Il cantautore e la sua profonda fede: il Signore mi protegge e mi dà la forza per superare la malattia e credere nel mio lavoro
Ottantaquattro anni e un fiume di progetti e di energia. Da dove proviene tutta questa forza del cantautore Giulio Rapetti Mogol? «Da lui, il Signore che mi protegge – dice in una intervista a Famiglia Cristiana (18 agosto) – non ho un’altra risposta che sia onesta. Bisogna stabilire questo canale. La prima motivazione deve essere aiutare gli altri, non pensare a fare soldi. E se uno lavora lavora lavora ce la fa. È assistito».
Il ruolo della seconda moglie Daniela
«Senza Dio siamo al centro del nulla», spiega Mogol, che vede nella seconda moglie, Daniela Gimmelli, un punto di riferimento anche per l’incontro con Dio. «È soprattutto grazie a lei che la mia scelta di fede è via via diventata sempre più importante», racconta.
La “scaletta” della preghiera
Mogol per la preghiera personale, scrive Famiglia Cristiana, ha una sua “scaletta” ben precisa: «Prego ogni giorno almeno un quarto d’ora, adesso preferibilmente la mattina. È un dialogo fatto di Ave Maria e Padre nostro, con tutte le persone a me care. Prego per i miei morti, per i figli, i nipoti, per quelli che sono in pericolo. Molte sono preghiere di gratitudine, mi ricordo di quello che il Signore e la Madonna mi hanno donato, di quanto mi hanno aiutato, cerco di essere grato per tutto».
“Il discernimento mi serve per capire”
La fede, spiega Mogol, ha nella coscienza lo spazio privilegiato del discernimento. «Prima dobbiamo seguire quella parte del Signore che è dentro di noi. Perché la Chiesa, che per me resterà sempre la casa del Signore, è fatta anche di uomini, e il mio discernimento deve servirmi per capire».
L’accettazione del proprio destino
Quest’anno la spiritualità del cantautore si è incrociata anche con la malattia: «Dopo alcuni controlli mi hanno detto che dovevo mettere quattro bypass» – «ho capito che l’atteggiamento più importante che dobbiamo avere è l’accettazione del proprio destino, qualunque sia. Il Signore secondo me la gradisce più di una preghiera. L’accettazione ha dentro di sé la soluzione».
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