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Alla deriva sull’unicorno bimba salvata dal capitano del “Salaminomachos” (VIDEO)

SALVATAGGIO
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Paola Belletti - pubblicato il 25/08/20
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La piccolina è terrorizzata, resta aggrappata al collo del suo unicorno gonfiabile; a riva anche la mamma è stritolata dalla paura. Ma il capitano Grigoris Karnesis la intercetta, rallenta il suo traghetto e si avvicina alla piccola fino a poterla prendere in braccio. E’ salva!

Al largo con il suo unicorno gonfiabile

Di questa storia che sta prendendo il largo colpiscono alcune cose: che sia finita bene, soprattutto, la sensazione di smarrimento, forse vero terrore che può aver vissuto quella bimba forte solo dei sui braccioli e della proprie braccia strette intorno al collo del suo unicorno alato; l’angoscia dei suoi genitori rimasti a riva. Ma anche l’efficienza dei marinai del traghetto che la porterà al sicuro.

E’ andata così: la piccola forse dopo qualche capriccio o con l’accompagnamento festoso del papà che la incoraggia, protetta dai bracciolini ben gonfi, ha salpato da riva verso le onde. Per i piccoli l’avventura è già tutta in pochi metri da lì, sempre a portata di abbraccio di mamma o papà, sempre a un tiro di bacio da loro. Bastano poche ondine appena increspate a fare di un’oretta al sole lo scenario di un’avventura superba, da raccontare sempre più grande ad ogni nuovo passaggio, dal fratello alla cuginetta, dallo zio alla nonna.

Ma a questa piccola, invece, le cose sono andate diversamente. La corrente più infida di quanto l’ansia di mamma o papà potesse calcolare l’ha portata rapidamente al largo. Non si trova più nel raggio d’azione dei loro sguardi, mai abbastanza vigili – lo sappiamo tutti noi genitori a cui finora è andata bene. Non sono più in grado di raggiungerla a nuoto. Paiura, ma anche prontezza e lucidità.


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I genitori danno l’allarme. Rapido e risolutivo intervento del traghetto più vicino

Danno l’allarme, l’allarme arriva alla capitaneria di porto e da lì al traghetto Salaminomachos, un nome epico che credo si rifaccia alla battaglia navale di Salamina, durante la seconda guerra persiana.

Il capitano non ha a che fare con l’assalto navale della flotta nemica, non deve difendersi da piogge di frecce, speronamenti o altro (non mi azzardo oltre, perché so pochissimo di mezzi militari dell’antica Grecia). A prua del suo scafo vede stagliarsi un dondolante puntino bianco. Una cosa talmente piccola e fragile da far spavento. Sapeva di dovere cercare proprio una bimba imbracata su un gonfiabile, ma deve aver fatto una certa impressione.

Il video del salvataggio della piccola dell’unicorno, al largo del paese di Antirrio, dove un ponte collega la Grecia continentale al Peloponneso, ha fatto il giro del mondo in poche ore. Perché ha dell’incredibile. La piccola era al mare con i suoi genitori e stava giocando in acqua con il suo gonfiabile, ma la corrente era molto forte e l’ha spinta al largo, sempre più al largo. Quando i genitori se ne sono accorti la piccola era già troppo lontana per poterla raggiungere a nuoto e hanno dato l’allarme alle autorità del porto che subito si sono messi in contatto con il traghetto “Salaminomachos”, il più vicino alla posizione della bimba. Il traghetto, che stava seguendo la rotta Rio-Antirio ha rallentato, ha abbassato il portellone di prua mentre la corrente portava la piccola verso i membri dell’equipaggio che l’hanno soccorsa.

 

Il video del salvataggio

 

 

Il racconto del capitano

C’è anche un breve resoconto del capitano, sul CorSera; si chiama Grigoris Karnesis:

«Mi stavo avvicinando al porto di Antirrio quando le autorità portuali mi hanno avvisato di un bambino spinto al largo dalla corrente con il suo gonfiabile. Appena l’ho localizzato mi sono avvicinato. La piccola era sotto choc. Era aggrappata a questo gonfiabile, senza muoversi. Come una statua di sale. Ma quando ci ha visto ha gridato. Anche la madre, quando è stata chiamata per venirla a prendere, era nelle medesime condizioni: è stato uno spavento enorme per entrambi».

Non c’è bisogno di saperne di microchimerismo (quel fatto biologico mirabile per cui le cellule del figlio restano nel corpo della madre per anni, dopo la nascita) per capire che quel che patisce la piccola è lo stesso che prova la mamma, nel proprio corpo, in un cuore che sta impazzendo di paura ma non vuole rinunciare a sperare.

Una bambina con il suo unicorno pieno d’aria, magari uscita dai polmoni del suo papà, in mezzo al mar Egeo è tanto simile ad un incubo che tutte noi mamme di bimbi ancora piccoli potremmo fare nostro. Ma quell’unicorno (minacciato nella sua fama ora forse solo dai più rosa e meno teneri fenicotteri. Sono i trend, baby!) è il solo diaframma che la separa dalla tragedia. Insieme naturalmente alla ben più solida prontezza nel dare l’allarme da parte dei suoi genitori e nella tempestiva competenza con cui un grosso mostro d’acciaio viene portato piano piano sulla rotta del gonfiabile.

 

Uomini che traggono in salvo. E le carezze? In un altro momento

Ho pensato questo, guardando il breve video: benedetti uomini così razionali, concentrati, quasi freddi. Grazie che avete salvato quella piccina e avete impedito che i suoi morissero di dolore. Ma un abbraccio, una volta tratta in salvo, o almeno una carezza non ci stava? La portano sul ponte come un sacco di patate…

No, ha ragiona il capitano. Prima la si mette al sicuro, poi arriveranno le carezze. Ben tornata a riva, piccola!

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