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Rinforzare il sistema immunitario dei bambini: fantasia e realtà

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Ospedale Bambino Gesù - pubblicato il 26/05/20
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Sempre più genitori cercano un aiuto per stimolare il sistema immunitario dei bambini: vediamo cosa serve davverodi Marina Macchiaiolo

Ogni essere umano sano è dotato di un esercito personale ed estremamente sofisticato che lo difende costantemente dagli assalti infettivi: il sistema immunitario. La straordinarietà di questo complesso sistema sta prevalentemente nella sua capacità di adattarsi, imparare e ricordare i “nemici”, i microbi che via via incontra. Il bambino appena nato si trova in una condizione con basse difese, ma inizia fin dai primi giorni ad allenare il suo esercito.

Ogni nuovo contatto con un microbo provoca una reazione di difesa e di conseguenza una memoria che lo difenderà da successive infezioni. Ovviamente i bambini che entrano presto in comunità sono impreparati dal punto di vista immunitario, e le infezioni respiratorie (e non solo respiratorie) ricorrenti, sono “la tassa da pagare” per questo precoce ingresso in società. Lo stesso vale per i secondogeniti, che iniziano la trafila anticipatamente rispetto ai fratelli maggiori, che portano dall’asilo e dalla scuola alla sorellina o al fratellino una gran quantità di microbi.

Tuttavia non tutti i bambini sono uguali: c’è chi non si ammala quasi mai, chi si ammala con poca febbre e chi va incontro a febbre alta e a sintomi molto evidenti. Anche il tipo di localizzazione dell’infezione varia e c’è chi più frequentemente si ammala di otite, chi di laringospasmo, chi addirittura di polmoniti ricorrenti.

In una società come la nostra, caratterizzata prevalentemente da famiglie di tipo nucleare, senza parenti e nonni di sostegno, le frequenti infezioni dei primi anni di vita diventano in alcuni casi un “problema sociale”, per il peso che la gestione del bambino che si ammala spesso provoca alla famiglia.

Gli immunostimolanti: servono davvero?

Da qui la richiesta, spesso pressante, da parte delle famiglie, di qualche aiuto al sistema immunitario e il ricorso ai cosiddetti immunomodulanti o immunostimolanti. Ma servono davvero? La premessa principale è che di studi scientifici “seri” e definitivi, quelle che in gergo si chiamano “prove scientifiche”, ce ne sono ben pochi. Gli studi sono molti ma sono spesso gravati da problemi che ne inficiano la qualità. Partendo da questa premessa, che cosa sono e come funzionano gli immunostimolanti? L’idea alla base di questi prodotti non è molto lontana dal principio su cui si basano i vaccini. In pratica si tratta di “pezzetti” di batteri uccisi e “sminuzzati” che, somministrati per bocca, dovrebbero stimolare una reazione immunitaria di difesa ma allo stesso tempo non provocare malattia visto che si tratta di batteri inattivi.



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Gli agenti che causano delle infezioni respiratorie ricorrenti sono in realtà prevalentemente virali ma il principio che sta alla base dell’uso degli immunostimolanti è quella di provocare una reazione “generica” che aumenta i livelli di alcune armi dell’esercito (IgA, citochine etc.). Alcuni studi recenti sembrerebbero confermare l’effettiva riduzione di infezioni tra i bambini che hanno assunto questi prodotti rispetto a chi non li ha assunti, ciò a fronte di pochissimi effetti collaterali. Va segnalato però che durante l’attività di sorveglianza post-marketing (cioè la sorveglianza sugli effetti collaterali che si effettua dopo la messa in commercio di qualsiasi prodotto farmaceutico) sono stati segnalati, anche se raramente, effetti indesiderati potenzialmente gravi associati alla loro assunzione, come asma e reazioni allergiche.

Sono ben noti anche altri fattori di rischio per le infezioni respiratorie ricorrenti come ad esempio:

– Malnutrizione
– Basso peso alla nascita
– Mancanza di allattamento materno
– Atopia (predisposizione alle allergie)
– Basso livello socio-economico
– Immunodeficienze
– Inquinamento ambientale e domestico (comprende l’esposizione al fumo passivo)

In conclusione?

Gli studi disponibili mostrano una qualche efficacia degli immunostimolanti nel ridurre il numero delle infezioni ricorrenti nei primi anni di vita ma le prove scientifiche disponibili sono veramente poche e piuttosto fragili. Allattare al seno, non esporre i bambini al fumo passivo ed evitare il precoce rientro in comunità (quella che una volta si chiamava – e si praticava – convalescenza) sono invece certamente fattori protettivi. Un po’ di sana pazienza è sempre necessaria. Che “crescendo migliora”, è un consiglio più da nonna che da medico ma ricordiamo che la saggezza popolare spesso contiene molta verità.

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