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L’acrobata Jen Bricker: nata senza gambe, abbandonata alla nascita, grata di tutto

JEN BRICKER
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Paola Belletti - pubblicato il 06/07/20
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Una storia che ha già fatto più volte il giro del mondo ma che continua a fare del bene. Questa giovane donna di origini rumene viene abbandonata appena nata perché priva degli arti inferiori. Ma da un male oggettivo è scaturita, miracolosamente e grazie all’amore dei genitori adottivi, un’enormità di bene.Ho sempre avuto una istintiva repulsione per il motto “impossible is nothing” e omologhi (per via di certi spot, per l’idea che l’uomo si possa sentire il padrone assoluto mentre da solo è poca cosa) ma nella Jen Bricker version no, ha tutta un’altra aria. Tutta un’altra credibilità. Forse la conoscete già, visto che ha calcato palchi piuttosto famosi e ben frequentati, o meglio vi ha volteggiato sopra. Anche noi ne avevamo già parlato qui.  Eccola a San Diego nel settembre del 2009 durante lo spettacolo di Britney Spears, il suo Circus tour:

 

Partire in svantaggio?

Nell’avvicinarmi alla sua storia avevo già una serie di categorie nelle quali collocarla. Una donna forte, positiva, energetica; l’influencer di successo che mostra senza vergogna la propria disabilità perché non c’è nulla da nascondere. Uno di quegli eroi contemporanei che i social media hanno il merito di farci intravedere, di quelli per cui la vita diventa una sfida e un’avventura da attraversare e gustare senza timidezze.

Ma Jen, come tutti a ben guardare, è molto più di tutto questo. E il servizio che rende agli altri è ancora più benefico di quello che ci si attenderebbe da una semplice influencer.


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Nata il 1° ottobre del 1987 viene abbandonata dai genitori naturali perché priva degli arti inferiori e affetta da un problema cardiaco (il cuore si trovava collocato a destra anziché a sinistra). I due, immigrati rumeni e già genitori di un’altra figlia, lasciano questa bimba spezzata più nei legami fondanti che nel corpo, disponibile per l’adozione.

Ha pochi mesi quando Sharon e Gerald Bricker la accolgono nella loro famiglia. Ora, oggettivamente, essere rifiutati perché menomati è un male, uno di quelli belli grossi. Ma fino a che siamo in viaggio sul versante terreno dell’esistenza conviene aspettare a dare giudizi definitivi. Quanto bene è sgorgato da una debolezza umana così evidente, da un rifiuto tanto crudele?

Dei genitori adottivi colpisce la larghezza di cuore e la disponibilità reale a comprendere non solo le ferite di quella bimbetta vivace e carica di energia, ma anche quelle dei suoi genitori: le insegneranno ben presto a non giudicarli, a cercare di capirli, a tenere conto della storia e delle povertà non solo materiale da cui fuggivano, senza esserci ancora riusciti del tutto. Scoprirà infatti con il tempo che il padre, il maggiore responsabile della decisione di abbandonarla, temeva di non poter far fronte alle spese sanitarie necessarie alla figlia. E che la madre, forse, troppo debole per opporsi aveva subito con dolore questa separazione.

Tu sei un mare di possibilità!

Ma per mamma e papà Bricker, che la accolgono come una degli altri tre figli naturali, Jennifer era la risposta alle loro preghiere. Non è una notizia dirompente questa da dare ad un figlio? Tu, con la tua vita così com’è, con le tue caratteristiche, le tue ferite, i tuoi talenti, il tuo mare di possibilità, sei dono diretto del Cielo. Sapere questo significa avere una riserva inesauribile di benevolenza e autostima a cui attingere. E da diffondere, visti gli effetti…

L’unico divieto imposto dai genitori adottivi di Jen riguarda proprio il tema “possibilità”. Non puoi mai dire “è impossibile”, fallo e basta. E Jen si è lasciata convincere fino in fondo.

“Never say can’t” era il motto dei suoi (mi ricorda tanto la nostra meravigliosa Nicole Orlando con il suo  “vietato dire ‘non ce la faccio'”). Jennifer non solo lo ha fatto suo ma ha un desiderio:

I hope to inspire & motivate others to BELIEVE that anything is truly possible. (dalla home del suo sito)

(Spero di ispirare e motivare gli altri a CREDERE che ogni cosa è davvero possibili)

Everything is possible, finding the faith and the courage to following your dreams, è il titolo del suo libro autobiografico. Ed è un bestseller del New York Times. La cosa miracolosa e dirompente non è prima di tutto il coraggio di seguire i proprio sogni, ma quello di concederseli, di accettarne la portata, di vederli nella loro enormità.

