E’ dal Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico che stamani riprendono le udienze generali con la presenza dei fedeli, dopo 189 giorni. Forte l’esortazione di Papa Francesco a ripensare alla fase di ripresa post-virus in termini di bene comune, evitando “cambiamenti superficiali”Per uscire migliori da questa crisi bisogna farlo insieme, risvegliando la solidarietà, che indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità: richiede “una nuova mentalità che pensi in termini di comunità”, “di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni”, si tratta di giustizia. Ed è quanto mai necessaria oggi che viviamo in un “villaggio globale” in un mondo dove purtroppo accade che cada “qualche quota del mercato finanziario” e la notizia è in tutte le agenzie, come si è visto anche in questi giorni, mentre “cadono migliaia di persone a causa della fame e nessuno ne parla”. Lo ricorda il Papa che torna da stamani a tenere le catechesi con la partecipazione delle persone nel rispetto delle norme sanitarie imposte dal Covid. Tutti, circa 500 persone, indossano la mascherina, e prima dell’inizio scambiano qualche parola con lui a distanza. L’ultima udienza generale con la loro presenza era stata il 26 febbraio; poi si erano tenute dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico in diretta streaming.
Forte quindi la gioia dei fedeli, giovani, anziani, religiosi, che lo accolgono nel Cortile di San Damaso. Ma anche quella del Papa che, sorridente, esplicitamente dice come sia bello riprendere “il nostro incontro faccia a faccia e non schermo a schermo”. Una ripresa che avviene mentre prosegue il ciclo di catechesi su quei principi, offerti dalla Chiesa, per “la guarigione del tessuto personale e sociale” indicati da Francesco nella prima catechesi di questo cammino, il 5 agosto.
Proprio l’attuale pandemia ha evidenziato l’interdipendenza che però – avverte Francesco – può diventare dipendenza di alcuni da altri aumentando la diseguaglianza quando si dimentica l’origine comune in Dio e non sempre quindi la trasformiamo in solidarietà. Questo è un lungo cammino. “Gli egoismi – individuali, nazionali e dei gruppi di potere – e le rigidità ideologiche alimentano al contrario «strutture di peccato»”, dice il Papa richiamandosi ampiamente all’Enciclica Sollicitudo rei socialis di san Giovanni Paolo II e riflettendo gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa nella situazione odierna.
Il racconto della Torre di Babele mostra proprio cosa accada all’uomo quando cerca di arrivare al cielo ignorando il legame con l’umano, il creato e il Creatore: “Costruiamo torri e grattacieli, ma distruggiamo la comunità. Unifichiamo edifici e lingue, ma mortifichiamo la ricchezza culturale. Vogliamo essere padroni della Terra, ma roviniamo la biodiversità e l’equilibrio ecologico”.
L’esperienza della Pentecoste è invece diametralmente opposta. “Con la Pentecoste – rileva Francesco – Dio si fa presente e ispira la fede della comunità unita nella diversità e nella solidarietà”. Proprio “una diversità solidale possiede gli “anticorpi” affinché la singolarità di ciascuno – che è un dono, unico e irripetibile – non si ammali” di egoismo, evidenzia. Diversità e solidarietà unite in armonia, questa è la strada:
La diversità solidale possiede anche gli anticorpi per guarire strutture e processi sociali che sono degenerati in sistemi di ingiustizia, in sistemi di oppressione (cfr Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 192). Quindi, la solidarietà oggi è la strada da percorrere verso un mondo post-pandemia, verso la guarigione delle nostre malattie interpersonali e sociali.
Il Papa sottolinea ancora, come altre volte, che da una crisi si esce migliori o peggiori e che la scelta sta a noi:
La solidarietà è proprio una strada per uscire dalla crisi migliori, non con cambiamenti superficiali, con una verniciata così e tutto è apposto. No. Migliori! Nel mezzo di crisi, una solidarietà guidata dalla fede ci permette di tradurre l’amore di Dio nella nostra cultura globalizzata, non costruendo torri o muri – e quanti muri si stanno costruendo oggi – che dividono, ma e poi crollano, ma tessendo comunità e sostenendo processi di crescita veramente umana e solida.
Il Papa rimarca che la “sindrome di Babele” viene descritta anche in un racconto medioevale dove durante la costruzione della torre se cadeva un mattone, tutti si lamentavano perché costava, mentre se cadeva un uomo e moriva nessuno diceva nulla. “Un mattone valeva più della vita”, quindi. Purtroppo anche oggi, afferma Francesco, “può succedere qualcosa di simile”.
Diametralmente opposta è l’esperienza della Pentecoste dove lo Spirito crea “l’unità nella diversità”, l’armonia, mentre a Babele c’era l’andare avanti per guadagnare, la mera ‘forza-lavoro’”. Nella Pentecoste invece ciascuno partecipa con tutto il suo essere alla costruzione della comunità, come san Francesco d’Assisi sapeva chiamando tutte le persone, e persino le creature, fratello e sorella.
Una solidarietà che si declina anche verso la terra, evidenzia il Papa raccontando l’esperienza dei pescatori di San Benedetto del Tronto che gli hanno raccontato di aver tolto quest’anno dal mare 24 tonnellate di rifiuti, dei quali la metà di plastica.
In conclusione il Papa chiede quindi di attivare questa solidarietà “capace di dare solidità, sostegno e un senso a queste ore in cui tutto sembra naufragare” invitando a pensare anche ai bisogni degli altri.
Il 40.mo anniversario di Solidarnosc
Nei saluti ai fedeli di lingua polacca, ricorda che nei giorni scorsi in Polonia si è celebrato il 40° anniversario degli Accordi che diedero inizio al Sindacato “Solidarnosc” e a storici cambiamenti politici nel vostro Paese e nell’Europa Centrale. In proposito, Francesco richiama l’attualità delle parole di San Giovanni Paolo II sulla centralità dell’amore anche nel discorso sulla solidarietà: «Non c’è solidarietà senza amore. Anzi, non c’è la felicità, non c’è il futuro dell’uomo e della nazione senza amore […]; l’amore che è a servizio, che è dimentico di sé ed è disposto a donare con generosità»”.