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Perché gli altri non valorizzano quello che faccio per loro?

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Carlos Padilla - pubblicato il 15/07/20
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Vivere con tanta tensione mi danneggiaVorrei sentirmi sempre piccolo davanti a Do. E anche davanti agli uomini. Piccolo, povero, indigente, insignificante, semplice, vuoto, libero. È quello che voglio, ma non è quello che perseguo con le mie azioni. Gesù me lo dice chiaramente: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te”. Non capisco bene le sue parole.

Non mi sento semplice né piccolo. Mi sento migliore degli altri. Vedo le mie capacità e penso di valere molto. E allora non sono piccolo. Per capire ciò che vuole Dio devo essere come un bambino piccolo. Devo confidare in Lui come un figlio. È quello che desidero nel profondo dell’anima, ma oppongo resistenza.

Cerco di spiccare, di essere lodato, elogiato. Non lo capisco bene. Sarebbe tutto molto più facile se fosse più semplice, ma mi complico la vita e la complico agli altri. Commento le cose in modo inopportuno. Mi confondo e confondo gli altri con i miei atteggiamenti. Esigo ciò che non è esigibile nell’amore che gli altri hanno per me. Chiedo loro quello che non posso chiedere né dare. Piccolo, semplice. Continua Gesù: “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore”.

Gesù chiede espressamente che impari poche cose, e quello che mi chiede oggi è proprio che sia mite e umile. La mitezza è una virtù difficile da ottenere. Per viverla serve molta umiltà. L’orgoglio è forte nel mio cuore, e penso di meritare più di quello che ho e che ricevo.

Con rabbia esigo di essere valorizzato. Nasce l’ira, scompare la mitezza. Di fronte alla minima aggressione mi ribello. Alzo la voce, divento altezzoso. Perché non valorizzano tutto quello che faccio per loro? Com’è possibile che non vedano i miei talenti e non apprezzino il valore delle mie opere? Tutto è vanità.

Non sono umile e divento irascibile. Di fronte al minimo commento grido e non sopporto che mi offendano. Mi sento ferito nel mio amor proprio. Faccio la vittima. Non mi valorizzano, non apprezzano quanto valgo. Nulla è sufficiente per sentirmi valorizzato. Solo quando diventerò un bambino dal cuore semplice guarderò la vita in modo diverso. Voglio guardare gli altri come un bambino dal sorriso ampio e dal cuore grande.

Vorrei essere più umile. So che le umiliazioni mi aiutano a crescere in umiltà, ma mi fanno molto male e le respingo. Voglio essere il primo, voglio essere al di sopra. Oggi Gesù mi chiede di essere umile. Di non rispondere alla violenza con la violenza. Alle grida con le grida. Agli insulti con gli insulti. Leggevo giorni fa: “La fede delle nostre comunità si basa anche oggi sull’esperienza di quei testimoni umili e semplici che in mezzo a tanto scoraggiamento e a tanto sconcerto gettano luce, perché ci aiutano con la loro vita a sentire la vicinanza di Gesù”.

La mitezza e la semplicità di vita danno luce. Illuminano con la loro vita il cammino di chi è sconcertato. È la verità. La semplicità, la mitezza e l’umiltà sono tratti santi. Danno speranza in questi tempi di disperazione. Mi soffermo a contemplare Maria. Ella spicca per la sua semplicità, per la sua umiltà, la sua discrezione. Vorrei essere più come Lei. Essere schiavo di Dio nei miei atteggiamenti, nel mio modo di donarmi agli altri. Il suo silenzio, il suo sguardo elevato al cielo come una supplica uscita da un cuore pieno di pace e riconoscenza. Così è Maria nella sua vita, e vuole che io sia come lei.

Mi costa molto mantenermi al livello della gente umile e semplice. Mi costa molto passare inosservato e non essere tenuto in conto. Mi costa molto non essere valorizzato per i miei doni, che non si apprezzi ciò che valgo, quello che sono. Mi spaventano l’oblio e l’anonimato, l’idea di perdermi nella massa e di rimanere nascosto.

Cerco quei primi posti che desiderano i farisei nel Vangelo. Non sono semplice e piccolo. Voglio essere grande e valorizzato da tutti. Spiccare in ogni cosa, essere importante per chiunque. Vivere con quella tensione mi danneggia. È la ferita di non sentirmi valorizzato. Accumulo rabbia nel cuore. Mi indegno, e sfocia l’ira dell’anima. Non sono mite in tutto ciò che faccio. Non mi piace essere così. Gesù vuole che assomigli a Lui, a sua Madre.

Vuole che cerchi i posti più semplici. Che non abbia pretese che superano la mia capacità. Che non desideri quello che hanno gli altri. Che accetti la mia vita com’è, nella sua semplicità. Solo così potrò essere mite e umile di cuore. È una missione che ho per la vita. Sogno di essere mite e umile in tutto ciò che faccio. Povero e piccolo. Semplice e dal cuore allegro. Questo basta per essere felice. Se non ho molte pretese sarò più felice.

Più desidero ciò che è al di fuori della mia portata, più soffrirò per il fatto di paragonarmi con chi è in una posizione migliore della mia, con i migliori, con chi ha di più.

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