Se i cristiani sono stati la presenza dominante negli Stati Uniti in tutti questi secoli, perché non c’è più unità?È stato provvidenziale che quest’anno la festa di Pentecoste sia arrivata proprio mentre il nostro Paesi sta attraversando un’enorme crisi sociale, perché lo Spirito Santo, la cui venuta celebriamo a Pentecoste, è un potere che deve trasformare il mondo, o, per usare le parole del Salmo 104, “rinnovare la faccia della Terra”. La Pentecoste, quindi, non è mai semplicemente per la Chiesa, ma è per il mondo attraverso la Chiesa.
Una delle principale metafore bibliche per lo Spirito è il vento, e infatti la mattina di Pentecoste gli apostoli hanno sentito come un forte vento mentre arrivava lo Spirito. Il vento, però, elusivo e imprevedibile com’è, non si conosce mai davvero di per sé, quanto per i suoi effetti. Nella lettura scritturale, il primo effetto dello Spirito Santo è la formazione di un’ekklesia (una chiesa), che a sua volta deve trasformare la società più ampia a immagine dello Spirito. Nelle parole del Credo di Nicea – accettato da cristiani cattolici, ortodossi e protestanti –, questa ekklesia è “una, santa, cattolica e apostolica”. Il vento dello Spirito Santo produce queste qualità, e quindi è attraverso di loro che si discerne l’azione dello Spirito. Analizziamole allora una per una.
Gli Atti degli Apostoli ci offrono la grande icona per l’unità della Chiesa nell’immagine degli apostoli riuniti in preghiera in un luogo insieme alla Vergine Maria la mattina di Pentecoste. Lo Spirito Santo non è altro che l’amore che collega il Padre e il Figlio, che spiega perché uno dei suoi grandi titoli nella tradizione è vinculum amoris (catena d’amore). In questo modo, lo Spirito riunisce tutti i seguaci di Gesù. Non è un possesso oppressivo o imperialistico, perché nella comunità cristiana c’è una splendida varietà di personalità, scuole teologiche ed enfasi pastorale. In sostanza, però, la comunità di Gesù dev’essere unita, e in quell’unità deve trovare il suo potere per unificare il mondo. Origene di Alessandria diceva Ubi divisio ibi peccatum (dove c’è divisione c’è peccato). Di conseguenza, il compito missionario della Chiesa è superare le divisioni, ovunque si trovino. La sera prima di morire, Gesù ha pregato “affinché siano uno come noi siamo uno” (Giovanni 17, 22). In questa preghiera, intendeva non solo che la Chiesa dovesse diventare una cosa sola, ma che lo dovesse fare anche il mondo attraverso la Chiesa.
In secondo luogo, la Chiesa dev’essere santa, e raggiunge questa qualità proprio nella misura in cui è piena dello Spirito Santo. E visto che lo Spirito Santo, come abbiamo visto, non è altro che l’amore che collega il Padre e il Figlio, la santità consiste nell’amore, che non è un’emozione, ma l’atto di desiderare il bene dell’altro. Tutto nella vita della Chiesa – sacramenti, Eucaristia, liturgia, predicazione, testimonianza dei santi… – è volto a instillare l’amore. Confesserò che spesso scuoto la testa mestamente quando mi imbatto su Internet in cattolici che professano un impegno appassionato nei confronti dei sacramenti, delle dottrine e delle pratiche della Chiesa e sono tuttavia pieni di odio. Vorrei dire loro: “Tutte le vostre devozioni vanno bene, ma nel vostro caso non funzionano!” Gesù non ha forse detto “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13, 35)? Desiderare il bene dell’altro è la grande bandiera dello Spirito Santo.
In terzo luogo, la Chiesa è caratterizzata dalla cattolicità, termine che deriva dalla definizione greca “kata holos” (secondo l’insieme). Per sua natura, l’ekklesia di Gesù è universale per obiettivo e missione, perché deve portare tutto il mondo a Cristo. Gesù ha detto “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28, 19), e che quando il Figlio dell’Uomo sarà “innalzato” attirerà tutti a Sé (Giovanni 3, 14; 12, 32). C’è una storia terribile relativa ai tentativi di raggiungere questa unità attraverso la violenza e l’imposizione, ma è semplicemente la storia di come i cristiani nominali abbiano rifiutato di cooperare con lo Spirito Santo. Ciò che è più importante al riguardo è che il compito della Chiesa è quello di essere, luce, sale e lievito per tutta la società (kata holos), non sopprimendo mai la pluralità di culture, ma portandole allo stesso tempo sotto l’influenza dell’amore divino.
La Chiesa è poi apostolica. Il termine “apostolo” deriva dal greco apostelein, che significa “inviare”. Gli apostoli originari hanno ottenuto il potere dallo Spirito Santo e sono stati poi inviati nel mondo a evangelizzare. Anche se hanno ricevuto lo Spirito quando erano nascosti nella Sala Superiore, non è mai stato inteso che dovessero rimanere reclusi. Fin dall’inizio c’è stata un’energia centrifuga nell’ekklesia, un istinto per andare fino ai confini della Terra. La fiamma originaria dello Spirito Santo doveva diventare una conflagrazione, perché Gesù ha detto “Sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra” (Luca 12, 49). Uno dei temi principali negli scritti e nei discorsi di Papa Francesco è proprio la natura missionaria della Chiesa. Il Pontefice vuole che chi crede al Signore lasci la sagrestia ed esca in strada, muova le cose e rovesci ciò che ha bisogno di essere rovesciato.
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Tutto questo mi riporta alla situazione in cui ci siamo trovati in questa Pentecoste. Le proteste che stanno agitando il nostro Paese sono state sicuramente provocate dall’uccisione di George Floyd, ma la loro causa più profonda è il razzismo – sistemico e personale – che tormenta la nostra società da quattro secoli. Anche se in questi 400 anni sono stati compiuti innegabili passi avanti, troppe persone nel nostro Paese nutrono ancora un odio irrazionale, e per tutti gli anni in cui sono durate tensione sociale e violenza – dalla schiavitù e dalla segregazione al razzismo quotidiano sia aperto che indiretto –, la maggioranza della popolazione del nostro Paese è diventata cristiana, ovvero battezzata nella vita divina, piena almeno in via di principio di Spirito Santo. Nella misura in cui persiste la piaga dell’odio razziale, quindi, sappiamo che la ekklesia di Gesù non sta realizzando al sua missione, non vive all’altezza della sua identità. Se i cristiani sono stati la presenza dominante nel nostro Paese per tutti questi secoli, perché non c’è più unità? Perché non c’è più amore? Perché è così dolorosamente ovvio che così pochi di noi sono andati davvero in missione?
Posso gettare una sfida a tutti i membri dell’ekklesia di oggi – cattolici, ortodossi e protestanti? Celebriamo la venuta dello Spirito Santo in questa Pentecoste, ma poi usciamo dalla Stanza Superiore! Accendiamo il fuoco d’amore nelle strade, nelle sale governative, nel mondo della comunicazione, in quello dell’industria e degli affari, nelle scuole e nel cuore di amici e vicini. L’ostinato revival del terribile cancro del razzismo nel corpo politico prova, e lo diciamo con vergogna, che non siamo l’ekklesia che desidera lo Spirito Santo.
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