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Custodire una fede viva nell’intimo non significa ternerla nascosta

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Matrimonio cristiano - pubblicato il 19/06/20
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Ridurre il rapporto con Dio a un aspetto personale su cui apporre il bollino della privacy spezza il nostro legame col Padre e ci rende fragili nella speranza quotidianadi Federica Lampugnani

Mi facevano riflettere, qualche tempo fa, sulla difficoltà che abbiamo tutti noi ad essere coerenti. In quella situazione ne parlavano non come essere capaci di mantenere la parola data, di rispettare un incarico o di avere delle idee e perseguirle. Coerenza, dicevano, certamente è anche questo. La questione era che la coerenza di un uomo e di una donna passa, prima di tutto, sull’equilibrio che questi hanno come persone. Perché è questo che siamo: non individui ma esseri umani. Dicevano anche di quanto fosse frequente scontrarsi con adulti cresciuti, realizzati, affermati e professionisti (grandi insomma) ma totalmente impreparati, immaturi e fragili su aspetti molto più nascosti, personali, emotivi, spirituali e che, come tali, non importano. Devono solamente (per come siamo oggi) restare nella sfera intima e privata.


EMANUELE FANT
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Due erano le domande che sorgevano spontanee, molto concrete e attuali, la prima riguarda la vita nascosta delle nostre famiglie e delle relazioni più significative. La seconda, invece, che cosa rimane per ciascuno di noi della crescita e della maturità della nostra “religione”. Proprio al riguardo, era inevitabile la domanda: “ma noi continuiamo a credere in una religione oppure abbiamo fede?” Si pensava, in quel momento, alla figura del figlio maggiore della parabola. Un personaggio che, in un certo senso, si traduce con fare tutto e con precisione per un rispetto (non sano) al padre che è schiavitù. Tanto che una rabbia e un rancore ingestibili esplodono per l’incapacità di stare in un rapporto tra un figlio non diventato uomo e un padre non riconosciuto papà.

Io confesso che di fronte a queste riflessioni mi sono sentita, certamente, molto coinvolta e sollecitata tanto quanto confusa e incerta. E’ ovvio che risposte precise e ben definite non ci sono, anche se forse sarebbero per noi un motivo di rassicurazione e conforto. Qui appunto, credo, stia il discorso sulla religione “infantile”, dove – essendo educatrice – so bene che non è svalutante parlare di piccolezza e vulnerabilità. Siamo tuttavia uomini e donne dalla fede acerba quando ancora abbiamo strada da fare e pesi (il peccato è come una catena) che non stiamo affrontando vivendo le nostre storie.

Pensando proprio a tutte le storie che nel mio lavoro incontro, mi sento di confermare che davvero la vita intima si riduce a privacy e nient’altro. Ma, perché c’è sempre un ma, non è così del tutto vero che al cuore di ogni persona il desiderio di bene sia bloccato. Sono grandi le prove del nostro tempo, le tentazioni di vivere l’amore impoverito e banalmente, di offrire poco ai nostri figli, ai nostri amati e di dimenticare i nostri anziani che ci sono e danno senso. In tutto questo, penso, stiamo però percorrendo la nuda vita e le case – isolate dove si ha paura di disturbare – non fanno che farci credere di essere abbandonati, dimenticati e gli unici a soffrire per qualcosa o per qualcuno.

E’ naturale e umano perdere desideri di bellezza, di bontà e di generosità in queste circostanze disperanti e davvero angoscianti. Possiamo diventare molto cinici e chiudere i nostri orizzonti dentro visioni eccessivamente realiste, dove la realtà però è un inferno di fatiche familiari, di amicizia e personali. Il mondo è violento, diceva qualcuno. Possiamo, d’altra parte, smarrirci dentro paradisi auto-costruiti e che incensano l’egoismo, la paura, talvolta forme idolatriche di religione. Anche Dio può arrivare ad essere “a modo mio”. Sono strade in cui tutti cadiamo e che, con grande libertà, si può imparare ad accettare con pazienza e senza vergogna. Crescere ed essere adulti non è una via di perfezione e sacrificio. Credo piuttosto che ci debba essere una buona parte di quotidianità e semplicità di cui siamo impastati e condividiamo senza renderci conto fino a che punto. Le piccole cose però domandano anche prospettive di speranza, una Virtù – a parer mio – molto dimenticata e sottovalutata. In questo, i bambini sono maestri, non per incoscienza ma per la loro vicinanza alla verità delle cose.

Cosa farà dunque di noi, uomini e donne coerenti? Ascoltando una volta una catechesi tenuta in una comunità di monaci cistercensi, mi colpì molto questa frase: “ci vorranno sempre uomini e donne che parlano di Dio all’umanità e ci vorranno sempre uomini e donne che parlano a Dio dell’umanità.” Ecco, forse il nostro desiderio di bene, così potente e infinito, si moltiplica ed è fecondo quando sa veramente stare come “Parola della Vita” vicino a tutti e altrettanto teso a collaborare con il suo Creatore in un dialogo capace e sereno. Questa è la Risurrezione, queste sono le nostre umili e semplici tavole della quotidianità dove spezziamo il Pane e viviamo di preghiera incarnata. Nella famiglia, nel lavoro e nella festa.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA MATRIMONIO CRISTIANO

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