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“Amore”: il disperato messaggio della campionessa di pattinaggio russa morta suicida

EKATERINA ALEXANDROVSKAYA,
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Silvia Lucchetti - pubblicato il 20/07/20
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Ekaterina Alexandrovskaya, Katia per gli amici, poco più che ventenne si è tolta la vita lasciando un biglietto d’addio che costringe tutti noi a riflettere profondamenteCon un salto dalla finestra del suo appartamento si è tolta la vita Ekaterina Alexandrovskaya, campionessa di pattinaggio russa poco più che ventenne, ritiratasi dallo sport agonistico nel febbraio scorso ufficialmente per infortunio. La giovane si è suicidata a Mosca, lasciando un biglietto vergato con una sola parola: “Amore”. (Corriere)

Inizia a pattinare all’età di 4 anni

Nata il primo gennaio del 2000 nella capitale russa, aveva iniziato a pattinare a 4 anni non ancora compiuti dimostrando subito il suo straordinario talento che l’aveva portata a diventare campionessa del mondo juniores a Taipei nel 2017, in coppia con l’australiano Harley Windsor con cui anche successivamente si è esibita sui pattinodromi di mezzo mondo. A fine 2019 la coppia si scioglie per un infortunio occorso ad Ekaterina di cui si sa molto poco, dopo i tanti subiti dal compagno, ed entrambi lasciano improvvisamente il pattinaggio.

Problemi di depressione

Le scarse notizie che circolano raccontano di una ragazza alle prese con gravi problemi di depressione e sofferente di epilessia, che senza lavoro aveva iniziato a fare la spogliarellista tentando il suicidio almeno in un’altra occasione. Appena appresa la notizia Windsor ha scritto su Instagram:

Nessuna parola può descrivere come mi sento in questo momento: sono devastato e sconvolto. Ciò che abbiamo raggiunto durante la nostra collaborazione è qualcosa che non potrò mai dimenticare e che mi terrò sempre vicino al cuore. Riposa in pace Katia. (Ibidem)


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Amore

Più di qualcuno crede che sia proprio lui il destinatario di quel laconico messaggio che la ragazza ha lasciato nell’appartamento prima di lanciarsi nel vuoto. Ian Chesterman, capo missione degli atleti australiani alle Olimpiadi di Pyeongchang, l’ha ricordata come “una persona vivace e di talento e un’atleta incredibile , calma e umile nei modi ma incredibilmente determinata a dare il meglio di sé” (Ansa). E ha aggiunto: “Dopo le Olimpiadi per lei non è stato facile e questo è un altro promemoria di quanto sia fragile la vita”, riferendosi agli infortuni che l’avrebbero costretta ad un ritiro prematuro, e che potrebbero rappresentare il motivo principale alla base del suicidio.

È risaputo che la vita degli atleti è logorante, costringe a mantenere costantemente elevati standard di rendimento, e la loro carriera può finire in un attimo a seguito di un grave incidente sportivo e non. Ma quella parola lapidaria, che rimane l’unica testimonianza degli ultimi attimi di una giovane vita che sta per essere spezzata, orienta la nostra ricerca di senso ad un comportamento così estremo e indecifrabile verso un doloroso bisogno alla radice di ogni esistenza: il calore dell’amore, in questo caso tanto anelato quanto introvabile, con tutta probabilità cercato unicamente e inutilmente in un proprio simile, nell’assenza di uno sguardo rivolto verso l’Alto, dove splende quell’Amore che non tradisce mai. Perché, citando una frase della poetessa Alda Merini:

La tenebra è solo una grande domanda di luce.


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