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Adolescenti e giochi estremi: quali i più pericolosi e perché i ragazzi rischiano la vita

YOUNG GIRL,
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Silvia Lucchetti - pubblicato il 05/08/20
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È urgente una riflessione su come leggere ed affrontare la diffusione di comportamenti pericolosi tra i giovanissimi.Cosa spinge un adolescente a comportamenti pericolosi come i giochi estremi che qualche volta purtroppo finiscono tragicamente? Prova a rispondere Giovanni Sabato in un articolo dal titolo “L’età dell’incoscienza” sul numero in edicola di Mind che questo mese offre ai suoi lettori un corposo dossier sull’adolescenza.

Cos’è il gioco di asfissia o gioco del foulard?

A Roma nel febbraio del 2018 un 14enne è stato rinvenuto a casa morto per asfissia causata dallo strangolamento con il cavo della playstation; qualche mese dopo un coetaneo milanese ha fatto la stessa fine con una fune da arrampicata: sono i primi due giovani che in Italia sono rimasti uccisi dal gioco dell’asfissia. In questo “gioco”, detto anche del foulard (o in inglese choking game, funky chicken, space monkey, passing out, black-out game) si ostacola l’ossigenazione del cervello schiacciando la carotide con le dita, con una corda o con altri oggetti come il foulard, per indurre un senso di vertigine ed eccitazione, frequentemente seguito da svenimento ed iperventilazione (Mind). In seguito all’ipossia cerebrale che si determina i ragazzi riferiscono di provare allucinazioni (sollevarsi dal suolo, visioni colorate ecc…), di perdere conoscenza e, qualche volta, di avere convulsioni.

Depressione e gioco del foulard

A parte il rischio di morte e di lesioni cerebrali irreversibili, il gioco del foulard – se praticato frequentemente – può far sviluppare una forma di dipendenza che spinge l’adolescente a ricercare sempre più spesso le sensazioni generate dall’auto-soffocamento, specialmente se diverse da quelle sperimentate dai compagni con lo stesso sistema. Alcune ricerche hanno evidenziato inoltre come alcuni giovanissimi con tendenze depressive trovino in questo gioco una modalità per contrastare il loro umore negativo, tanto da riprodurla compulsivamente in solitudine, elemento che comporta l’aumento del rischio di evoluzioni sfavorevoli.


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I giochi estremi più comuni

Ma ci sono altri giochi molto pericolosi che oggi attraggono i giovani: il balconing, in cui si salta da un balcone all’altro o in una piscina; il surfing suicide in cui si cavalcano veicoli o treni in movimento; il planking in cui ci si sdraia a terra in pubblico in posti pericolosi come i margini di strapiombi, su ringhiere di balconi o sui binari in attesa che passi il treno. Nel 2017 avevamo assistito alla prima vittima nostrana del “selfie spericolato”: un 13enne investito da un treno mentre si fotografava con due amici nel momento in cui il convoglio era in arrivo. In Italia, come un po’ dappertutto, si registra un aumento di queste forme di divertimento estremo sull’onda di YouTube, i cui filmati veicolano l’idea in quanto tale e le varie modalità per realizzarla, e dei social dove prospera e si alimenta il narcisismo di quanti cercano ammirazione nei coetanei con le loro prodezze.

Il gusto di trasgredire e il desiderio di sperimentare

Analogamente ai rischi collegati ad alcol, fumo, droghe e sesso, anche i giochi estremi reclutano facilmente adepti negli adolescenti, solleticando le loro corde più sensibili. In tutti questi comportamenti è presente infatti il gusto di trasgredire insieme al desiderio di sperimentare, bisogni tipici di questa complessa fase di transizione della vita dell’individuo. In aggiunta, come afferma Paola Panarese, professore associato del Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale dell’Università La Sapienza di Roma, attualmente il rischio è percepito più positivamente che in passato come una sfida, un’opportunità o nella peggiore delle ipotesi come una condizione esistenziale con cui convivere nelle nostre società cosiddette del rischio, in cui viene oltremodo valorizzato il “coraggio” imprenditoriale o finanziario.

L’adolescente ha l’illusione di poter controllare tutto

Una ulteriore chiave di lettura viene fornita da Silvia Bonino, professore onorario del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, che si concentra sul fattore della maturazione psicologica e cerebrale dell’adolescente.

Uno è che l’adolescente fatica a valutare il rischio. Ha un’illusione di controllo, per tanti comportamenti. Per esempio sulle droghe si dicono “tanto io sono capace di uscirne quando voglio”. C’è un grande senso di onnipotenza, che per certi versi può anche essere utile perché dà una spinta ad agire, ma rende difficile valutare i pericoli a cui si va incontro. E oggi questa difficoltà sembra aumentata perché in Occidente siamo in una situazione paradossale: da un lato lo sviluppo puberale è più precoce, dall’altro abbiamo un’infantilizzazione dei giovani. Gli adolescenti sono più bambini, con meno capacità di senso critico e quindi più immaturità (anche cognitiva, checché se ne dica). Ma, pur senza un senso critico adeguato, hanno a disposizione strumenti molto pericolosi: l’auto o il motorino, l’alcool e le altre sostanze, e anche Internet. (Mind)

Cosa consigliare ai genitori?

Cosa consigliare allora ai familiari che si confrontano con adolescenti che assumono comportamenti preoccupanti? La Bonino distingue i cosiddetti comportamenti esternalizzati come guida spericolata, abuso di alcol o vandalismo, da quelli cosiddetti internalizzati: l’assenza di amici, il confinamento in casa, l’uso compulsivo e in solitudine del computer o degli altri dispositivi elettronici, mettendo in guardia i genitori dal ritenere che gli ultimi siano meno pericolosi dei primi.

Non mi sento di dare ricette. Bisogna stare con gli occhi aperti, non sottovalutare i comportamenti meno evidenti. E preparare il passaggio, perché se un ragazzino è stato a contatto con gli altri, ha fatto sport o altre attività di gruppo, ha costruito una sufficiente sicurezza di sé, un buon rapporto con i genitori, relazioni sane, allora potrà avere qualche sbandamento, ma difficilmente finirà in grossi guai. Per me il messaggio fondamentale ai genitori è di non rinunciare al loro ruolo educativo. In questi anni è passata l’idea che bisognava ritirarsi e, non si sa bene per quale miracolo, i figli sarebbero cresciuti da soli, Una cosa che già non era vera in una società strutturata con regole chiare, ma meno che mai lo è oggi. (Ibidem)

Un forte richiamo quindi al dovere dei genitori, specialmente quelli del nuovo millennio, di “preparare” nel modo migliore i figli ad affrontare questa fase così delicata e fondamentale, assumendosi in pieno l’onere del loro ruolo educativo che resta l’unica garanzia per un sano passaggio all’età adulta.


KIRILL ORESHKIN
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