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“Ho dovuto vivere la quarantena con me stesso”. Una riflessione imperdibile

MOURN
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Catholic Link - pubblicato il 21/08/20
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di Mauricio Montoya

Frasi come questa abbondano sulle reti sociali con migliaia di variazioni. Tutte le formulazioni indicano però una determinata realtà: la quarantena ci ha “costretti” a incontrarci con noi stessi. A conoscerci, sì, perché anche se sembra strano, nella vita che conduciamo di solito non ci diamo il tempo per conoscerci davvero.

1. La quarantena permette di pensare “Chi sono davvero?”

Prodotto dell’acceleramento della società e di un isolamento personale derivante dall’eccesso di concentrazione sulle cose esteriori trascurando quelle interiori, abbiamo perso a poco a poco la capacità di riconoscere noi stessi.

È in un certo senso ironico. Ci dedichiamo ad acquisire conoscenze su tutte le dimensioni dell’esistenza, perdendo a poco a poco la conoscenza di noi stessi.

La quarantena è allora utile per costringerci, in un modo o nell’altro, a conoscerci e a riconoscere i nostri atteggiamenti – pensieri, riflessioni e capacità che nel corso della vita, in modo forse impercettibile, si sono formati dentro di noi.

Nella preghiera e nella meditazione personale ci si può chiedere “Chi sono io?”, “Qual è la mia somiglianza con Dio?”, “Come mi relaziono a Dio e agli altri?” Sono interrogativi importanti e proficui per questo tempo in casa.

2. E se quello che conosco non mi piace?

Nessuno è esente dal fatto di non gradire quello che arriva a conoscere, e non c’è niente di male, anzi: è una cosa magnifica che porta a interrogarsi di fronte a una serie di realtà dicendosi “E perché questo capita a me?”

Sì, la possibilità di non piacersi è preziosa, perché permette di interrogarsi e di crescere, di cambiare, di trasformarsi. Che splendida opportunità ci dà il Signore! Le circostanze relative a un virus innominabile ci portano a spazi di conversione. Quanto è buono Dio con noi!

3. Che fare se scopro di non sapere chi sono?

Non bisogna entrare in panico, perché può capitare a tutti, e credetemi, molte persone lo stanno sperimentando in casa. La questione è cosa prevedere come strumento o una soluzione di fronte al deserto in cui si vive scoprendo che non ci si conosce quanto si credeva.

La preghiera personale, la meditazione sulla Sacra Scrittura, i momenti di riflessione, sono estremamente favorevoli nell’aridità di questo deserto. Chiedete al Signore che attraverso il suo Spirito vi porti a conoscere voi stessi e la sua opera in voi.

4. Che fare quando inizio a conoscermi?

Per via del ritmo accelerato della vita, delle migliaia di occupazioni, della stanchezza, ecc., abbiamo perso moltissimi momenti per permetterci, diciamo così, di viziarci. Sì, senza paura, non c’è niente di male. È importante che come dimostriamo affetto ad amici e familiari ci dimostriamo personalmente quanto ci amiamo.

E se vi regalaste quel cibo che vi piace tanto o vi permetteste quelle ore di sonno che in genere non potete concedervi? Cercate di vedervi allo specchio, e guardandovi negli occhi ditevi quanto vi volete bene. Anche se vi sembra una follia, è in grado di salvare una vita!

5. E le altre persone della mia famiglia?

Il tempo della quarantena ci porta anche a incontrarci i membri della nostra famiglia, da cui ci siamo allontanati inconsapevolmente per mille fattori, e si inizia a presentare una nuova sfida: cosa fare quando iniziamo a conoscere in loro quello che non abbiamo finora conosciuto?

Gli strumenti sono gli stessi di quelli a disposizione per conoscere noi stessi. L’invito si concentra sul fatto di promuovere la preghiera e l’amore sincero, attraverso i quali possiamo crescere non solo personalmente, ma anche come famiglia. Incoraggiamo l’unità con gli altri, necessaria per un vero equilibrio vitale.

Ponetevi una domanda: “Cosa vuole Dio per il mondo, per la mia famiglia, per me, con questo tempo speciale di conversione?” Approfittiamo di questi giorni in casa per promuovere spazi familiari e personali inesplorati.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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