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Amore e psiche: perché cerchi una bellezza divina che non si può afferrare?

CANOVA

Amore e Psiche, Museo del Louvre, Parigi

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Semprenews - pubblicato il 03/09/20
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Questo dossier raccoglie alcuni spunti sull’amore e la vita di coppia presi dall’arte e dal mito. Iniziamo con un’inquadratura particolare della celebre opera di Antonio Canova.

Di Marco Scarmagnani
L‘arte, il mito, la fiaba, sopravvivono ai secoli perché intercettano le tensioni e le aspirazioni non solo personali, ma dell’intera umanità. Il loro linguaggio è im-mediato, cioè scavalca la mediazione cognitiva, e per questo è utile imparare a decodificarlo, a leggerlo, anche con un pizzico di creatività. Perché queste opere ancora oggi ci offrono spunti di crescita.
Qui ci occupiamo di alcuni temi che hanno a che fare con l’amore e la vita di coppia.

Amore e Psiche. Non aspirare alla divina bellezza!

Amore e Psiche è probabilmente l’opera più conosciuta di Antonio Canova, scultore di Possagno (Treviso) che ha lavorato a cavallo tra il ‘700 e l’ 800. Si può oggi ammirare al Museo del Louvre a Parigi, ed è un gioiello di rara bellezza. La scena rappresenta Amore che salva Psiche, il punto culminante della fiaba di Apuleio che racconta la relazione travagliata tra il dio Eros (Amore) e la bellissima Psiche.

L’inquadratura inusuale – del retro – che si propone di questo capolavoro è utile per scorgere alcuni particolari invisibili dalla parte anteriore. Si vedono i riccioli della bella Psiche, lavorati con maestria dallo scultore di Possagno, e la faretra di Eros, colma delle frecce con cui Amore scocca amore. Ma il particolare su cui ci soffermeremo è il vasetto della Divina Bellezza che Psiche aveva appena ricevuto da Proserpina a seguito di una faticosa discesa agli inferi.

CANOVA

Marco Scarmagnani
Amore e Psiche, Museo del Louvre, Parigi

Le origini del mito di Amore e Psiche

La rappresentazione riguarda una storia d’amore (a lieto fine), che ci arriva da molto lontano. Lo scrittore romano Apuleio, nato in Numidia (l’attuale Algeria), l’aveva raccolta dal Nordafrica, ma la trama pare ancora più antica e – per gli appassionati di filologia – se ne trovano delle assonanze anche nel Cantico dei Cantici.
È affascinante notare la potenza di una storia che parte dal medio oriente, arriva in Africa, viene raccolta da uno scrittore dell’Impero Romano nella sua massima espansione, arriva a Roma, e da lì nei secoli a venire non si esaurisce ma sale lungo l’Italia, attraendo letterati e artisti che non resistono a rappresentarla (si pensi solo agli affreschi di Giulio Romano al Palazzo Tè di Mantova), e poi viene acquistata dalla Francia della grandeur perché il mondo la possa ancora oggi ammirare.

La trama di Amore e Psiche

Facciamo un veloce riassunto della storia: Eros (Amore) si innamora perdutamente di Psiche ma non deve rivelarlo alla gelosa e irascibile madre Venere. Così porta la sua amata in un luogo magico e segreto dove i due si incontrano solo al buio, perché la mortale non deve vedere e riconoscere il dio. Ma la curiosità è forte e – procuratasi una lampada – una notte illumina il volto di Eros rompendo così l’incantesimo delle loro notti appassionate. È la metafora della relazione d’amore: da uno stato fusionale (l’amore è cieco), alla luce che evidenzia le differenze, e costringe ed entrare nella verità, assumendosi la responsablità di un percorso relazionale reale. A seguito di questo fatto i due si separano e Venere impone a Psiche quattro prove nelle quali gli psiconalisti del secolo scorso (Von Franz, Neumann, Jung) hanno visto in filigrana un percorso di crescita, di individuazione, di evoluzione psichica. Dalla versione di Apuleio, sappiamo che l’ultima prova consisteva nientemeno che nello scendere agli inferi e chiedere a Proserpina un vasetto di divina bellezza, per riportarglielo integro. Ma Psiche curiosa (ancora!) lo apre e – al posto della Divina Bellezza – esce un fumo infernale che la fa cadere in un sonno di morte. L’opera del Canova immortala i due nel momento in cui Eros, uscito dalla sfera di influenza della madre, la va a toccare con una delle sue frecce divine salvandola.

Perché Psiche viene tramortita dalla bellezza

Ma come? Proprio Psiche, che aveva superato brillantemente le altre prove impostele da Venere, che stava per rivedere il suo amato Amore. Lei, che era cresciuta, e che ora portava il più entusiasmante dei trofei – la divina bellezzaperché ne viene tramortita? Che cosa significa?

È difficile azzardare una risposta se non si è mai fatto esperienza di una litigata dopo un weekend meraviglioso passato insieme, di un grave problema proprio quando tutto sembrava andare bene. La ricerca della pace, ed ecco infuria la battaglia.
Il motivo è che la Divina Bellezza è – appunto – divina, e le creature di questo mondo non la possono afferrare. La Divina Bellezza appartiene agli dei, all’altro mondo. Tutte le volte che un umano vuole fissare in una dimensione perfetta, eterna, la sua umanità, quello che ottiene è la morte. La vita non è fatta per la  staticità. La staticità è propria degli esseri in-animati, proprio ciò che non è Psiche – ψυχή – Anima.
Come Dorian Gray si consumava interiormente volendo mantenere un’immagine esteriore sempre uguale a se stessa, giovane, perfetta.
La perfezione statica è inumana. È la tentazione del rispecchiamento narcisistico, della sicurezza, della stabilità senza sforzo.
«Zum Augenblicke dürft ich sagen:
Verweile doch, du bist so schön»

«All’attimo direi:
sei così bello, fermati!»
Nell’immensa opera di Goethe l’anima del dottor Faust sarebbe stata perduta quando avrebbe goduto al punto tale da desiderare che quel momento fosse fissato in eterno. Allora il Diavolo se lo sarebbe preso, e la sua dannazione sarebbe stata eterna.

L’umano: un incessante movimento

L’essere umano, e così l’amore, oscilla tra tensione e sollievo, gioie e dolori, buona e cattiva sorte.
Solo attraverso l’incessante elaborazione, con la tensione verso il bene, ogni dolore cambierà in gioia, ed ogni gioia sarà nutrimento con cui affrontare i dolori dell’esistenza.

Il lieto fine

Questa dialettica di movimento continuo, di lotta e di creatività spingerà Giove a portare Psiche sull’Olimpo, abbeverarla con l’ambrosia, e celebrare un matrimonio divino. Con Vulcano che cucinava, le Grazie che spargevano balsami, Bacco che riempiva le coppie, “e anche Venere bella, con passo armonico, danzò a quella musica soave”.
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