrisse Victor Hugo:
Quando ella gridò: «Padre!»
Il mio cuore gridò: «Dio!»
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