Una storia tragica e insieme consolante. Una famiglia ferita a morte dalle fiamme che hanno ucciso la giovane mamma, Rachel, nel tentativo di salvare entrambi i suoi figli. Siamo a Phoenix, in Arizona e Philip si trovava lì per puro caso. O no?Serve sempre il contesto per giudicare un gesto e più ancora serve entrare in qualcosa che a noi è inaccessibile, il cuore dell’uomo.
Ma il cuore di questa mamma lo si può indovinare; nel suo appartamento scoppia un incendio che diventa un rogo inarrestabile. Lei è in casa con i suoi due figli, una bimba di 8 anni e un bimbo di 3, Roxanne e Jameson.
Lo stesso gesto, lanciare il proprio bambino dal terzo piano di un edificio, può essere espressione della più cupa angoscia, della peggiore delle crudeltà o un atto di amore, di disperata speranza. Se intorno le fiamme ci mangiano l’aria e bruciano i polmoni, regalare a questo bimbo ancora un soffio di aria non ardente, di ossigeno che possa far espandere i suoi polmoni può essere un estremo atto di coraggio e una scommessa d’amore. Avrà ancora 3 secondi più di me, può aver pensato la donna, che invece morirà nell’incendio. Alcune fonti riferiscono che sia stata sollecitata proprio dalle persone in strada a lasciar cadere il bimbo, anch’esse animate dalla temeraria speranza di poterlo salvare, magari con tante fratture e traumi, ma con la vita ancora ben salda in corpo.
Siamo in Arizona, a Phoenix e per cause da accertare la settimana scorsa in un appartamento al terzo piano di un edificio residenziale si è sviluppato un incendio.
Philip Blanks, 28 anni, si trovava a casa di un amico quando ha sentito delle urla provenire dalla strada; scalzo, si è precipitato fuori e si è così trovato a compiere un gesto incredibile: ha preso al volo quel bimbo gettato fuori dalla trappola delle fiamme e da diversi metri di altezza un istante prima che toccasse terra.
Philip è un ex marine e ha anche un passato, recente, da giocatore di football (era ricevitore al Saddleback College); per questo ha reagito con l’istinto e la prontezza di un uomo addestrato ai pericoli e alla presa salda.
La mamma, visto il bimbo in salvo, rientrerà nell’appartamento per cercare di mettere al sicuro anche l’altra figlia. A lei, la più grandicella Roxanne, penserà un altro eroe per caso, il quarantaduenne Alessander D’Artagnan: salite le scale, abbatterà la porta e trarrà in salvo la bambina, chissà in quale stato interiore. Esteriormente è stata duramente segnata dalle fiamme e dovrà sottoporsi a numerosi interventi chirurgici per cercare di sanare o ridimensionare gli esiti delle gravi ustioni subite.
La vera eroina, dice Philip, è la mamma, Rachel Long; lei sì che ha fatto di tutto e fino alla fine per salvare entrambi i suoi figli. Io, si schermisce prontamente l’ex Marine, ho fatto solo del mio meglio.
Che mescolanza di dolore e gioia, in questa storia; che incrocio di destini, di prese, di appelli accolti da chi si è trovato coinvolto. Sembra una sintesi della vita; trovarsi coinvolti con il destino di sconosciuti per i quali più o meno esplicitamente ci viene chiesto conto come fossimo fratelli. Lo siamo? Forse è una realtà talmente propria di ogni creatura umana che in circostanze eccezionali non possiamo fare altro che agire in nome di essa.
Quel bambino è il bambino di tutti e chiunque sia nei paraggi ha il compito imperioso di buttarsi e tentare la presa.
Ma fuori dalle metafore e dentro le ferite vere di vite reali ci sono le storie delle persone, che dopo questi momenti tragici ed eroici sono chiamate a tornare ai soliti salati conti con la realtà. Il marito di Rachel è rimasto solo, ora ed è senza casa; entrambi i bambini sono feriti più o meno severamente, nel corpo e nell’anima. Le spese mediche per gli interventi a favore di Roxanne saranno tutti a carico suo; anche Jameson è in ospedale sebbene la sua situazione sia meno grave. Per questo, al link da cui abbiamo appreso la notizia – rilanciata anche da tanti media italiani – leggiamo che è stata lanciata una campagna di raccolta fondi per sostenere questa famiglia.
Covey, Jameson e Roxxie hanno bisogno delle vostre preghiere e del vostro sostegno economico, si conclude l’appello di Gofundme.
Questa storia ha un che di davvero particolare poiché in uno stesso intreccio mostra un destino di morte ottuso e senza senso e un volto ridente di vita, pietoso di soccorso, tenero di consolazione e che sembra pensato esattamente sulla misura di queste persone. Cosa ci faceva un ex marine e atleta a pochi metri da quella casa, lui che nemmeno abita lì? Non è quasi inevitabile pensare che Qualcuno ce lo abbia mandato?
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A ben pensarci solo facendo costante memoria della vittoria definitiva di Cristo sulla morte e della sua attuale, costante presenza da vivo nelle nostre vite così mortali, si può guardare a queste vicende senza che il cuore ci diventi strabico e la mente cinica o folle. Ha ragione Padre Maurizio Praticiello (e con lui chilometriche teorie di santi sconosciuti o noti): della Resurrezione di Cristo e della sconfitta definitiva della morte bisogna parlare sempre e dappertutto, in casa, in spiaggia, al bar, persino tra le fiamme di un incendio.