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5 suggerimenti per navigare in mezzo alle tormente secondo monsignor Munilla

NATURE
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Catholic Link - pubblicato il 06/07/20
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di Mauricio Montoya

Mi sono imbattuto in un podcast (il numero 31885) di monsignor Munilla in cui ci offre cinque consigli per affrontare le difficoltà, sottolineando come nelle prove dobbiamo essere consapevoli della molteplicità dei doni di cui disponiamo nella nostra vita.

I doni sono la presenza della grazia di Dio nella nostra anima. Non si possono dare per scontati; se non ne godiamo tendiamo a lasciarli cadere nel dimenticatoio e affondiamo nelle tempeste.

La vita del cristiano è come una barca nel mare

Un esempio è il passo del Vangelo di Matteo (8, 23-27) in cui i discepoli e Gesù sono tranquilli, tanto che Gesù si addormenta, e vengono poi sorpresi dalla furia di una tormenta, al punto da pensare che moriranno. I discepoli ricordano però che Gesù è lì, corrono e lo svegliano perché plachi la tormenta… questa è la fede.

La fede non deve portarci a cercare una vita esente da piccole piogge o grandi tormente. Deve condurci a sapere in ogni momento che per quanto sia forte e violento l’uragano con i suoi venti, le maree e le tormente, Gesù è lì sulla barca, silenzioso, tranquillo come la pietra angolare, in attesa della nostra chiamata.

Lo Spirito di Dio ci riempie costantemente di doni, e con questo rafforza e alimenta la nostra fede e la presenza di Dio nella nostra vita. Questi doni sono gli strumenti per non cadere nelle tentazioni, per affrontare situazioni complesse. Per sapere che tutto nella vita dell’uomo di fede è grazia e benedizione, e per questo ogni momento dev’essere propizio per la preghiera di azione di grazie.

Per questo, monsignor Munilla ci regala cinque suggerimenti per navigare in mezzo alle tempeste senza dimenticare i doni di Dio:

1. Ringraziare per i doni

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Sebastien Desarmaux | Godong

Essere consapevoli di questi doni, della presenza della grazia nella nostra vita. Questo consiglio mi riporta alla mente i passi evangelici in cui Gesù è in viaggio, come distratto (anche se Gesù non si è mai davvero distratto), e all’improvviso un malato, un cieco, un bisognoso o un gruppo di persone inizia a chiamarlo gridando.

Come Bartimeo: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me”. Gli dicono di tacere e lui insiste: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me”…, fino a quando, come in altri passi, Gesù si gira e lo guarda con misericordia.

Quanto è bello… Vorrei che non ci sembrasse solo un versetto della Scrittura come tanti, ma che, ricordando che la Parola è viva ed efficace, lo applicassimo alla nostra vita quotidiana. Cosa ci mantiene ciechi, malati, disperati? In mezzo a questo gridate come Bartimeo: “Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me”.

Non c’è dono più grande di questo, la presenza di Gesù nella nostra vita, e non c’è solo questo – abbiamo la grazia di vivere, il dono della famiglia, degli amici, del cibo, del giorno, della notte e di migliaia e migliaia di doni in cui il Signore, molto sottilmente, ci sorride.

Non dimenticate che Dio vi saluta ogni giorno. Non dimenticherò mai che tutte le mattine, andando a scuola, mia madre mi diceva “Guarda l’alba”, e io alzavo gli occhi al cielo e mi sorprendevo di quei colori e della bellissima luce del nuovo giorno. E mi ripetevo ogni giorno: “Il Signore ti sta dicendo buongiorno”. È così che ancora oggi guardo ogni opportunità, di giorno o di notte, perché so che lì il Signore mi saluta.

E se in un giorno di tempesta Dio ci sta salutando e noi, per il fatto di avere lo sguardo concentrato sulla tormenta, perdiamo la grazia del suo sorriso? Non dimenticatelo, il dono del sorriso di Dio è sempre disponibile.

2. Occuparsi senza preoccuparsi

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A. and I. Kruk

Anche se ci sono doni di Dio in ogni momento ed Egli è sempre disposto a sorriderci, è anche vero che le tormente ci saranno. Non posso ingannarvi dicendo che spariranno e ci sarà solo sole.

Di fronte a questo, la nostra fede cristiana ci spinge a occuparci ma mai a preoccuparci. Sono consapevole di quanto sia difficile imparare ad applicarlo, ma devo anche testimoniare i grandi frutti del fatto di confidare in Dio e di occuparsi di ciò che è nelle nostre mani e lasciare nelle sue quello che non possiamo fare.

