Don Stefano Trevisan, 36 anni, sacerdote da poche settimane, missionario comboniano, e la sua toccante testimonianza di fede
Dai paesaggi dolomitici e gelidi della Val Badia all’arido Sud Sudan. Una scelta di vita che porta don Stefano Trevisan, 36 anni, sacerdote da poche settimane, missionario comboniano, ad iniziare una vita che stravolge la precedente
Originario di San Vigilio di Marebbe, in Val Badia, Stefano ha lasciato la professione di maestro di sci e ha deciso di prendere i voti.
I primi passi sulle piste di sci
«Da ragazzo mi piaceva molto sciare e gareggiavo nello Sci Club del mio paese – racconta don Stefano ad Avvenire (6 agosto) – Una volta maggiorenne ho fatto l’esame per diventare maestro di sci e grazie agli allenamenti con mio zio sono riuscito a superarlo. È stata una gioia grande e quel lavoro mi piaceva e mi piace ancora molto. Gli anni della mia gioventù li ho passati nel mio paese, unica eccezione le scuole medie fatte in collegio nell’abbazia di Novacella, vicino a Bressanone».
Dall’università al bagnino
Dopo le scuole superiori a Brunico e a Bolzano «mi sono iscritto all’università a Bologna, ma dopo un anno sono tornato a casa perché ho visto che non era la mia strada. In estate ho fatto alcuni lavori saltuari come grafico, muratore, bagnino, segretario, lavorando in un pastifico; varie attività che mi hanno fatto crescere e maturare».
Quel desiderio di cambiare la propria vita
In questo periodo Stefano ha cominciato ad avvertire a maturare la scelta di diventare missionario. «Sentivo di tante persone che erano costrette a vivere in condizioni veramente difficili, di povertà e degrado, situazioni al limite dell’umanità. È così che ho deciso di fare un’esperienza di volontariato in Africa. Ho contattato il centro missionario della diocesi di Bolzano-Bressanone e l’allora vicedirettrice, Paola Vismara, mi ha dato la possibilità di andare in Sud Sudan, a Lomin, al confine con l’Uganda dove lavorava un missionario comboniano di Rio di Pusteria, fratel Erich Fischnaller».
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Il cuore in Africa
Nei tre mesi che Stefano passa nel cuore del-l’Africa, l’Africa gli entra nel cuore. Inizia così il cammino, piano piano, all’inizio senza troppi scossoni, ma con una scelta radicale all’orizzonte, come spiega al quotidiano della Cei:
«Quell’inverno lavorai ancora come maestro di sci e una volta al mese andavo a Padova dai missionari Comboniani dove per un anno ho fatto il percorso Gim (Giovani impegno missionario)».
Si tratta di una prima esperienza di sensibilizzazione ai temi della missione, della vocazione e dell’impegno a favore degli ultimi: «Ho usato questo tempo per approfondire l’esperienza vissuta in Africa e per riflettere sulla chiamata alla vita missionaria. L’anno seguente, a 26 anni, sono entrato nel Postulato a Padova dove sono rimasto due anni, compiendo anche gli studi del biennio filosofico».
21 luglio 2019: il giorno che gli cambia la vita
Poi il noviziato, due anni in Portogallo, «per approfondire la vita di preghiera, la storia del nostro fondatore, san Daniele Comboni, e il carisma dell’Istituto.
Il cammino di Stefano prosegue arrivando al giorno decisivo: il 21 luglio 2019, il giorno dei voti perpetui e, una settimana dopo, all’ordinazione diaconale: sono i segni più concreti del sì definitivo a Dio. L’inquietudine nata in mezzo alle piste da sci, in mezzo alla bellezza sconfinata delle montagne della Val Badia, ha trovato finalmente una risposta.
Il 28 giugno 2020, infine, viene ordinato sacerdote nel duomo di Bressanone.
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