Curato della Parrocchia Notre-Dame de la Baie a Saint-Pair-sur-Mer (Manica), padre David Lerouge pubblica in un libretto le sessanta lettere che durante la quarantena ha inviato ai suoi parrocchiani. Di volta in volta giocose, leggere, sconcertanti ma pure profonde e stimolanti: hanno accompagnato un duemila persone per tutto il corso di quei due mesi.
La sera del 16 marzo 2020, una settimana dopo che analoghe misure erano già state adottate in Italia, Emmanuel Macron annunciò in Francia un lockdown nazionale «di almeno due settimane» al fine di arginare la pandemia di Covid-19. I quindici giorni sono poi diventati due mesi, due mesi in cui i fedeli sono stati privati della messa… e i preti della comunità. Il premier «Édouard Philippe ha annunciato fin da sabato 14 marzo la sospensione delle messe pubbliche», si ricorda padre David Lerouge, parroco di Notre-Dame de la Baie a Saint-Pair-sur-Mer (Manica). «Ho cercato al volo una celebrazione della Parola che potessi mandare ai miei parrocchiani perché la facessero in casa». Rapidamente dei preti si mettono a filmarsi mentre celebrano la messa per diffonderla in streaming sui social. Ma padre Lerouge non si sente a suo agio con questo formato. «Celebrare da solo davanti al mio telefono… No, non mi ci vedevo a farlo», riconosce volentieri: «Però una cosa che so fare è scrivere».
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«Come fare per continuare a sostenere i cristiani mentre vivo da solo nella mia canonica?». Con la scrittura! Mandare via mail una lettera quotidiana ai suoi contatti – parrocchiani o vacanzieri di passaggio a Saint-Pair-sur-Mer – è quel che padre Lerouge ha scelto di fare per «sostenere la sua comunità ed esserle vicino». Dai 400 destinatari iniziali è arrivato a 800 nel corso dei giorni. Diversi fra loro rilanciavano a loro volta i testi fra i loro contatti: «Dovevano esserci circa 2mila letture per ogni lettera». All’inizio della quarantena le redigeva nel corso della mattinata e le mandava a mezzogiorno, ma in capo a qualche giorno decide di spedirle alle 6 del mattino «per accompagnare la giornata di qualcuno».
Insomma di che parlano queste lettere?
Come tutti quanti, all’inizio della quarantena neanche io avevo le chiavi per capire come sarebbero andati i giorni successivi. Questa incertezza e questo spaesamento, però, si sono trasformati in una forza e hanno innescato veri dinamismi.
È dunque questo ciò di cui ha parlato. Interrogativi, dubbi, ma anche speranza, creatività e gioia: quelle che danno al quotidiano un lavoro tutto particolare. Il prete condivide così l’appello di Alix, la cui zia si trova in una casa con persone portatrici di handicap e che lancia un appello perché le spediscano lettere e disegni per gli ospiti della struttura. Ci sono anche dei consigli raccattati qua e là, come quello di recitare un’Ave Maria mentre ci si lava le mani, chiamare i parenti, proporsi per dei servizi alle persone isolate, seguire una messa online…
E poi c’è Dio, certamente: colui col quale tutto diventa possibile. Mercoledì 25 marzo padre Lerouge scrive:
Vorremmo ritenere il tutto in un momento, mentre Egli annuncia un tempo lungo, un dispiegamento del dono, tra grazia ricevuta e consenso illuminato, promessa gioiosa e difficoltà attraversata. Con la sua venuta Cristo ci rimanda all’unità delle nostre vite, dove si raccolgono momenti d’entusiasmo e prove, semplicità e ore confuse (annebbiate?)… anche in questi giorni luminosi e turbati.
Un’unità che la quarantena ha permesso di riscoprire.
Il reverendo Lerouge non esita neppure a lasciarsi andare al racconto di aneddoti personali, come la telefonata che il 1o aprile gli fece sua sorella: una chiamata complicata nella misura in cui lei non sentiva bene quel che diceva lui. L’indomani lei gli scrisse per raccontargli che cosa era successo: i suoi figli, volendo farle un pesce d’aprile, le avevano messo dello scotch sull’apparecchio. Aneddoto divertente, certo, ma anche una bella occasione per interrogarsi sui “pezzi di scotch” che anche noi abbiamo addosso.
Immagino che in questi tempi turbati abbiamo nelle comunicazioni con Dio dei pezzi di scotch che rendono difficile il dialogo. Eppure non ne stiamo venendo fuori così male… Poiché le nostre giornate sono tutte tese tra un impiego del tempo sconvolto e un forte silenzio sociale, sentiamo meglio i rumori che normalmente vengono coperti dalla città… però permangono i famosi pezzetti di scotch.
Per rallegrare la vita quotidiana dei suoi destinatari valorizzando il presbiterio con magnifica vista sul mare – decide di impreziosire i suoi messaggi con fotografie dell’alba e del tramonto. «È una cosa semplice – scrive una volta – ma talvolta basta a riscaldare i cuori nei giorni difficili». Come in ogni relazione epistolare, alcuni gli hanno risposto per incoraggiarlo, gli hanno raccontato quanto le sue lettere l’avevano toccato. Altri per condividere il disappunto di trovarsi privati dell’Eucaristia.
«Questo è stato il modo di sentirmi vicino alla mia comunità, di accompagnarla nel quotidiano», riassume padre David Lerouge. Ne dà testimonianza la maniera in cui egli terminava le sue lettere: «Vi assicuro la mia profonda amicizia». Un’amicizia spirituale che si è dipanata per tutti i sessanta giorni di quarantena, “sacramento spirituale” «Siamo progrediti al medesimo passo, in comunità», assicura il curato:
Esiste una vera umiltà, insita nel trarre da questo tempo quel che ci è ordinato di vivere: non è perché siamo cristiani che siamo padroni del tempo. Avanziamo insieme nel tempo e, grazie a Lui, apprendiamo ad abitare alla Sua presenza.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]