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Gabriela Mistral: la fede profonda di un Premio Nobel per la Letteratura

GABRIELA MISTRAL
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Sandra Ferrer - pubblicato il 17/08/20
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Una delle grandi firme della letteratura ispanica, ha tenuto sempre ben presenti le sue convinzioni religioseQuando, nel 1945, ha saputo che le era stato attribuito il Premio Nobel per la Letteratura, la prima cosa che ha fatto Gabriela Mistral è stata prostrarsi davanti a un crocifisso che le aveva regalato la madre per rendere grazie per un riconoscimento così importante e chiedere di esserne degna: “Gesù, rendi questa umile figlia meritevole di un onore così grande!”

All’epoca era già una donna di 56 anni nota nel suo Cile natale e in mezzo mondo. Era nata nella valle di Elqui il 7 aprile 1889 in una famiglia umile. Suo padre, Jerónimo Godoy, maestro, aveva abbandonato la famiglia quando Lucila Godoy – questo era il suo vero nome – aveva appena tre anni. Lucila crebbe con la madre, la modista Petronila Alcayaga; avida di sapere, non avendo altre risorse imparò come autodidatta.

La sua formazione non le permise di ottenere alcun titolo ufficiale, cosa che avrebbe provocato malessere tra alcuni dei suoi futuri colleghi, ma Lucila, con la sua tenacia e la voglia di migliorare, riuscì a diventare maestra. Nel 1910 convalidò le sue conoscenze e ottenne il titolo di maestra di Stato, con cui continuò a insegnare a livelli superiori.

Oltre a insegnare, si immerse presto nella scrittura, componendo i suoi primi versi e scrivendo articoli per varie pubblicazioni. Consapevole delle carenze educative esistenti, soprattutto per i bambini e le bambine dalle risorse limitate, centrò alcuni dei suoi articoli sulla necessità di migliorare l’istruzione in Cile e nel resto dell’America Latina.

Dal 1914, anno in cui vinse il primo premio dei Juegos Florales di Santiago del Cile, iniziò a utilizzare lo pseudonimo che l’avrebbe resa immortale. Scelse di essere nota come Gabriela Mistral in onore di due grandi della letteratura, Gabriele D’Annunzio e il francese Frédéric Mistral.

Per anni, Gabriela Mistral unì la sua passione per la scrittura alla vocazione di migliorare l’educazione assumendo l’incarico di ispettrice e insegnante in vari licei femminili, di alcuni dei quali divenne preside. Le sue frontiere si ampliarono quando iniziò a viaggiare in vari Paesi di America ed Europa e assunse l’incarico di console del suo Paese.

Gabriela Mistral continuò a scrivere poesie per tutta la vita, passione che le sarebbe valsa il Premio Nobel per la Letteratura per la sua “opera lirica che, ispirata a potenti emozioni, ha trasformato il suo nome in un simbolo delle aspirazioni idealiste di tutto il mondo latinoamericano”.

Umile e semplice, la Mistral ringraziò sinceramente per il riconoscimento del suo percorso letterario affermando con orgoglio che il Nobel l’aveva trasformata nella “voce diretta dei poeti della mia razza e in quella indiretta delle nobilissime lingue spagnola e portoghese”.

Nel corso della sua intensa vita, Gabriela Mistral mantenne una profonda religiosità, plasmata in alcune delle sue opere. Dedicò dei testi a santi come San Tommaso o Santa Caterina da Siena e a personalità religiose come fra’ Bartolomé de las Casas o suor Juana Inés de la Cruz, di cui disse: “È la monaca saggia, quasi unica in quel mondo ingenuo e un po’ semplice dei conventi femminili. È strana quella cella con le pareti coperte di libri e il tavolo popolato da mappamondi e apparati per i calcoli celesti…”

GABRIELA MISTRAL

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Fedele alle sue convinzioni, Gabriela Mistral si lamentava vedendo come molte persone si allontanassero dalla spiritualità e dalla fede, denuncia che plasmò nel suo testo Cristianismo con sentido social: “Un aspetto doloroso dell’America Latina in questo momento è il divorzio assoluto che si sta verificando tra le masse popolari e la religione, o meglio tra la democrazia e il cristianesimo”.

Come ha affermato in Mi experiencia con la Biblia, i testi sacri divennero la pietra angolare della sua esistenza, consolazione e rifugio:

“Di questa serie di virtù della Bibbia, sembra che quelle che mi hanno attirata maggiormente siano l’intensità e una certa spoliazione che non solo allontana l’ornamento, ma spoglia letteralmente. […] La Bibbia mi ha donato la sua condizione di dardo verbale, il suo canale come di vena calda. Mi ha fatto disgustare per tutta la vita l’eleganza vana e viziosa nella scrittura e mi ha buttata a capofitto a bere alla fonte della parola viva. Direi che mi ha gettato su un tema per aspirarne petto contro petto il rantolo vivo.

La scienza di parlare nella Bibbia, il comportamento dell’ebreo nei confronti del verbo, considerato ancora a parte rispetto alla questione religiosa, è un’enorme lezione di probità data da Israele alle altre lingue e alle altre razze. L’accento di veracità della Scrittura, di cui parlano i critici, è quello che in gran parte ha provocato l’attualità permanente della Bibbia, quella specie di marcia ininterrotta del Santo Libro attraverso i tempi più consistenti a livello di materia e più avversi al suo ordine soprannaturale”.

La religiosità di Gabriela Mistral è rimasta sempre presente nella sua esistenza, come scriveva ne El sentido religioso de la vida:

“Per me la religiosità è la saturazione che ha provocato nella mente l’idea dell’anima, il ricordo di ogni istante, di ogni ora, di questa presenza dell’anima in noi e il convincimento totale del fatto che il fine della vita intera non è altro che lo sviluppo dello spirito umano fino alla sua ultima meravigliosa possibilità […].

La religiosità è cercare in quella natura il suo senso nascosto e finire per definirla lo scenario meraviglioso tracciato da Dio perché in esso lavori la nostra anima. Rispetto al corpo, la religiosità è vivere scuotendo il suo dominio, e una volta domato renderlo il puro strumento che deve lavorare per lo spirito, che è la sua unica ragion d’essere. Non solo i cieli, la terra e la carne che la popola, sono quella scrittura di Dio di cui parla Salomone”.

L’opera di Gabriel Mistral è stata tradotta in moltissime lingue, e l’autrice è nota come una delle grandi firme della letteratura latinoamericana.

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