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La beatitudine di avere una fame che da soli non possiamo saziare

DONNA SGUARDO
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Amati per Amare - pubblicato il 03/07/20
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Che strana beatitudine è questa, di chi desidera la giustizia. Sentiamo i morsi della fame, ci brucia la gola per l’arsura ma è solo sapendo attendere e lasciando a Dio il ruolo di giudice, poiché è Padre, che possiamo camminare nel mondo senza soccombere all’impotenza e senza cedere alla tentazione della violenza, per la fretta di farci giustizia da soli. Ogni uomo, anche quello che sembra meritarselo meno, chiede lo stesso sguardo di bene su di sè.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» Mt 5,6 Continuiamo il nostro cammino attraverso le Beatitudini, come fossero una scalinata che scende, conducendoci al cuore del Vangelo e della nostra vita cristiana.

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Quando penso al tema della giustizia mi viene in mente uno dei film più belli che abbia visto, “Il diritto di contare”; racconta la storia delle prime tre donne nere che hanno lavorato alla NASA. Ci fa entrare nel vissuto di queste donne straordinarie, di come sono state dentro la grande ingiustizia del razzismo e di come l’hanno vinta. Non hanno risposto al giudizio con violenza o con altri giudizi, piuttosto hanno spostato la loro attenzione sulle opportunità che si presentavano loro e le hanno sapute cogliere. Hanno creduto alla loro dignità, senza sminuire quella dell’altro. Hanno mostrato uno stile diverso e hanno saputo attenderne il frutto.

Di fronte a situazioni d’ingiustizia come questa, una delle reazioni più spontanee è quella di opporsi con la forza, in modo da ristabilire la giustizia… ma non funziona così! Se la forza e il dominio sull’altro ristabilissero la giustizia il mondo sarebbe in pace da secoli! E per te cos’è la giustizia? Come reagisci di fronte alle ingiustizie? L’ingiustizia ci tocca così profondamente da avere lo stesso peso dei bisogni primari, fame e sete; finché non troviamo una risposta soddisfacente al nostro bisogno di giustizia, un senso di inquietudine ci tormenta, non ci dà pace. Possiamo reagire con forza oppure, al contrario, sentirci schiacciati da un senso di impotenza.

E allora qual è la via d’uscita? Provare a cambiare sguardo, guardare le situazioni e le persone dalla prospettiva di Dio. Lo capiamo meglio quando siamo innamorati o abbiamo a che fare con i nostri figli! Il Padre è innamorato di ciascun figlio, aldilà di cosa combini. Gesù ci insegna che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). E noi cristiani siamo parte integrante di questo progetto di salvezza. Credo che i punti cardine che mette in evidenza questa Beatitudine siano due.

Il primo è la capacità di ATTENDERE, “saranno saziati”. La violenza (intendo ogni reazione aggressiva, come il giudizio ad esempio) è impulsiva, non guarda veramente l’altro, non ha una direzione costruttiva verso cui investire le energie, ma è semplicemente uno sfogo. Le tre donne del film ci mostrano invece come attraversare in modo maturo l’ingiustizia. Spesso pensiamo che “attendere” sia un VERBO PASSIVO! Ci sono tanti modi di attendere, adoperandosi attivamente, lasciando il posto del giudice a un Altro: amando il nemico, mettendosi a servizio, perdonando, prendendo iniziativa con chi invece non lo fa con te. Il secondo punto che vorrei sottolineare è che la giustizia che noi perseguiamo vuole che OGNI UOMO sia trattato con la stessa DIGNITÀ, non solo i poveri e i piccoli con cui è facile schierarci, ma anche l’uomo e la donna che fanno apertamente il male. Questo non è gratificante per niente, ecco perché ci è così difficile. Anzi, la fatica è acuita dal fatto che, tante volte, non vediamo nemmeno il frutto della nostra giustizia verso l’altro. Ma anche se l’altro non risponde come vorremmo, questo non rende meno vero, valido ed efficace il nostro atto di giustizia. Le Beatitudini ci donano la chiave​ di accesso a tutto questo: solo all’interno della relazione di figliolanza con il Padre posso imparare che l’altro mi riguarda sempre, perché è mio fratello.

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