Durante il lockdown, abbiamo continuato il rapporto di fiducia e amore filiale alla Madonna attraverso la preghiera del rosario, recitata tutti i giorni alle 18. Di fronte a Maria poniamo tutte le nostre domande, tutti i malati, tutti i defunti e le loro famiglie, tutti i progetti per il futuro, certi che anche oggi lei continua a porgerci suo Figlio e che Lui non si ritrae ma ci accoglie nel suo abbraccio.di suor Ester Murino
Viviamo in una casa annessa ad una chiesa che è dedicata alla Madonna del Rosario di Pompei. La casa e la chiesa si trovano al centro di una piazzetta dedicata alla Madonna e lì intorno vivono per lo più famiglie storiche della parrocchia che da sempre hanno avuto una devozione particolare per Maria. In chiesa sono esposti un quadro e una statua di legno che raffigurano la Madonna del Rosario di Pompei: con una mano tiene in braccio il bambino Gesù e con l’altra porge la corona del rosario a chi le si avvicina.
Fin da subito, ognuna di noi ha avuto con Maria un rapporto particolare, simile a quello che i nostri parrocchiani ci hanno sempre dimostrato accendendo quotidianamente i lumini o facendo una visita veloce prima di recarsi al lavoro oppure facendo il segno della croce fuori dalla chiesa mentre Le passano davanti. Noi stesse ci siamo poste sotto la sua protezione e abbiamo impostato la nostra regola quotidiana in modo da poter recitare tutte le mattine e tutti i pomeriggi il rosario. La domenica abbiamo aggiunto come gesto di affidamento la recita della supplica alla Madonna di Pompei. Da quando i decreti per il COVID-19 hanno causato la chiusura della nostra chiesa ci siamo chieste come preservare questo rapporto di fiducia e affidamento. Come permettere alla nostra gente di non sentirsi esclusa dal rapporto con Maria?
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La risposta è stata unanime. Abbiamo deciso di continuare a recitare quotidianamente il rosario alle 18 (ora in cui si sarebbe celebrata la messa), affidando tutto alla sua protezione. Abbiamo pensato di sfruttare la nostra casa e sul terrazzo più alto abbiamo posizionato la nostra statua di san Giuseppe. Il popolo veniva richiamato dal suono delle campane che diffondeva una melodia mariana e si affacciava dalle finestre attorno alla piazzetta e dai balconi. Alcuni scendevano nei giardini e altri si posizionavano in strada a distanza di sicurezza. Persino chi passava da lì per caso si faceva il segno della croce o si fermava per dire anche solo una decina del rosario. Il modo con cui recitiamo il rosario può apparire un po’ strano poiché ci dividiamo in due cori e poi diciamo la preghiera ad alta voce, in modo da farci sentire proprio da tutti, persino dalla signora Iolanda che non vediamo fisicamente ma che ci ha detto che tutti i giorni al suono della campana esce da casa sua e dice il rosario rispondendo al nostro richiamo.
Dal 12 marzo a oggi, ogni giorno si ripete questo semplice spettacolo di una preghiera proclamata dai tetti e della risposta di un popolo che rimane fedele. Mentre preghiamo c’è chi corre sul suo terrazzo, chi fa ginnastica, chi lavora sul balcone e non si cura della preghiera né vi partecipa, ma ognuno di loro è dentro di essa. È preso perché lo portiamo noi: con la nostra preghiera comune includiamo tutti.
I primi giorni mi ero posta il problema se si dovesse cambiare l’orario della recita perché coincideva con la manifestazione gioiosa dell’ “Italia che ce la farà”, ma nei giorni successivi si è resa evidente da sé la risposta. Non abbiamo dovuto modificare nulla poiché i cori e i piatti sbattuti non si sono sentiti più e tutto rimane in silenzio durante la nostra preghiera. Resta solo ciò che è vero, il grido a Dio che possa traghettarci sull’altra sponda del fiume lasciando i nemici immersi nel mare. Di fronte a Maria poniamo tutte le nostre domande, tutti i malati, tutti i defunti e le loro famiglie, tutti i progetti per il futuro, certi che anche oggi lei continua a porgerci suo Figlio e che Lui non si ritrae ma ci accoglie nel suo abbraccio.
QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MISSIONARIE DI SAN CARLO