Nei video e negli scatti che si trovano in rete la vedrete ancora piccolissima saltare con il papà o i fratelli su un trampolino elastico (quello che le mie figlie mi chiedono da quando sanno parlare, forse da prima!).  E’ cresciuta senza alcun problema serio di integrazione nella cittadina di Oblong, in Illinois, vivendo all’aria aperta, arrampicandosi sugli alberi, cavalcando, saltando sul trampolino.

Non si è mai sentita radicalmente diversa, semplicemente sapeva di non avere le gambe. L’obiettivo allora era sempre quello di capire come fare ciò che desiderava fare tenendo conto di questo dato.

“Non è mai stato un grosso problema per le persone con cui sono cresciuta il fatto che non avessi le gambe”, dice Bricker. “I miei genitori (adottivi) mi hanno sempre incoraggiato in tutto ciò che desideravo sperimentare; e mi hanno aiutato a capire come farlo funzionare per me.”(jenbricker.com)

La ginnastica, una passione nata con lei

Come per tantissime bambine una passione tra le altre è diventata dominante: la ginnastica. La cosa stupefacente è vedere come nella sua storia i talenti innati e l’ambiente familiare tanto favorevole abbiano fatto sbocciare le sue potenzialità. Fa impressione dirlo ma è assai verosimile affermare che a Jen sia andata meglio che alle sue sorelle naturali, sebbene perdere legami così radicali non sia mai augurabile.

Come ogni bambina che “va in fissa” con la ginnastica anche Jennifer ha i suoi idoli, atlete giovanissime che sono già dove lei sogna di arrivare, nonostante le menomazioni che lei non vive mai come limiti invalicabili. Ce n’è una in particolare alla quale si ispira e per la quale sente una simpatia profonda, quasi inspiegabile: si tratta della campionessa olimpica Dominque Moceanu.

Intorno ai quattro anni inizia a gareggiare, e pretenderà di non avere nessuna facilitazione; vincerà un campionato del suo stato e arriverà al quarto posto nella sua divisione ai Giochi Olimpici Junior.


GIORGIA GRECO
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Guardando le Olimpiadi di Atlanta, nel 1996, segue con un entusiasmo incontenibile le esibizioni di Dominique Moceanu; di lei ama tutto. La piccola statura, le origini rumene -che anche lei sa di poter vantare-, il fatto che le assomigli. Mentre la stanno seguendo sugli schermi in famiglia a mamma Sharon cade lo sguardo sui genitori di Dominique, inquadrati dalla telecamera, e dei quali vengono detti i nomi. Non avrebbe dovuto conoscerli ma stranamente nei documenti per l’adozione in un caso erano stati riportati. E allora capisce, sono i genitori naturali della sua Jen.

Jen capisce che c’è qualcosa che deve sapere. Siediti le dice mamma; sono sempre seduta, le fa notare lei. Sì ma mettiti tranquilla devo dirti una cosa che ti riguarda. E così le rivela che Dominique, con tutta probabilità, è sua sorella biologica. 

Radici, rami, frutti

Ecco da cosa nasceva allora la sua passione per la ginnastica e per quella ragazzina che sentiva tanto simile a lei! Dopo 4 anni Jen si decide e trova il modo di contattare la sorella; non le dirà subito che è senza gambe, invierà solo foto che la riprendono dal busto in su. Vuole che prima digerisca il fatto che lei esiste. Per Jen è importante potersi specchiare in qualcuno che le assomiglia, come la sorella minore Christina. Sembrano due gocce d’acqua.

Conoscendosi tutte e tre scoprono che le loro vite sono state diversamente colpite e che non è così semplice stabilire chi sia stata più penalizzata. L’abbandono è una ferita primaria, ma anche la durezza dei genitori naturali, Dmitri e Camelia entrambi ex ginnasti, l’ossessione del padre per il successo atletico di Dominique, le minacce e le punizioni fisiche in caso di prestazioni scadenti e non ultimo la perdita taciuta di una sorella, non sono di certo graffi superficiali per un’anima.

(Due stili educativi e motivazionali, soprattutto nei confronti dei risultati sportivi, radicalmente diversi. Minacce e durezze per Dominique, fiducia, determinazione, amore incondizionato per Jen. Anche riflettendo solo su questo aspetto si possono trarre tante conclusioni utili. Qual è l’autorità vera, quella che compie il suo scopo e quindi fa diventare grandi?)

Ma ritrovarsi e rivedersi l’una nei gesti dell’altra deve costituire un efficace balsamo, per tutt’e tre.

