Il cardinale Michael Czerny S.J., Sotto-segretario della Sezione Migranti e rifugiati della Santa Sede, racconta in questo articolo l’emozione suscitata dall’ordinazione di due nuovi presbiteri e 18 diaconi, membri della Compagnia di Gesù, provenienti da tutto il mondo, nella chiesa romana del Gesù.Sabato scorso, 27 giugno 2020, molte chiese hanno assistito all’ordinazione di decine di sacerdoti e diaconi, in cerimonie tutt’altro che tipiche. Anche se alcune parti del mondo “riaprono” dopo la prima ondata della pandemia di Covid-19, è stato necessario il distanziamento sociale, e la diretta streaming ha consentito a familiari, amici e persone care di partecipare su TV, tablet o smartphone.
In questa occasione, ho avuto la gioia e l’onore di ordinare, nella Chiesa del Gesù a Roma, due sacerdoti gesuiti e diciotto diaconi provenienti da tutto il mondo – dall’Italia, dalla Repubblica Ceca, dall’Ungheria, dalla Slovacchia, dall’Ucraina e dall’Austria al Ruanda-Burundi, alla Repubblica Democratica del Congo, al Madagascar, allo Sri Lanka, alla Cina, al Bangladesh e all’India – indossando mascherine e collegandosi online con genitori, parenti, amici e compagni gesuiti. La presenza fisica non è stata possibile in quanto l’Italia si sta lentamente riprendendo da questa crisi sanitaria; le frontiere sono ancora chiuse e le restrizioni di viaggio ancora in vigore.
Le riflessioni che seguono scaturiscono dall’omelia che ho pronunciato poco prima dell’ordinazione di questi venti candidati al sacerdozio e al diaconato.
Alito di vita
Come “futuri” sacerdoti o diaconi, potreste sentirvi un po’ incompleti perché non potete condividere questo momento così importante con i vostri cari. Potreste anche sentirvi ansiosi: viviamo nell’ignoto e in territori inesplorati per la Chiesa, per tutti noi. E mentre vi preparate all’ordinazione, potreste chiedervi: cosa significa questo per me, qui e adesso?
Forse la risposta la si può trovare la sera di Pasqua, quando gli apostoli si erano rinchiusi nel cenacolo per paura di ciò che stava accadendo “fuori”. (Allo stesso modo, ancora oggi, la Chiesa si sente talvolta spaventata e tende a chiudersi in se stessa.). All’improvviso Gesù appare visibile, udibile e tangibile tra di loro. “Shalom” è la sua prima parola: “La pace sia con voi!”. Mostra loro le sue mani ferite e il suo fianco trafitto. Questi segni permanenti della sua Passione proclamano e dimostrano l’amore tenace di Dio. E poi, sorprendentemente, Gesù li manda nello stesso mondo di cui essi avevano così paura.
Come riesce a farlo? Con questo gesto sbalorditivo: alita su di loro. Proprio come in principio: Dio soffiò il suo alito di vita in Adamo. Alitando sui suoi discepoli ed effondendo su di loro il suo Spirito, Gesù li eleva ad un nuovo ordine. Ovvero, li ordina come annunciatori del Vangelo “fino agli estremi confini della terra”, come dice il libro degli Atti.
Voi state per ricevere questo profondo. e generoso e trasformante soffio di vita, lo Spirito del Padre e del Figlio. Potrete dire, con le parole di Isaia, “lo spirito del Signore è sopra di me”, per guarire e confortare, per liberare e riconciliare, per sollevare e rallegrare. E per essere un araldo del Vangelo, un ministro della riconciliazione e della liberazione, nel mondo di oggi e di domani, dove tutto sembra essere costantemente soggetto a rapide mutazioni.
Con la vostra ordinazione di pochi istanti fa, permettetemi di ricordarvi che stiamo tutti assistendo a un momento più grande, in cui tutta la Chiesa, la vostra famiglia e i vostri amici, vi incoraggiano a scegliere la via in salita del “nuovo” piuttosto che quella in discesa del “sicuro”.
Il rinnovamento non è una novità!
La nostra Chiesa ha una lunga storia e, fin dall’inizio, ha affrontato nuove condizioni, per esempio attraverso i suoi Concili. Il Vaticano II ha proclamato che la Chiesa deve abbracciare consapevolmente il mondo. Dobbiamo discernere e “scrutare i segni dei tempi”. Ma se da un lato il discernimento fa parte della vita, dello stile e della formazione dei gesuiti, dall’altro non è una proprietà esclusiva dei gesuiti, né una prerogativa degli ordinati.
