Sguardo pieno di terrore, capelli rasati, labbro spaccato, uniforme a righe troppo grande… Le immagini di Czesława Kwoka restano impresse a lungo nella memoriaCom’era prima che scoppiasse la guerra? Aveva lunghe trecce e abiti colorati? Correva nei prati di Wólka Złojecka raccogliendo papaveri? Le piaceva mangiare le mele cogliendole direttamente dagli alberi? O forse odiava il velo di panna che si creava sulla tazza di latte caldo? Oggi di Czesia Kwoka resta solo il ritratto che le hanno fatto ad Auschwitz.
Chi lo ha visto in precedenza ricorda probabilmente gli occhi scuri pieni di orrore, tristezza e umiliazione. Ora, grazie alla brasiliana Marina Amaral, che colora le fotografie in bianco e nero, possiamo vederli con ancor più profondità.
Czesława Kwoka
Czesia era nata il 15 agosto 1928. Era una dei cosiddetti “Bambini della regione di Zamość”, sfollati a forza per stabilire nuovi insediamenti per la popolazione etnicamente tedesca. Si stima che durante quella campagna siano stati sfollati circa 110.000 Polacchi, inclusi 30.000 bambini. Al loro posto si insediarono circa 10.000 Tedeschi e 7.000 Ucraini.
Alcuni bambini vennero inviati nel Reich per essere germanizzati, altri morirono sui carri bestiame o vennero assassinati da un’iniezione di fenolo. Quest’ultimo fu il destino di Czesława Kwoka, di 14 anni.
La ragazzina venne inviata in un campo di transito a Zamość, e il 13 dicembre 1942 venne portata insieme alla madre Katarzyna ad Auschwitz-Birkenau. Riconosciuta come prigioniera politica, come dimostra il triangolo rosso sull’uniforme a righe, si vide assegnato il numero 26947. Si sa che era cattolica.
Subito dopo il suo arrivo al campo venne fotografata da Wilhelm Brasse. Nel documentario Portrecistą (“Ritrattista”), il regista Ireneusz Dobrowolski ha riferito:
“Ricordo in modo particolare la foto di questa bambina, una prigioniera, perché sembrava molto giovane, deliziosa, con quel fazzoletto sulla testa. Aveva ancora un buon aspetto, sembrava in salute. Le persone venivano chiamate con il loro numero, ma in tedesco, e questa ragazzina semplicemente non capiva cosa stesse succedendo. E allora la donna delle SS (l’ho visto varie volte) l’ha picchiata con la frusta colpendola sul viso”.
La bambina colpita si è asciugata le lacrime e il sangue dalle labbra e si è avvicinata al fotografo.
Il 12 marzo 1943 le è stato iniettato del fenolo nel petto. Sua madre, Katarzyna Kwoka, era morta il 18 febbraio 1943.
Marina Amaral e le sue “foto animate”
Quando l’artista brasiliana Marina Amaral ha visto la fotografia di Czesława Kwoka non è riuscita più a togliersela dalla mente.
“Se guardi il volto di Czesława vedrai del sangue. Era stata appena colpita da una guardia perché non capiva il tedesco. Dico sempre: ricordate che l’Olocausto non è iniziato con gli assassinii di massa, ma con la retorica dell’odio”, ha scritto su Facebook.
Colorare fotografie è la sua grande passione, ma anche un’opportunità per concentrarsi su ciò che è importante nella vita. Grazie a lei, i volti di Albert Einstein, Rasputin, Mark Twain, Elvis Presley, Anna Frank, Marie Skłodowska-Curie, Thomas Edison, la regina Elisabetta e Abraham Lincoln sono diventati più “vicini”. Ha anche “animato” le fotografie di molte persone di cui non conosceremo mai i nomi.
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Un risultato incredibile…