Lavorando la terra si conosce anche la propria anima: ci sono radici di male che non possono essere tolte, ma già salvate da Dio. Grazie a questi “nemici” siamo costretti a mendicare costantemente l’aiuto di nostro Padre.di suor Patrizia Ameli
Durante la quarantena tutti i miei vicini di casa francesi si sono dedicati al giardino. Io mi sono detta: “Farò del giardinaggio interiore” e ne ho approfittato per fare più silenzio. Jean, un uomo che passeggiava sempre davanti casa nostra, ha iniziato a regalarmi piantine di pomodori e zucchine così mi sono data anche al “giardinaggio esteriore”. Ho iniziato a fare l’orto e a disboscare la “selva oscura” che c’era intorno alla casa. Il terreno non era stato coltivato da anni: ho dovuto scavare molto per renderlo fertile e per togliere tutte le radici invecchiate. Quando mi imbattevo in radici di grandi arbusti mi accanivo con piccone e accetta purtroppo, però, con esito negativo. Ero molto infastidita perché quelle radici rovinavano il terreno.
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La stessa cosa posso dire della mia vita: guardo le mie debolezze come un problema da risolvere, come inciampi che rovinano il terreno della mia vita dove seminare le virtù. Un giorno, leggendo nel vangelo il precetto di Gesù che dice di amare i propri nemici ho capito che questa sfida inizia a partire da un amore nei confronti dei nostri nemici interni, ovvero quelle sfumature di noi che non ci piacciono e che ci pesano. Vorremmo sradicarle completamente ma è impossibile; l’unica soluzione è accettarle e amarle così come sono. Occorre fidarsi: alcuni lati di noi, magari presenti nella nostra famiglia da generazioni, sono troppo radicati in noi e forse intrecciati con quelle radici buone che non vanno assolutamente toccate. Devo accettare il mio brutto carattere e amarlo perché altrimenti non riuscirò mai ad avere la pace. Il rifiuto dei miei “mostri” non mi fa accettare nemmeno i mostri dell’altro e il giudice spietato che sono contro me stessa lo sono anche verso gli altri. Alcune radici sono dovute al peccato originale e vanno accettate poiché già salvate.
Anche esse hanno la loro utilità. Ad esempio, ho piantato dei bambù che sono molto invasivi e li ho messi vicino a radici di pino vecchie, le quali mi aiutano a contenere la loro propagazione. E così, piano piano, imparo a voler bene a questi massi erratici della mia vita, capendo che anche loro sono stati messi lì per la mia salvezza e non per la mia rovina. Infatti, grazie a queste mancanze, il mio rapporto con il Signore è vivo ed è una mendicanza continua. Grazie a questi “nemici” sono costretta a mendicare costantemente a Dio il suo aiuto. Amare queste parti di noi che non ci piacciono è la cosa più dura, ma iniziare a farlo è l’inizio di una libertà interiore. Questo chiede un continuo lavoro di conversione poiché l’umiliazione maggiore è che la realtà non sempre risponde ai miei desideri. Alcuni aspetti in me saranno sanati e guariti, altri continueranno ad essere delle ferite aperte che si rimargineranno solo in cielo. Ecco, non c’è divisione tra giardinaggio interiore ed esteriore perché “siamo un solo corpo”: l’interno aiuta l’esterno e viceversa. Lavorare la terra è un grande privilegio perché nella natura si riconoscono i movimenti dell’anima e si capisce che, come la natura ha le sue leggi anche il mio cuore ha delle esigenze e dei bisogni che devo imparare a leggere e rispettare e se capita di non farcela, ci si affida. Ho messo un’immagine di Santa Teresina nel roseto e sono sicura che fioriranno, perché in fondo, anche i nostri errori il Signore li sapeva già dall’eternità, ne ha già tenuto conto quando mi ha chiamata ad essere sua e li ha già salvati, ecco perché vale la pena amare i nostri nemici, perché Qualcuno prima di noi li ha amati e salvati.
QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MISSIONARIE DI SAN CARLO