Joseph Ratzinger ricorda suo fratello nel giorno del funerale: eri una persona schietta e gioviale, grazie per quello che hai donato. E cita Newman
L’ultimo omaggio di Benedetto XVI al fratello Georg Ratzinger, morto a 96 anni a Ratisbona, è stata una lettera. «Dio ti ricompensi per tutto quello che hai fatto, hai sofferto e mi hai donato».
Il Papa emerito, dopo aver ringraziato il pastore di Ratisbona, dandogli del “tu”, si è rivolto idealmente «a tutti coloro che visibilmente o invisibilmente sono stati accanto a lui», a Georg, «e che gli hanno mostrato gratitudine per quello che nella sua vita aveva fatto e sofferto per loro. L’eco della sua vita e del suo operato che mi ha raggiunto in questi giorni sotto forma di lettere, telegrammi ed email ricevute va oltre ciò che mi sarei immaginato. Persone di molti Paesi, di tutte le condizioni sociali e le professioni mi hanno scritto in un modo che mi ha toccato il cuore».
“Mi mancano il tempo e le forze”
A ciascuno, spiega Joseph Ratzinger, «dovrei rispondere di persona, ma mi mancano purtroppo il tempo e la forze. Posso solo dire a tutti in questa occasione grazie per l’accompagnamento di queste ore e di questi giorni. Si avvera per me ora la frase del cardinale Newman: “Cor ad cor loquitur”, attraverso la carta e al di là di ogni carta parlano i cuori».
La vocazione sacerdotale e musicale
Benedetto XVI ha ricordato tre qualità di Georg che ha visto emergere dalle testimonianze e dai messaggi di cordoglio. «Si dice che mio fratello ricevette e comprese la vocazione sacerdotale insieme a quella musicale» ha detto, confermando questa interpretazione e ricordando che Georg, bambino, aveva cercato di capire come si chiamava la figura del prete che in Cattedrale si occupava della musica, il “Domkapellmeister”, e aveva subito sentito quella professione come sua».
Umorismo e nemici
Joseph ha rievocato la gioia del fratello quando ottenne l’incarico al Duomo di Ratisbona, specificando che «inimicizia e opposizione nei suoi confronti, soprattutto all’inizio, non mancarono». Ha ricordato «la giovialità», «l’umorismo» di Georg, la sua «gioia per i doni della creazione», il suo essere «un uomo dalla parola diretta, che diceva apertamente le proprie convinzioni» e che diede prova di grande sopportazione nell’affrontare gli ultimi vent’anni alle prese con una progressiva cecità.
“Uomo di Dio”
In ultimo però Georg era «un uomo di Dio», «anche quando non la mostrava, era la sua pietà il vero centro della sua vita, al di sopra di tutta la sua sobrietà e integrità personali».
«Sono grato per il fatto che negli ultimi giorni della sua vita sono stato ancora una volta con lui» ha aggiunto Ratzinger, «non mi aveva chiesto di andare da lui, ma io ho sentito che era il momento di farlo. Sono profondamente grato al Signore per avermi dato questo segno interiore. Quando lunedì 22 giugno di mattina mi sono congedato da lui, sapevamo che era un addio da questo mondo. Ma sapevamo anche che il buon Dio che ci aveva donato la possibilità di stare stare insieme in questo mondo, regna anche nell’altro e ci regalerà un nuovo modo di stare insieme» (Avvenire, 8 luglio).
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