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Newman c’insegna a rivolgerci all’angelo custode come all’amico più fidato

ANGEL,CHILD,STATUE
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Marzena Wilkanowicz-Devoud - pubblicato il 10/08/20
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Alcuni santi hanno una relazione particolare con il loro angelo custode. Per san Henry Newman, canonizzato il 13 ottobre 2019, l’angelo custode era un vero amico. Il più caro e vecchio amico…

Teologo, filosofo, romanziere e poeta, il cardinale John Henry Newman (1801-1890), figura maggiore della Chiesa d’Inghilterra convertito al Cattolicesimo, ha lasciato dietro di sé un’eredità spirituale e intellettuale colossale attraverso un gran numero di opere, di saggi, di lettere e di poesie. Tra queste ultime, troviamo diversi scritti dedicati al mondo invisibile e ai suoi angeli. Per il cardinale Newman, l’invisibile è più reale del sensibile:

A dispetto di tutto il mondo che vediamo, c’è un altro mondo che si estende tutt’intorno a noi, benché non lo vediamo, e che è più sbalorditivo di quel che vediamo. In quel mondo invisibile, ci sono innumerevoli persone che vanno e vengono, vegliano, agiscono o attendono, e che noi non vediamo.

Tra codeste persone ci sono gli angeli. Essi sono grandi, gloriosi, puri e meravigliosi

al punto che, se ci fosse permesso di vederli così come sono, ne saremmo atterriti come lo fu il profeta Daniele, per quanto fosse santo e giusto; e malgrado ciò essi sono compagni di strada al nostro servizio, compagni che lavorano per noi, che vegliano sui più umili fra noi, se sono di Cristo, e li difendono.

Così Newman in uno dei suoi sermoni. Tra i testi in poesia e prosa consacrati agli angeli da John Henry Newman, c’è “Il mio più vecchio amico”, una magnifica preghiera scritta in forma poetica e indirizzata all’angelo custode. Il titolo è particolarmente evocativo: per tutta la sua vita, il cardinale Newman ha saputo attrarre amicizie come un magnete attrae il metallo: aveva un vero talento nell’arte del coltivare l’amicizia.

Mio vecchissimo amico, amico dal mio primo
soffio di vita;
mio amico fedele, tu sarai tale,
senza tradirmi, fino alla mia morte.

Sei sempre stato presso di me;
il mio Creatore affidò alla tua custodia
la mia anima non appena ebbe formato
il bambino proveniente dalla polvere.

Né il fervore del cuore nella preghiera,
né la fede rettamente formata
m’hanno donato per tutore Giuseppe
o la potenza conquistatrice di Michele.

Nessun santo patrono, né l’amore di Maria,
il più caro, il migliore,
mi conosce come tu conosci
me, me davvero,
né mi ha benedetto come tu hai fatto.

Tu mi portavi al fonte battesimale;
e tu, ogni anno, andando crescendo,
hai mormorato i rudimenti della verità
nelle mie orecchie di fanciullo.

E quando l’adolescenza fu oltrepassata
e il mio spirito ribelle ebbe ceduto,
– oh, hai visto anche tu! e tu pure
tremavi, sopportando quel che conduce all’Inferno! –

e allora, quando veniva il giudizio
e mi riprendeva il terrore,
il tuo soffio dolce s’affrettava a lenire
e a santificare tutte le mie pene.

Oh, che potrà tessere l’intero racconto
delle tue fatiche e dei tuoi affanni?
Di te, che mi hai piazzato sotto al sorriso di Maria
e condotto ai piedi di Pietro?!

E ti chinerai sul mio letto
nell’ora in cui della vita s’allungano
le ombre;
Tu, del dubbio, dell’impazienza
e della tristezza
nemico vigile e geloso.

Amico mio, quando sarò davanti al Giudice…
amico mio, se, risparmiato, riuscirò a resistere
nel fuoco della dorata fornace, per il tempo
che il mio peccato sia consumato interamente;

amico mio, fratello della mia anima,
quando sarà arrivato il giorno della mia liberazione,
allora le tue braccia dolcemente mi rialzeranno,
le tue ali mi porteranno al mio focolare
d’eternità.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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