In questa vicenda brilla davvero la forza dei genitori adottivi di Jennifer; colpisce la capacità elastica del loro cuore. Si ama qualcuno perché esiste, così com’è, comunque sia entrato nella propria vita. Rispettandone la storia e semmai aiutando ad illuminarne i punti oscuri.

La prova che Dominique ha accettato il reinnesto con quel ramo spezzato e fino ad allora perduto sta in una frase. Che parla dei frutti: “Stai per diventare zia”, le scrive la sorella maggiore nel bel mezzo di una lettera.

Il loro legame dura ancora e si intreccia con gli impegni normali delle vite di tutti. L’unica che forse ne ha di eccezionali è proprio Jen, che gira il mondo per obbedire alla sua missione!

https://www.facebook.com/JenBrickerBauer/photos/a.193627570752805/2959328834182651

Dio mi ha mandata per questo

Sarà a Orlando, dove si è trasferita per lavorare a Disney World, che conoscerà performer acrobatici e aerei.

“Ho pensato, ‘posso farlo”, dice Bricker. “Ho solo bisogno di qualcuno che mi insegni come.” È stata presentata a Nate Crawford, un’acrobata esperta, che l’ha allenata nelle arti aeree mentre affinava le sue abilità di ruzzolio. La sua formazione ha dato i suoi frutti e ha iniziato a esibirsi, catturando infine l’attenzione di Britney Spears, che l’ha invitata a esibirsi nel suo tour mondiale. (Ibidem)

Ora continua ad esibirsi e a migliorare il livello delle proprie prestazioni. Ha accettato di revisionare tutta la sua vita, dai ritmi del sonno, alla dieta, allo stile d’allenamento, soprattutto seguendo l’allenatore Eric Fleishman.

Ma cosa pensa di sè stessa questa giovane donna capace di imprese eccezionali? Di essere uno strumento nelle mani di Dio.

 “Credo che Dio voglia usarmi come esempio per muovere le persone in modo profondo”.

In uno dei tanti video che raccontano la sua storia così potente si intravvede una targa in legno con la scritta:

I’m not lucky, i’m blessed

Io non sono fortunata, io sono benedetta

Ecco dove va cercato il suo segreto!

 

 



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In una fede autentica, intrecciata saldamente coi fili della vita quotidiana, il segreto della sua forza:

I genitori le hanno insegnato ad affrontare la vita di petto, a lottare per i propri sogni e ideali. Ma soprattutto le hanno trasmesso il valore di una fede vissuta in modo autentico: “Prego e leggo la Parola tutti i giorni. Quando ho fatto di questo un appuntamento quotidiano, la mia vita è cambiata. Tutto quanto è iniziato da lì“. (Cbn, riportato tradotto su Aleteia)

Lo stesso sguardo, quello di una fede vera e piena di gratitudine, rivolge anche al dono che suo marito Dominique Bauer è per lei. In questo video dal suo canale Youtube raccontano la loro storia: come si sono incontrati? Lei era in Europa per un tour in Austria e in Italia, ed era il 2018. Dominique racconta come sia stato non semplicemente motivato dalle parole, dai discorsi di Jen ma ispirato, sì ispirato. Lo ripete diverse volte. Allora ha proprio ragione Jennifer a pensare che Dio l’abbia mandata con questo scopo. Muovere dal profondo gli altri, fare loro scoprire quanto fuoco ribolla sotto la crosta, pronto ad uscire e infiammare vite intere.

 

 

Una testimonial credibile della nostra grandezza

Jen, tra le partecipazioni più recenti e notevoli, vanta anche quella per il video ufficiale di un pezzo alternative rock (o sono ancora nella fase metallara?!) dei Papa Roach. Il titolo è a dir poco perfetto: Born for greatness. Guardatela dal minuto 2 e 43 al 3 e 10 circa.

Non è la prima persona che, proprio nel suo vulnus trova il passaggio migliore per far esplodere la luce che ha dentro; per mostrare che, private di una parte, rimane indivisibile, intera, e soprattutto grande. Quasi giganteggia, mentre si libra sospesa ad un lungo nastro di tessuto. Anche la nostra Bene Vio ha quella potenza; anche Nick Vujicic, privo di gambe e braccia, sprigiona la stessa forza. Anche il nostro così tanto duramente colpito Alex Zanardi, per il quale ancora peniamo e preghiamo poiché tuttora in gravi condizioni dopo il secondo tragico incidente. Sì, queste persone, ci ricordano più di altre che siamo fatti di un materiale indistruttibile. Ma questa tempra di solito emerge proprio quando si viene spezzati.

 

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