Occuparsi senza preoccuparsi è la chiave di tutto. È qualcosa come mettersi in funzione di ciò che si può fare, secondo le parole di monsignor Munilla: “Occuparsi della palla che è nel mio campo, ma se non è più nel mio campo pazienza e speranza, perché non dipende più da me. Imparare a fare le cose e a donarle quando non sono più compito mio, evitando l’angoscia”.

In molte occasioni si presentano quelle piogge e quelle tormente che ci fanno ammalare e ci privano della pace. Gesù sulla barca risponde: “Uomini di poca fede…” So che sono parole forti, ma una caatteristica di Gesù è quella di parlarci e scuoterci per farci risvegliare alla fede.

3. Cambiare prospettiva

FAMILY, SMILE, UPSIDE DOWN

Liderina | Shutterstock

È normale che i problemi ci privino della pace. Quando ci vediamo in mezzo a una tempesta non vediamo altro che la nube, che copre sempre il sole.

Bisogna scoprire che c’è molto più da vedere; si deve tener presente che quelle nubi sono passeggere come la tempesta. Può trattarsi di un uragano di vari giorni, ma il sole, pur se coperto dalle nubi, è sempre lì, in tutta la sua luce.

Tornando alla barca, i discepoli non sanno cosa accadrà, hanno paura, le acque sono turbolente, la tempesta forte, il vento, i tuoni… la poca fede. Quando però cambiano la prospettiva vedono Gesù che dorme. La tempesta li aveva obnubilati, non avevano visto Gesù.

State attraversando una tempesta nella vostra vita? Fermatevi, chiudete gli occhi, respirate a fondo, fate silenzio, contemplate Gesù che è lì e ditegli: “Signore, aumenta la mia fede”. Questo significa cambiare prospettiva, perché lo sguardo del cristiano in chiave di Cristo non si limita a guardare il problema, ma guarda anche la soluzione, e la speranza di trovarla in Gesù.

Anche nella malattia, come dice una bella canzone di Maria e Campos: “Da un letto e un pigiama posso amarti ugualmente, se è la tua volontà, Gesù, perché con dei semplici panni e adagiato sulla paglia tu hai amato me, e sei con me anche qui”. Questa è la certezza della fede. Gesù è qui.

4. Ribadire il nord

Boussole sur une carte

Domaine public – Pxhere

Sai dove indica la bussola della tua vita? Ogni capitano in mezzo a una tempesta corre a cercare la bussola per dare una risposta a una domanda pressante e fondamentale: dove sono, e dove sto andando?

Le tempeste godono nel disorientarci, nel non farci sapere cosa fare o come ritrovare una direzione. Ci privano del nostro comfort e ci mettono in luoghi poco noti. E sapete una cosa? La ricchezza della tempesta è questa. Benedetta tempesta che ci fa volgere lo sguardo al cielo!

Sì, anche se sembra strano la chiave è qui. Quella tempesta e quella crisi sono solo opportunità per crescere. Per ritrovare una direzione, per prendere il timone e chiedersi “Dove mi sto dirigendo, e su cosa conto per intraprendere il cammino?”

Come uomini di fede, il nostro nord è l’eternità, e questa eternità si vede illuminata dalla presenza salvatrice di Cristo, che spesso, per via delle tempeste o perché ci siamo adagiati nei piaceri, abbiamo smesso di guardare… e quei “microsogni” ci costano la gioia della vita in Cristo.

Chiedetevi se siete assonnati nel cammino o se le nubi vi oscurano la vista. Prendete la bussola, invocate Colui che è la Via e riprendete la marcia.

5. Essere perseveranti nel nostro abbraccio della croce

PEACE

Joshua Abner | Pexels CC0

Questo cammino non è una cosa di un momento, ma implica la vita, come ricorda il passo “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 21-27).

Sapete che la vostra tempesta è l’opportunità gloriosa di essere offerta, di unirvi alla croce ed essere dono di Dio? Ogni angoscia che nasce, ogni dolore, malattia, piaga, tristezza, dev’essere vista in chiave di Cristo. Rallegratevi, quindi, perché avete l’opportunità di unirvi di più a Lui.

Vedere le cose in chiave di Cristo è dare un senso salvatore a tutto, senza cadere in tendenze fanatiche. Mettersi le lenti della fede porta a comprendere i disegni di Dio e a seguire la strada senza paura. Come diceva un amico, “Se ti fa paura fallo con paura, ma fallo”. Oggi lo capisco.

Avere fede non significa non avere timore, ma confidare anche se tutto dice che non ci sono speranze. Ricordate sempre le sagge parole di Teresa di Gesù: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla, solo Dio basta”.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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