Perché è così? Per via del battesimo. Secondo il Vaticano II, ogni membro della Chiesa gode della dignità battesimale e quindi partecipa alla missione e al ministero della Chiesa. Il ministero ordinato non esaurisce o monopolizza questo ministero, perché è la Chiesa nel suo insieme ad essere “ministeriale” e “missionaria”. Tutti i suoi membri condividono questa responsabilità. Questo amplia il ruolo dei laici – un lavoro in corso, secondo molti cristiani impegnati. I ministri di oggi sono ordinati per favorire l’inclusione attiva del popolo di Dio nella vita, nella missione e nelle responsabilità della Chiesa.
Il Vaticano II abbraccia il mondo come il luogo privilegiato per annunciare la Buona Novella. Così facendo, restituisce al mondo i suoi sacerdoti, invitandoli a lasciare le zone di confort chiamate “sacrestie” dove, come i discepoli la prima sera di Pasqua, si erano rinchiusi per paura di ciò che accadeva “fuori”. Pertanto il mondo, con i suoi problemi e le sue lotte, con le sue contraddizioni e i suoi valori, con le sue opportunità e i suoi ostacoli, è essenziale per il servizio di coloro che saranno ordinati oggi.
Il coraggio della testimonianza
Non aspettatevi una mappa della terra sconosciuta che vi sta davanti. È una prospettiva scoraggiante entrare in territori inesplorati. Come ho detto prima, i ministri della Chiesa devono avere il coraggio di testimoniare, di scegliere la via in salita del “nuovo” e non quella in discesa del “sicuro”. Possiate sempre avere amici, familiari e compagni nella Chiesa che vi “in-coraggino” costantemente, anche se possono essere con voi solo in spirito.
Tenete presente che discernere il significato della chiamata di Cristo per noi oggi è un compito di tutta la Chiesa, non di pochi eletti. Non cercate di dominare o di possedere questo discernimento, ma accompagnate gli altri e mettetevi al servizio del discernimento di tutta la Chiesa.
Così facendo, parteciperete alla pratica sinodale che sta gradualmente crescendo nella Chiesa. Cerchiamo di camminare insieme con sempre maggiore entusiasmo. Il vostro grande contributo dipende dal fatto di guardare con onestà e di ascoltare con sincerità, senza pensare di avere già la risposta migliore o tutte le soluzioni. Cercate di attingere a quante più persone e di ascoltare molte voci. Per quanto piccola o grande sia la vostra rete, scoprirete che riconoscere che non si può fare tutto da soli richiede sia umiltà che coraggio.
Non aspettatevi che sia facile, non aspettatevi che non ci siano controversie, non aspettatevi di essere ricompensati, non aspettatevi di essere apprezzati dagli altri, non aspettatevi che chi critica riconosca le vostre difficili lotte, non aspettatevi un rapido successo. Ma siate sicuri che non sarete soli se lascerete che gli altri camminino con voi.
Questo è qualcosa per cui pregare, oggi e sempre. Chiedete a Dio di aiutarci a vedere il mondo come lo vede Gesù, specialmente in questo momento così difficile. La pandemia di Covid-19 ci mostra la complessità e le contraddizioni dei nostri sistemi sociali ed economici, dove il divario tra ricchezza e povertà sta crescendo a dismisura, e dove molti si sentono abbandonati e gettati via, esclusi e indesiderati. Gesù non piangerebbe forse per i rifugiati e i migranti che non ricevono cure mediche perché sono “stranieri”, molti dei quali ammassati in insediamenti irregolari, che hanno perso quel poco che già avevano e oggi vivono nella disperazione? Gesù non vedrebbe le popolazioni indigene discriminate per gli aiuti alimentari, i prigionieri abbandonati alla misericordia del virus e gli oltre 3 miliardi di poveri in tutto il mondo? Non riesco a immaginare Gesù che aspetta in un cenacolo o in una sacrestia; egli ci esorterebbe ad unirci a lui ai margini dei margini, dove c’è più bisogno del coraggio della vita e della speranza.
Che possiamo illuminare il mondo con la verità del Vangelo, e proporre soluzioni efficaci e geniali, non solo all’emergenza attuale, ma alle enormi sofferenze del popolo di Dio e della nostra casa comune.
Papa Francesco parla spesso di gioia: “La gioia del Vangelo” (Evangelii gaudium) e “Rallegratevi ed esultate” (Gaudete et exsultate) e “La gioia dell’amore” (Amoris laetitia). Possiate sperimentare grazia, consolazione e gioia abbondanti nel sostenere la responsabilità che accettate di assumervi in questo giorno. La pace sia con voi!